Codice Penale art. 117 - Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti.

Pierluigi Di Stefano

Mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti.

[I]. Se, per le condizioni o le qualità personali del colpevole, o per i rapporti fra il colpevole e l'offeso, muta il titolo del reato per taluno di coloro che vi sono concorsi, anche gli altri rispondono dello stesso reato. Nondimeno, se questo è più grave, il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena [65; 1081 c. nav.].

Inquadramento

La disciplina dell'art. 117 va valutata nel contesto generale del concorso nel reato proprio.

Le regole del concorso di persone trovano, ovviamente, applicazione anche nella ipotesi di reato “proprio”. Secondo l'interpretazione della giurisprudenza di legittimità quando l'accordo criminoso è di per sé finalizzato al reato proprio, rivestendo uno dei concorrenti la necessaria qualità, si applica la comune regola dell'art. 110.

A seconda del tipo di reati, quindi, potrà risultare di fatto necessario che il concorrente “qualificato” agisca in maniera analoga a quella che, nei casi di esecuzione monosoggettiva dell'illecito, contraddistingue l'autore.  In tali casi il concorrente potrà agire con condotta di istigazione o partecipazione accessoria alla azione; ciò vale, in particolare, per quei reati per i quali è necessario che l'azione tipica venga commessa integralmente dal soggetto con la particolare qualifica: i casi di reati di “mano propria”, quale l'incesto (Cass. n. 4820/1991) e le false comunicazioni sociali (Cass. II, n. 5522 /1992).

In altri casi (reati propri ma non di “mano propria”), non è necessario che la persona che riveste la qualifica compia l'azione tipica purché dia un contributo consapevole ed efficiente.

In una tale situazione si applicano le ordinarie regole del concorso (Cass. V, n. 22786/2021; Cass. I, n. 39292/2008) per cui il soggetto che non riveste la qualifica risponderà della condotta solo se vi è il suo pieno dolo, in particolare quanto alla consapevolezza della qualifica del soggetto che rende reato l'azione non in sé penalmente illecita. Una tale regola si legge espressamente in una norma penale del codice della navigazione art. 1081: “Fuori del caso regolato nell'art. 117 del codice penale, quando per l'esistenza di un reato previsto dal presente codice è richiesta una particolare qualità personale, coloro che, senza rivestire tale qualità, sono concorsi nel reato, ne rispondono se hanno avuto conoscenza della qualità personale inerente al colpevole”.

Rispetto al caso generale che trova disciplina nelle regole generali dell'art. 110, l'art. 117 disciplina una particolare situazione di concorso nel reato proprio: si tratta della ipotesi in cui per le ”condizioni o le qualità personali del colpevole, per i rapporti fra il colpevole e l'offeso” “muta” il titolo del reato, tutti rispondono di tale diverso reato. La disposizione introduce poi una attenuante (facoltativa) per il soggetto che non riveste la qualifica, se il reato proprio è più grave.

L'ambito di applicazione della norma è, quindi, quello in cui la condotta originaria su cui verteva l'accordo già costituiva reato anche in mancanza della qualifica rivestita da uno degli autori. L'intervento di tale soggetto avente la qualifica «muta» il titolo del reato (es. da appropriazione indebita a peculato, da estorsione a concussione).

La disposizione è formulata apparentemente in termini di responsabilità oggettiva essendo attribuito il più grave reato, in base alla lettera della norma, sulla scorta del solo dato oggettivo indipendentemente dalla consapevolezza delle condizioni per il reato proprio.

È una lettura che trova conferma nella giurisprudenza più risalente (Cass. III, 3557/1966) che affermava che non sia necessario un coefficiente psicologico relativamente alle condizioni che mutano il reato in reato proprio (“…. Prescinda eccezionalmente, in deroga ai principi generali sul dolo e sull'errore di fatto, dal requisito psicologico.”). La ragione della scelta normativa, secondo tale giurisprudenza, è che, nell'ambito di una concezione unitaria del reato, non si intende consentire la punibilità dei vari soggetti in relazione allo stesso fatto per diversi reati.

Una decisione più recente ha invece affermato la necessità che vi sia un grado di colpa in concreto con riferimento alla mancata conoscenza della qualifica dell’intraneus (si trattava del caso in cui una persona si offriva quale falsa badante per consentire all’amministratore di sostegno - p.u. - di appropriarsi del denaro dell’assistita). Ovvero, secondo tale lettura, per l'estensione del titolo di reato proprio al soggetto extraneus  è necessaria la conoscibilità della qualifica soggettiva del concorrente e, quindi, che vi sia quantomeno  sua colpa nell’averla ignorata  (Cass. VI, n. 25390/2019).

Quelli che seguono sono tutti casi in cui risulta richiamata la disposizione dell'art. 117, anche se non sempre è chiarito se si tratti effettivamente di “mutamento” della qualificazione del fatto già illecito o di condotta punibile solo quale reato proprio: Cass. V, n. 6894/2001 e Cass. VI, n. 3704/1998 in tema di sottrazione di beni sottoposti al vincolo del pignoramento, del sequestro giudiziario o del sequestro conservativo, con le varie ipotesi del ruolo del custode e del proprietario; Cass. V, n. 8327/1998 (in tema di bancarotta con il comportamento omissivo di un componente del collegio sindacale, Cass. II, n. 5522/1992 quanto all'estraneo che risponde quale partecipe, ai sensi dell'art. 117, di concorso nel reato di false comunicazioni sociali (art. 2621 n. 1 c.c.), ed all'estraneo che rafforza la risoluzione criminosa dei coautori della falsificazione dei bilanci e libri sociali; Cass. V, n. 7936/1985 in tema di bancarotta fraudolenta. 

In tema di mutamento del titolo del reato per taluno dei concorrenti, l'art. 117, comma 2, con l'espressione «... il giudice può, rispetto a coloro per i quali non sussistono le condizioni, le qualità o i rapporti predetti, diminuire la pena», lascia al giudice ampia discrezionalità nell'applicare l'attenuante predetta, collegata anche ai criteri generali dettati dall'art. 133 e non soltanto al risultato del confronto dei rispettivi apporti dell'intraneo, e dell'estraneo, al reato specifico contestato (Cass. I, n. 2167/1994).

La già citata Cass. II, n. 5522/1992, nel disciplinare l'applicazione della attenuante per il reo che non rivesta la qualifica, ha ritenuto che vada applicato il criterio della distinzione dei compartecipi in correi o meri complici, essendo la possibile diminuzione di pena riservata ai soli complici accessori, sulla scorta della vecchia teoria del rilievo, ai fini del concorso di persone, della distinzione tra attività di correità ed atti di mera complicità.

Bibliografia

Franzin, Concorso dell'extraneus e interpretazione costituzionalmente orientata (Nota a Cass. pen., sez. VI, 31 gennaio 2019, n. 25390, G. L.), in Cass. pen., 2020, 1962; Guidi, Mutamento del titolo del reato ex art. 117 c.p. e principio di colpevolezza, in Giur. Italiana, 2019, 2246;Pelissero, Consapevolezza della qualifica dell'intraneus e dominio finalistico sul fatto nella disciplina del mutamento del titolo di reato, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1996, 328.

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