Codice Penale art. 372 - Falsa testimonianza.

Pierluigi Di Stefano

Falsa testimonianza.

[I]. Chiunque, deponendo come testimone innanzi all'Autorità giudiziaria [244-245 c.p.c.; 194-207, 497-500 c.p.p.] o alla Corte penale internazionale (1), afferma il falso o nega il vero, ovvero tace, in tutto o in parte, ciò che sa intorno ai fatti sui quali è interrogato, è punito con la reclusione da due a sei anni [375-377, 384 1-2; 207, 476 2 c.p.p.; 2452d, h trans. c.p.p.] (2).

(1) L'art. 10, l. 20 dicembre 2012, n. 237, ha inserito, dopo le parole «innanzi all'Autorità giudiziaria», le parole «o alla Corte penale internazionale».

(2) Pena così elevata dall'art. 11 2 d.l. 8 giugno 1992, n. 306, conv., con modif., nella l. 8 agosto 1992, n. 356. La pena originaria era della reclusione «da sei mesi a tre anni».

competenza: Trib. monocratico

arresto: facoltativo

fermo: non consentito

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

Il reato di falsa testimonianza sanziona qualsiasi falsità o reticenza del testimone innanzi a qualsiasi autorità giudiziaria.

La ragione dell'incriminazione della falsa testimonianza risiede nell'esigenza di garantire, attraverso la veridicità e completezza delle dichiarazioni dei testimoni, il corretto funzionamento dell'attività giudiziaria, impedendo che la stessa possa essere fuorviata o condizionata da assunti testimoniali falsi o reticenti.

È un reato di pericolo, per la cui sussistenza è sufficiente che la dichiarazione sia pertinente all'oggetto del giudizio e suscettibile di incidere, sia pure in astratto, sulla decisione giudiziaria (Cass. VI n. 15722/2013).

Come nelle disposizioni che precedono, l'interesse tutelato è solo quello dello Stato comunità e, quindi, il soggetto che riceve un danno dalla falsa testimonianza non ha la qualità di persona offesa, potendo agire, ricorrendone le condizioni, quale persona danneggiata dal reato. Tale carattere mono-offensivo del reato riguarda non solo il processo penale ma anche il processo civile, ancorché in questo caso la falsa testimonianza abbia una incidenza diretta sulla azione esercitata dal privato (Cass. VI, n. 20535/2018).

Per quanto la norma non distingua fra i vari tipi di processi, la previsione della sanzione edittale, fortemente incrementata nel 1992, ha risentito delle esigenze del processo penale; difatti, con il passaggio al rito accusatorio, le dichiarazioni raccolte al di fuori del dibattimento non sono risultate più utilizzabili a fini di prova e la testimonianza in dibattimento ha assunto una maggiore centralità dovendosi, quindi, rafforzare la tutela contro le falsità e le reticenze. Non mancano critiche in dottrina che, in base alla comparazione fra le sanzioni previste per l’art. 372 rispetto ai reati di calunnia e di favoreggiamento, ritiene l’attuale quadro delle pene poco ragionevole.

La disciplina della falsa testimonianza è completata dagli artt. 383-bis  e 384-ter (circostanze aggravanti), 376 (ritrattazione) e 384 (causa di non punibilità).

I soggetti

Pur a fronte della indicazione di “chiunque” quale autore del reato, ovviamente il responsabile può essere solo il soggetto che riveste la qualità di testimone, trattandosi quindi di un reato proprio. Se ciò non crea problemi nel processo penale e nel processo civile ordinario, si pone il caso dei soggetti chiamati, come nei procedimenti cautelari civili, quali generici informatori e, quindi, non qualificati formalmente “testimoni”. Si afferma, pertanto, che il testimone dell'articolo 372 si individua, in termini sostanziali, quale soggetto terzo rispetto alle parti del giudizio che, chiamato avanti al giudice a rendere dichiarazioni su quanto a sua conoscenza in ordine ai fatti rilevanti ai fini del decidere, nel contraddittorio delle parti, avvertito delle responsabilità penali cui va incontro per le dichiarazioni non corrispondenti a quanto a sua conoscenza, depone rispondendo alle domande a lui rivolte sui fatti predetti. Ciò consente di estendere la sanzione alla ipotesi di colui che afferma il falso in sede di sommarie informazioni rese al giudice civile nei procedimenti sommari ed a carattere di urgenza (Cass. VI n. 6118/2000 lo ha affermato in riferimento ad un procedimento possessorio).

La qualifica di testimone viene sostanzialmente a mancare nei casi in cui il soggetto che tale qualifica rivesta ai sensi dell'art. 197 bis c.p.p., sia esaminato su fatti sui quali non può essere obbligato a deporre (Cass. VI n. 5911/2012).

Materialità

Il testimone ha l'obbligo di esporre fedelmente e lealmente ciò che conosce in via diretta od indiretta sui fatti sui quali è interrogato, per cui il reato non è integrato dalla mera difformità tra le dichiarazioni rese e la realtà vera e propria, bensì dalla difformità tra quanto la persona dichiara e ciò che effettivamente conosce sui fatti, dovendo trattarsi di manifestazione di scienza e non di apprezzamenti personali (Cass. VI n. 37482/2014).

Tale regola del “vero soggettivo” è rilevante per poter affermare la commissione del reato quando il fatto riferito dal testimone sia vero, ma sia falso che ne abbia avuto diretta conoscenza (Fiandaca Musco).

Formalità

L'obbligo del testimone, sanzionato dall'art. 372, ricorre indipendentemente dal rispetto delle strette formalità dell'atto quanto alle ammonizioni di legge e alle dichiarazioni rituali. Ciò risulta chiarito per il caso delle dichiarazioni acquisite dal giudice in un procedimento cautelare civile in cui il dichiarante è responsabile del falso anche quando non abbia assunto l'obbligo di dire il vero con le formalità di cui all'art. 251 c.p.c. (Cass. VI n. 20123/2015) e per il processo penale quando non vi sia stato avvertimento del giudice al teste sospettato di falsità o reticenza circa la responsabilità prevista dalla legge penale.

Ambito della testimonianza

In quanto reato di pericolo, la falsa testimonianza è esclusa soltanto nel caso in cui il mendacio verta su fatti del tutto estranei alla materia oggetto dell'accertamento giudiziale. Laddove la pertinenza rispetto all'oggetto del processo vi sia, la condotta è punibile quando essa riguardi un qualsiasi elemento del tema da accertare, anche quando risulti la falsità di una sola fra più circostanze di fatto contestate come facenti parte di un'unica condotta (Cass. n. 5911/2012) senza distinzione tra circostanze importanti e circostanze secondarie.

Sempre in considerazione della natura di reato di pericolo, è necessaria la attitudine della falsa dichiarazione a trarre comunque in inganno il giudice, restando irrilevante il fatto che poi il giudice non sia stato ingannato o abbia tratto da altre fonti di prova il suo convincimento (Cass. VI n. 39768/2014). Del resto nella ipotesi di falsa testimonianza realizzata con conclamata reticenza chiaramente non vi è ragione di discutere di capacità di inganno. Quest'ultima è, evidentemente, fuori dalla condotta tipica.

Pertinenza e rilevanza

Tema di rilievo è, poi, la individuazione della corretta definizione di pertinenza e rilevanza della dichiarazione. Su di un piano generale ciò significa che i fatti oggetto delle dichiarazioni devono essere direttamente o indirettamente attinenti all'accertamento giurisdizionale svolto nel processo.

La prova è pertinente e rilevante quando ha una effettiva efficacia probatoria dei fatti e la falsa testimonianza è quindi in grado di influire deviando il corso del processo in termini potenziali (Cass. VI, n. 20656/2012), senza necessità che tale influenza sia effettiva (Cass. VI, n. 51032/2013).

Tale pertinenzialità e rilevanza è da estendere anche alle domande dirette a sondare l'attendibilità del teste, essenziali, sia pure indirettamente, ai fini del processo (Cass. VI, n. 41572/2013).

Laddove, quindi, i temi oggetto della testimonianza non abbiano né direttamente né indirettamente ad oggetto fatti e circostanze che apportino un qualsiasi contributo probatorio, il reato non è configurabile (Cass. VI, n. 34467/2007).

La giurisprudenza specifica come tale valutazione sulla pertinenza e sulla rilevanza della deposizione vada effettuata con riferimento alla situazione processuale esistente al momento della consumazione del reato: ex ante e non ex post (Cass. VI, n. 16444/2015). Tale valutazione va compiuta sulla base di norme giuridiche e non mediante l'impiego di massime di esperienza (Cass. VI, n. 47540/2013).

Esito del processo

In base al concetto sopra individuato di pertinenza e rilevanza, è chiaro come non rilevi l'uso concreto che il giudice abbia fatto della deposizione o l'esito della sua utilizzazione nell'insieme delle prove. Non ha quindi importanza che il processo venga definito con l'accertamento della sussistenza di una causa di improcedibilità o con sentenza di non doversi procedere per remissione di querela (Cass. VI n. 33126/2013).

Elemento psicologico

Per l'integrazione del delitto di falsa testimonianza è sufficiente il dolo generico, ovvero la coscienza e volontà di dire il falso (Cass. VI 37482/2014).

Consumazione e tentativo

Il reato si consuma nel momento in cui viene resa la dichiarazione mendace. L'eventuale sua reiterazione in fasi successive del medesimo procedimento integra un unico reato (Cass. VI n. 36538/2010); ciò va inteso nel senso di deposizione mendace che sia frazionata in più udienze oppure ripetuta nell'ambito della medesima fase processuale davanti al medesimo giudice /organo, pur se diverso come persona fisica (Cass. VI n. 9206/2003) mentre ricorrono più reati se la condotta sia reiterata in una successiva deposizione autonoma davanti ad una diversa autorità giudiziaria, quindi anche in una diversa fase processuale. Si conferma, per tale ultimo caso, un principio fissato da una risalente decisione delle Sezioni Unite (Cass. S.U., n. 10254/1989) che riconosceva natura di autonomi e distinti reati di falsa testimonianza, eventualmente unificabili per continuazione, al mendacio ripetuto in varie fasi del processo.

Forme di manifestazione

Poiché la disposizione tutela l'integrale contenuto conoscitivo della dichiarazione, il reato è integrato anche quando il testimone nel riferire un fatto vero, affermi il falso circa le modalità con le quali lo ha appreso (Cass. VI n. 5571/1998).

Rapporti con altri reati

Calunnia ed autocalunnia hanno una diversa obbiettività giuridica rispetto al reato in esame per cui ricorre il concorso formale se la falsa deposizione testimoniale contenga anche una falsa incolpazione (Cass. VI n. 4082/1998; Cass. VI n. 6495/1984). La falsa testimonianza non è, però, punibile se sia finalizzata a sottrarsi al pericolo di essere incriminato per il reato di calunnia precedentemente commesso (Cass. VI n. 49364/2012).

Ricorre il concorso formale di reati tra la minaccia attuata per costringere taluno a rendere falsa testimonianza e la simultanea partecipazione ex art. 110 alla falsa testimonianza resa (Cass. VI n. 9921/2012).

Pena accessoria

Si rammenta che il testimone è pubblico ufficiale e quindi, ai sensi dell'art. 31, alla condanna per il delitto di falsa testimonianza consegue la pena accessoria dell'interdizione dai pubblici uffici in quanto delitto commesso con la violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione (Cass. VI n. 44758/2003).

Profili processuali

Gli istituti

Il reato in esame è procedibile d'ufficio ed è di competenza del tribunale monocratico. E' prevista la citazione diretta a giudizio (art. 550, comma 2, c.p.p.).

Per esso:

a) è possibile disporre le intercettazioni;

b) l'arresto in flagranza non è consentito nel corso del processo penale per il divieto espresso dell'art. 476; il fermo non è consentito;

c) è consentita l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali.

Bibliografia

Calcagno, Rilevanza penale delle sommarie informazioni false rese in sede civile (Nota a T. Bari, 16 luglio 2002, D'Ambruoso), in Dir. pen. e proc. 2003;  Di Giovine, Testimonianza (falsità di), in Dig. pen., Torino, 1999; Falcinelli, Il dilemma del diritto penale davanti al falso testimone - L'offesa alla «libertà» del convincimento giudiziale, tra regole processuali e criteri «impliciti» di accertamento del fatto, in Riv. it. dir. e proc. pen. 2013; Jacoangeli, Il prossimo congiunto dell'imputato, fra delitto di falsa testimonianza e dovere di solidarietà familiare (Nota a Cass. pen., sez. VI, 19 ottobre 2012, n. 12600), in Cass. pen. 2014; La Cute, Falsa testimonianza, in Enc. giur.; Ramundo, Il concetto strutturale di reticenza punibile - Analisi interdisciplinare e comparatistica nello schema generale del modo del falso, in Giust. pen. 2013; Ramundo, La falsa testimonianza per reticenza e formazione della prova in dibattimento, in Giust. pen. 2013; Santoro, Testimonianza, perizia, interpretazione, in Nss. D.I.; Valiani, Non punibile per falsa testimonianza il lavoratore che rischia - in concreto - il licenziamento (Nota a Cass. pen., sez. VI, 25 marzo 2015, n. 16443, B. G.), in Dir. pen. e proc. 2015.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario