Codice Penale art. 449 - Delitti colposi di danno.Delitti colposi di danno. [I]. Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste nel secondo comma dell'articolo 423-bis, cagiona per colpa [43] un incendio, o un altro disastro preveduto dal capo primo di questo titolo, è punito con la reclusione da uno a cinque anni (1). [II]. La pena è raddoppiata se si tratta di disastro ferroviario o di naufragio o di sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o di caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone [428, 430, 676; 136, 743, 1125 3 c. nav.]. (1) Comma modificato dall'art. 11 7 l. 21 novembre 2000, n. 353; v. sub art. 423-bis. competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.); Trib. collegiale (secondo comma) arresto: facoltativo fermo: consentito (secondo comma) custodia cautelare in carcere: consentita altre misure cautelari personali: consentite procedibilità: d'ufficio InquadramentoIl reato in esame punisce la condotta del soggetto che, per colpa, causa un incendio o un altro disastro preveduto dal capo I del titolo VI del secondo libro del codice penale, ad eccezione dell'incendio boschivo colposo, previsto dall'art. 423-bis, comma 2, cui si rinvia. Non viene in considerazione, invece, il delitto di strage che può essere esclusivamente doloso. In giurisprudenza viene altresì evidenziata l'incompatibilità della fattispecie colposa con il dolo specifico (il “fine di uccidere”) che caratterizza la fattispecie dolosa di strage (Cass. IV, n. 4675/2006). La pena prevista per tali condotte colpose è raddoppiata se il disastro provocato riguardi la circolazione ferroviaria o sia un naufragio o la sommersione di una nave adibita a trasporto di persone o la caduta di un aeromobile adibito a trasporto di persone. SoggettiSoggetto attivo I delitti colposi di danno sono reati comuni potendo essere commessi da chiunque (salva la titolarità di una posizione di garanzia in caso di condotte omissive). Bene giuridicoLa norma in esame costituisce un rafforzamento della tutela dell'incolumità pubblica (su cui v. sub artt. 422 ss.) normalmente insidiato più spesso da condotte contrarie a regole precauzionali che da forme di aggressione volontaria (Fiandaca e Musco, 533; nel senso che i delitti di disastro colposo rappresentano l'immagine speculare, quanto alle conseguenze della condotta, dei delitti dolosi corrispondenti v. Ardizzone, 809). Il riferimento contenuto nella rubrica della norma al danno (in ipotesi contrapposto al pericolo cui fa riferimento la rubrica dell'art. 450) non allude a un diverso grado di offesa dell'incolumità pubblica, essendo quest'ultima in entrambi i casi, per definizione, sempre e soltanto esposta a pericolo (nel senso del carattere non necessario dell'evento di danno v. Cass. IV, n. 7664/2009; Cass. IV, n. 19342/2007). Piuttosto, nelle ipotesi di reato in esame la colposa esposizione a pericolo dell'incolumità deve, per assumere rilevanza penale, anche concretizzarsi nella rilevante lesione di beni personali e patrimoniali; mentre nel caso di cui all'art. 450 è sufficiente il semplice pericolo del verificarsi dei risultati dannosi presi in considerazione dalla norma incriminatrice (Fiandaca e Musco, 533). Pericolo Secondo la giurisprudenza, per le ipotesi colpose di disastro contemplate dall'art. 449 vale la medesima presunzione assoluta di pericolo postulata per le ipotesi dolose di cui all'art. 426, di tal che per la loro integrazione non è necessario il requisito della concreta pericolosità per l'incolumità pubblica (Cass. V, n. 11486/1989). Più in generale, si è ritenuto che quando, per un delitto doloso, il pericolo per la pubblica incolumità è presunto dalla legge, tale presunzione (sia essa iuris tantum oppure iuris et de iure) vale anche per il corrispondente delitto colposo, salvo che la legge non disponga altrimenti. Se, invece, per la sussistenza di un delitto doloso, sia richiesta l'insorgenza concreta di un pericolo per la pubblica incolumità, se ne deve accertare la presenza anche nel corrispondente delitto colposo (Cass. I, n. 6560/1984; Cass. IV, n. 15496/2020). Nondimeno, l'interpretazione della nozione di pericolo astratto (o presunto) è stata di volta in volta coniugata, nell'esperienza pratica, con l'incidenza del principio di offensività in relazione a ciascuna delle figure di disastro espressamente descritte dal codice. Così, mentre per la configurazione del reato di incendio colposo di cosa altrui si è ritenuta non necessaria la prova del pericolo effettivo per la pubblica incolumità, poiché, quando il fuoco si sviluppa su cose che non siano di proprietà dell'agente, tale pericolo si presume iuris et de iure (Cass. IV, n. 43126/2008), in relazione al delitto di incendio di cosa propria, così come delitto di frana colposa (o disastro colposo innominato), si è sottolineata la necessità che l'evento sia tale da assumere proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento, non essendo sufficiente il verificarsi di un mero fuoco o di un mero smottamento; soltanto in presenza di tali condizioni, dunque, può dirsi non richiesta la sussistenza di un concreto ed effettivo pericolo per la pubblica incolumità, essendo presunto dalla legge (Cass. IV, n. 13947/2008; Cass. I, n. 4040/2003). La S.C. ha chiarito che, ai fini dell'integrazione del delitto di incendio colposo, occorre distinguere tra il concetto di “fuoco” e quello di “incendio”, in quanto si ha incendio solo quando il fuoco divampi irrefrenabilmente, in vaste proporzioni, con fiamme divoratrici che si propaghino con potenza distruttrice, così da porre in pericolo la incolumità di un numero indeterminato di persone (Cass. IV, n. 46402/2021). Una questione di legittimità costituzionale dell'art. 449 è stata sollevata in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., relativamente all'ipotesi di incendio colposo, nella parte in cui il reato predetto viene equiparato quoad poenam ad altre più gravi ipotesi di disastro. La Corte costituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questione, affermando che il relativo presupposto (equiparazione tra le pene per differenti titoli di reato, quello oggetto del giudizio principale e quelli indicati a tertia comparationis) è contraddetto dalla disciplina legislativa vigente, che è nel senso della differenziazione (Corte cost., n. 438/2001). Allo stesso modo, nella fattispecie di inondazione colposa, pur essendo il pericolo per la pubblica incolumità presunto dalla legge, deve ritenersi che non ogni allagamento sia tale da configurare una inondazione penalmente rilevante, dovendo il fenomeno assumere, in ogni caso, proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento (Cass. I, n. 750/1993). Con specifico riguardo alla configurabilità del delitto di disastro aviatorio colposo, pur costituendo il reato una fattispecie di pericolo astratto, deve ritenersi comunque necessaria la verifica dell'offensività del fatto alla luce del criterio della contestualizzazione dell'evento, con giudizio ex ante, nel senso che occorre verificare dalla visuale di un osservatore avveduto, posto nella stessa situazione materiale dell'agente, e dunque, alla luce degli elementi concretamente determinatisi (quali le dimensioni del mezzo, il numero di passeggeri che può essere trasportato, il luogo effettivo di caduta ecc.), se il fatto era in grado di esporre a pericolo l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone, richiedendo il pericolo astratto, nella specie, la verosimiglianza della presenza di un numero indeterminato di persone nella sfera di esplicazione del fatto (Cass. IV, n. 5397/2014; Cass. IV n. 36639/2012). Così, in tema di disastro ferroviario colposo, la sussistenza del delitto di cui all'art. 449 è configurabile solo quando effettivamente si verifichi un evento di gravità, complessità ed estensione straordinari, dal quale la legge penale presume il pericolo per la pubblica incolumità (Cass. IV, n. 40799/2008). Per la configurabilità del reato è necessario e sufficiente che si verifichi un accadimento macroscopico, dirompente e quindi caratterizzato, nella comune esperienza, per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità di numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile (Cass. IV, n. 15444/2012). Non è espressamente richiesto che il convoglio ferroviario sia adibito a trasporto di persone. Commette il delitto colui che, confidando negligentemente nella tenuta della fune alla quale ha legato un toro, non riesce ad impedire che l'animale si allontani dalla stalla lasciata aperta e provochi l'impatto con un convoglio ferroviario (Cass. IV, n. 6982/2012). In termini ancor più radicali, si è ritenuto il delitto di disastro colposo di cui all'art. 449 richieda un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita o l'incolumità delle persone indeterminatamente considerate al riguardo; è necessaria una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all'attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; e, inoltre, l'effettività della capacità diffusiva del nocumento (c.d. pericolo comune) deve essere accertata in concreto, ma la qualificazione di grave pericolosità non viene meno allorché, casualmente, l'evento dannoso non si è verificato (Cass. IV, n. 5820/2000). Così per la configurabilità del delitto di crollo colposo occorre che il fatto dia luogo a concreto pericolo, da valutarsi ex ante, per la vita o l'incolumità di un numero indeterminato di persone, anche se appartenenti tutte a determinate categorie, restando irrilevante il mancato verificarsi del danno (Cass. I, n. 47475/2003), mentre, quanto al delitto di naufragio colposo di natante di proprietà dell'autore del reato, si è ritenuta la necessità che dall'evento disastroso sia disceso un concreto pericolo per l'incolumità pubblica, consistente nella concreta esposizione anche solo delle persone presenti sull'imbarcazione all'imponderabile forza distruttiva dell'evento medesimo (Cass. IV, n. 13893/2009). MaterialitàModalità della condotta I delitti previsti dalla norma in commento richiedono, quali elementi costitutivi, una condotta colposa la quale si ponga in nesso di causalità con un evento che colpisca la collettività e produca effetti gravi, complessi ed estesi a cose e a persone, esponendo a serio pericolo la incolumità pubblica (Cass., IV, n. 3191/1990). La condotta idonea a integrare una di tali ipotesi delittuose consiste quindi nel cagionare per colpa uno degli eventi disastrosi previsti dagli artt. 423 e ss.: l'individuazione del fatto tipico è dunque dominata dall'esame del dinamismo causale suscettibile di provocare uno degli eventi disastrosi richiamati, con la conseguenza che dovrà qualificarsi come tipico il primo atto causalmente legato all'evento che già di per sé contrasti con una regola di condotta a contenuto precauzionale avente quale scopo quello di evitare la verificazione degli eventi disastrosi del tipo di quelli verificatosi in concreto (Fiandaca e Musco, 534). In tal senso, ai fini della sussistenza della fattispecie legale dell'incendio colposo (artt. 423 e 449 c.p.) , si è ritenuto che la mera accensione del fuoco, dovuta o no a fatto del soggetto cui si addebita l'incendio o a qualsiasi altra causa, non ha giuridico rilievo: ciò che rileva, invece, sono le cause (azioni od omissioni) che hanno reso possibile al fuoco di divampare in incendio, assumendo le caratteristiche della vastità, diffusibilità e difficoltà di estinzione (Cass. IV, n. 36612/2003; Cass. IV, n. 875/1987; sulle caratteristiche penalmente rilevanti del fuoco v. Cass. IV, n. 43126/2008; Cass. IV, n. 37599/2007). In tal senso, la circostanza che il fuoco sia sorto per causa accidentale o sia stato appiccato da altri (o anche il fatto della mancata individuazione del fattore che ha innescato la combustione: Cass. IV, n. 14209/1989) non esclude la responsabilità di chi, colposamente, venendo meno alla sua posizione di garanzia, abbia creato le condizioni per il suo ulteriore propagarsi (Cass. IV, n. 31680/2010). Nel caso di incendio colposo, quindi, risponde del reato anche chi, pur non avendo dato materialmente origine al fuoco, abbia dato causa colposamente all'incendio per aver posto le condizioni necessarie, non già a far sviluppare il fuoco, ma a cagionare l'incendio (Cass. IV, n. 18997/2009; Cass. IV, n. 36612/2003) e il conseguente pericolo per la pubblica incolumità, che può essere costituito, oltre che dalle fiamme, anche dalle loro dirette conseguenze (calore, fumo, mancanza di ossigeno, eventuale sprigionarsi di gas pericolosi dalle materie incendiate) che si pongono in rapporto di causa ad effetto con l'incendio, senza soluzione di continuità (Cass. IV, n. 44744/2013). Peraltro, qualora un incendio si sia sviluppato dopo avere dato fuoco a sterpaglie, il verificarsi di folate di vento non può considerarsi un fatto imprevedibile, soprattutto in mesi dell'anno caratterizzati da variazioni atmosferiche, rappresentando un fenomeno da tenere in debito conto prima dell'accensione di un fuoco, che è operazione da controllare costantemente per la possibilità di propagarsi delle fiamme per un qualsivoglia motivo (Cass. IV, n. 1336/1995). In riferimento al delitto di frana colposa (artt. 426 e 449 c.p.), si è osservato che, in ossequio al principio di offensività, da rapportarsi alla natura di pericolo astratto del reato, ai fini della configurazione del reato è necessario il verificarsi di un fatto distruttivo di proporzioni straordinarie che espone realmente a rischio la pubblica incolumità, mettendo in effettivo pericolo un numero indeterminato di persone (Cass. IV, n. 46876/2019: in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza di assoluzione dal reato di cui agli artt. 426 e 449 c.p. in presenza di un fenomeno franoso di cospicue dimensioni, astrattamente in grado di porre in pericolo l'incolumità pubblica, ma che, in considerazione delle caratteristiche tipologiche dell'area recintata nella quale si era determinato, non aveva costituito una minaccia per una coorte non preventivamente individuabile di soggetti). Il giudizio di prevedibilità dell'evento deve essere svolto in relazione ai fattori che rendono possibile la verificazione della frana, cioè un evento di danno alle cose che presenti contenuti tali da porre in pericolo l'incolumità pubblica, e non con riferimento ai danni che dalla frana possono conseguire (Cass. IV, n. 58349/2018: fattispecie relativa al distacco di 1.700 metri cubi di rocce che avevano ricoperto l'area sottostante di circa 1000 metri quadrati, in relazione alla quale la S.C. ha ritenuto irrilevante, nel giudizio di prevedibilità dell'evento frana, il basso indice di rischio di danno assegnato dall'autorità di bacino all'arenile sottostante). Non può quindi costituire inondazione o frana qualsiasi allagamento o smottamento, il fenomeno dovendo assumere in ogni caso proporzioni ragguardevoli per vastità e difficoltà di contenimento (Cass. IV, n. 15496/20220; Cass. IV, n. 46876/2019). Ai fini della sussistenza del delitto di cui agli artt. 428 e 449, comma 2, perché si abbia naufragio non è necessario che il natante sia affondato, ma è sufficiente che lo stesso non sia più in grado di galleggiare regolarmente, risultando così inutilizzabile per la navigazione (Cass. IV, n. 49887/2018: in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva ritenuto la configurabilità del reato in un caso relativo allo speronamento di un gommone che, a seguito dell'impatto, pur galleggiando, non era più idoneo a proseguire la navigazione tanto da dover essere trainato in porto); si è successivamente ritenuto che, ai fini della configurabilità del delitto di naufragio colposo di natante di altrui proprietà, costituente un reato di pericolo astratto, va comunque accertata l'offensività in concreto del fatto alla luce del criterio della "contestualizzazione dell'evento", con giudizio ex ante, verificando se, alla luce degli elementi concretamente determinatisi quali le dimensioni del mezzo, il numero di passeggeri che può essere trasportato, il luogo effettivo di naufragio, l'espansività e la potenza del danno materiale, il fatto era in grado di esporre a pericolo l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone (Cass. IV, n. 12631/2018: nella specie, la S.C. ha ritenuto viziata la motivazione della sentenza di condanna impugnata, per l'omessa valutazione di una serie di elementi che si ponevano in contrasto con la ritenuta situazione di pericolo, quali il fatto che si era trattato di un naufragio che aveva riguardato un'imbarcazione da diporto con sei persone a bordo, immediatamente tratte in salvo, affondata a pochi metri dalla costa, d'estate, in pieno giorno e con mare calmo ed in prossimità di altre barche di diportisti che avrebbero potuto fornire immediata assistenza). In tema di naufragio colposo, si è successivamente ritenuto che, ai fini della configurabilità dell'ipotesi delittuosa di cui al combinato disposto degli artt. 428 e 449, comma 2, c.p., è necessario che il naufragio o la sommersione riguardino una nave "adibita", per quanto non specificamente destinata, "a trasporto di persone", da intendersi quale trasporto di soggetti ulteriori rispetto ai membri dell'equipaggio, talchè esula detta ipotesi nel caso di causazione dell'affondamento di un peschereccio, trattandosi di natante deputato all'imbarco del solo equipaggio (Cass. IV, n. 27225/2019). Il reato di disastro aviatorio colposo (artt. 428 e 449 c.p.) presuppone un avvenimento grave e complesso tale da determinare una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all'attitudine del fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti (Cass. IV, n. 50222/2019: in applicazione del principio, la S.C. ha confermato l'assoluzione dal reato di disastro aereo colposo per la mancanza di pericolo concreto per la pubblica incolumità, con valutazione ex ante, in relazione alle piccole dimensioni del mezzo, al numero delle persone trasportate, nella specie tre, al luogo di caduta, verificatasi nella fase terminale dell'atterraggio e quindi in una posizione in cui era da escludersi il coinvolgimento nel sinistro di ulteriori vittime, precisando, in motivazione che ai fini della configurabilità del reato in questione assume rilievo non solo il numero di persone potenzialmente coinvolte nella sfera di verificazione dell'evento ma anche – e in modo potenzialmente decisivo – il numero dei passeggeri presenti a bordo del velivolo). L'ipotesi di attentato colposo alla sicurezza dei trasporti (artt. 432 e 449 c.p.) può ricorrere anche nel caso di un incidente automobilistico, provocato da colpa dei conducenti, con conseguenze particolarmente gravi alle persone e alle cose (Cass. IV, n. 1686/1990 , per la quale l'incidente che abbia posto in pericolo la sicurezza di un pubblico trasporto - nella specie autocorriera in servizio pubblico - può inquadrarsi nella previsione dell'art. 432 prima ed ultima parte in relazione all'art. 449 , e non è esclusa la sussistenza del disastro quando siano rimaste vittime del danno soltanto le persone trasportate, poiché la nozione di disastro prescinde dalla qualità dei soggetti passivi del reato e richiede un evento particolarmente grave e complesso che colpisca persone e cose, sia suscettibile di mettere in pericolo e realizzare il danno di un certo numero di persone, indipendentemente dalla loro più o meno intensa esposizione al rischio e di diffondere, altresì, un esteso senso di commozione e di allarme). Nel delitto di crollo colposo (artt. 434 e 449 c.p.) si richiede che il crollo assuma la fisionomia del disastro, cioè di un avvenimento di tale gravità da porre in concreto pericolo la vita delle persone, indeterminatamente considerate, in conseguenza della diffusività degli effetti dannosi nello spazio circostante (Cass. IV, n. 18432/2014; Cass. I, n. 30216/2003; Cass. IV, n. 3727/2019), senza che sia tuttavia necessaria la disintegrazione delle strutture essenziali dell'edificio (Cass. IV, n. 2390/2011; contra Cass. IV, n. 10162/1994). Peraltro, le condotte colpose integranti il mero pericolo di crollo di una costruzione non configurano il delitto di cui all'art. 449, che richiede il verificarsi di un disastro inteso come disfacimento dell'opera (Cass. IV, n. 18977/2009). La legge impone che l'evento disastroso abbia a verificarsi concretamente, diversamente dall'ipotesi dolosa (art. 434, comma 1), nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità (con l'integrazione della fattispecie aggravata prevista dal secondo comma dello stesso art. 434 qualora il disastro si verifichi) (Cass. IV, n. 4675/2006). Ai fini del riscontro di tale delitto, è necessario (e sufficiente) che si verifichi un accadimento macroscopico, dirompente e quindi caratterizzato, nella comune esperienza, per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità di numerose persone, in un modo che non è precisamente definibile o calcolabile (Cass., IV, n. 14859/2015; Cass. IV, n. 15444/2012); la qualificazione di grave pericolosità non viene meno allorché, eventualmente, l'evento dannoso non si sia verificato: ciò perché si tratta pur sempre di un delitto colposo di comune pericolo, il quale richiede, per la sua sussistenza, soltanto la prova che dal fatto derivi un pericolo per l'incolumità pubblica e non necessariamente anche la prova che derivi un danno (Cass. IV, n. 19342/2007). Ai fini della configurabilità del delitto di disastro colposo innominato (artt. 434 e 449 c.p.) è necessario che si verifichi un accadimento macroscopico, dirompente e quindi caratterizzato per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita o all'incolumità di un numero collettivamente non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie diverse, in un modo non precisamente definibile o calcolabile e, altresì, che l'eccezionalità della dimensione dell'evento desti un senso di allarme per la effettiva capacità diffusiva del nocumento (Cass. IV, n. 45836/2017: in applicazione del principio, la S.C. ha confermato la sentenza che aveva accertato il disastro colposo in un caso di rilascio di un ingente quantitativo di prodotti petroliferi e di scarico di acque reflue industriali in pubblica fognatura, poi confluiti in un fiume e, quindi, in mare, con gravi danni alla fauna ittica, alle comunità ornitiche del fiume e alla vegetazione spondale). In applicazione di tale principio, di recente, la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza che – in una fattispecie di crollo del manto stradale con conseguente apertura di una voragine di 12 metri di profondità e di ampiezza di 6 metri per 3, nel centro di Milano – aveva escluso la configurabilità del disastro colposo sia in ragione dei profili dimensionali dell'evento disastroso, sia per la ritenuta mancanza di un pericolo concreto per la pubblica incolumità, alla luce dell'avvenuta messa in sicurezza della zona nell'immediatezza del crollo (Cass. IV, n. 35840/2021). Ai fini della configurabilità del delitto di disastro ambientale colposo (artt. 434, comma 2, e 449) la giurisprudenza richiede che l'attività di contaminazione di siti destinati ad insediamenti abitativi o agricoli con sostanze pericolose per la salute umana assuma connotazioni di durata, ampiezza e intensità tali da risultare in concreto straordinariamente grave e complessa, mentre non è necessaria la prova di immediati effetti lesivi sull'uomo (Cass. IV, n. 46876/2019: in applicazione del principio, la S.C. ha escluso che il movimento franoso verificatosi all'interno di una discarica comunale potesse integrare il reato, avendo determinato un innalzamento solo temporaneo delle esalazioni maleodoranti provenienti dalla discarica e dei livelli di inquinamento di due corsi d'acqua). Forma della condotta Il reato in esame è un reato a forma libera, nel senso che vale a integrarlo qualunque condotta idonea alla causazione di uno dei disastri richiamati dalla norma. Il reato è istantaneo e solo eventualmente permanente, poiché il fatto può esaurirsi nel momento in cui si concretano gli elementi costitutivi della ipotesi tipica di reato, ma può anche protrarsi con una ininterrotta attività che in ogni momento riproduce l'ipotesi stessa (Cass. IV, n. 13843/2019, in caso di inquinamento di una falda acquifera). Natura della condotta Le condotte dirette a integrare la fattispecie criminosa dell'incendio possono essere tanto attive, quanto omissive (Cass. I, n. 6559/1984). In tal ultimo caso, ai sensi dell'art. 40, comma 2, il reo risponde del delitto colposo di danno là dove, avendo l'obbligo giuridico di impedire la verificazione del disastro (così assumendo una specifica posizione di garanza), abbia violato una regola cautelare avente quale scopo quello di evitare la verificazione degli eventi disastrosi del tipo di quelli verificatosi in concreto. In tema di posizione di garanzia, si è ritenuto che, il proprietario del terreno che abbia affidato a un terzo l'esecuzione di opere edilizie sullo stesso è colposamente responsabile, nella qualità di titolare degli obblighi di sicurezza, per tutto quel che concerne l'approntamento della zona di lavoro, e, quindi, anche dell'inondazione conseguente alla fuoriuscita dall'alveo di un fiume per il mancato compimento dei necessari interventi di contenimento e di regimentazione della scarpata artificiale del cantiere (Cass. IV, n. 34830/2010). Con riguardo a un incendio colposo conseguito al cattivo funzionamento della canna fumaria, l'obbligo giuridico di provvedere alla pulitura della canna fumaria (in conformità a una comune regola di carattere cautelare) non spetta all'artigiano che abbia installato una stufa su incarico del proprietario, bensì a quest'ultimo, là dove lo stesso non abbia rilasciato al ridetto artigiano alcun ulteriore incarico di pulitura, così rimanendo unico titolare degli obblighi manutentivi (Cass. IV, n. 22793/2015). Peraltro, in tema di incendio colposo, là dove si configuri una posizione di garanzia dell'installatore di un impianto di qualsiasi genere, questa non è limitata al mero accertamento della sua funzionalità, ma si estende a una verifica complessiva della struttura in cui l'impianto è inserito con obbligo di controllo sia del funzionamento del medesimo sia dell'assenza di situazioni di pericolo ricollegabili comunque al suo funzionamento; a meno che questa verifica complessiva del sistema non sia stata affidata a terzi (Cass. IV, n. 34371/2004). Allo stesso modo, risponde del delitto di incendio colposo — cagionato dalla perdita di gas dalla conduttura di una stufa alimentata da gas di petrolio per uso domestico liquefatto in bombole — il venditore che consegna all'utente finale recipienti contenenti gas non confezionati a norma di legge, e in particolare non accompagnati dalle istruzioni per l'uso e dalle avvertenze relative ai rischi connessi, non consentendo così a colui che ne viene in possesso di porre in essere le manovre di sicurezza necessarie o diversamente di evitare quelle che possono costituire causa di grave pericolo per il detentore e per i terzi (Cass. fer., n. 37452/2004). Si è d'altra parte ritenuta configurabile una specifica posizione di garanzia a carico dell'amministratore di condominio, in relazione alla conservazione delle parti comuni, in una fattispecie di incendio riconducibile a un difetto di installazione di una canna fumaria di proprietà di un terzo estraneo al condominio che attraversava parti comuni dell'edificio (Cass. IV, n. 39959/2009). Ai fini del riconoscimento della responsabilità penale per il ritardato o l'omesso spegnimento di un incendio, dolosamente appiccato da terzi, occorre verificare se un tempestivo intervento avrebbe impedito l'incendio in concreto sviluppatosi, a fronte della rapidità e dell'intensità del propagarsi delle fiamme (Cass. IV, n. 2496/2022). Il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell'ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo egli esercitare un'oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e in caso di necessità adottare le necessarie precauzioni d'ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell'assuntore dei lavori, rinunciando all'incarico ricevuto (Cass. IV, n. 18445/2008). In tema di attività pericolose, il legale rappresentante della ditta incaricata dello spettacolo pirotecnico assume una posizione di garanzia che si sostanzia nell'obbligo di assicurarsi, con diligenza e attenzione maggiore, richieste dalla pericolosità di un'attività, che lo spettacolo si svolga in presenza di condizioni di sicurezza idonee a prevenire rischi nei confronti dei terzi e ad assolvere al precetto del neminem ledere (Cass. IV, n. 27425/2009; Cass. IV, n. 3458/2004). Il controllore del traffico aereo è titolare, nei confronti del personale di bordo e dei passeggeri dell'aeromobile, di una posizione di garanzia al fine di impedire, in generale, il verificarsi di disastri aerei, in questi ultimi dovendosi ricomprendere non solo quelli cagionati da collisione tra i vettori ma anche quelli dovuti a collisione con ostacoli fissi (Cass. IV, n. 6820/2010; Cass. IV, n. 7291/2002). Viceversa, in tema di disastro aviatorio colposo, non è possibile desumere la sussistenza in capo al direttore di aeroporto, in quanto tale, di una posizione di garanzia comportante l'obbligo di regolare e vigilare sui movimenti degli aeromobili nell'aeroporto, né può ritenersi che, in ragione dell'inserimento organico di quest'ultimo nell'Enac (ed in mancanza invece di una espressa previsione normativa in tal senso), allo stesso direttore sia attribuito l'obbligo di rendere statuizioni impositive nei confronti dell'Enav ovvero di sostituirsi al medesimo in caso di inadempienza o ritardo da parte di tale ente nella predisposizione dei presidi necessari per la gestione in sicurezza del traffico aereo a terra (Cass. IV, n. 22614/2008; Cass. IV, n. 7291/2002). Grava invece sui dirigenti della società di gestione dei servizi aeroportuali la responsabilità di assicurare, prima del decollo di un aeromobile, la verifica delle c.d. attività di centraggio e la compilazione dei piani di carico, nonché il collegamento tra il comandante del velivolo e gli uffici di controllo del traffico ai fini della consegna della relativa documentazione, affinché l'eventuale autorizzazione alla partenza sia rilasciata dopo le verifiche spettanti, appunto, alla direzione del traffico (Cass. IV, n. 7291/2002). In tema di incendio colposo, il gestore di una discarica di rifiuti solidi urbani, costituiti anche da materiali comburenti, deve predisporre adeguati presidi e adottare prudenziali cautele atte ad impedire che, a seguito della prevedibile accensione (per spontaneo o procurato innesco) dei rifiuti colà ammassati, si sviluppi incendio che, poi, si propaghi, con effetti distruttivi, nelle limitrofe proprietà. Ne consegue che, legittimamente è chiamato a rispondere del delitto di incendio colposo il sindaco di un comune, gestore di una discarica di rifiuti solidi urbani, il quale abbia omesso di adottare, o di far adottare, adeguate e prudenziali cautele atte ad impedire il propagarsi del fuoco, indipendentemente dalla individuazione delle circostanze in presenza delle quali la combustione del materiale depositato ebbe inizio e senza che rilevi l'eventuale carenza di disposizione legislativa al riguardo, dovendosi fare applicazione, in tema di colpa generica, del principio del neminem laedere (Cass. IV, n. 13932/1989). Si è ritenuto che, in tema di delitti colposi di danno, in caso di calamità o disastri naturali che si verifichino in aree più vaste di quelle comunali, il titolare della posizione di garanzia nei confronti della collettività sia il Prefetto della provincia, al quale spetta l'organizzazione e il coordinamento della protezione civile, l'iniziativa di raccogliere le informazioni e valutare lo stato di allarme, la dislocazione sul territorio delle forze a disposizione, la gestione di tutti gli interventi, preventivi e successivi, volti a scongiurare o a ridurre i danni, attraverso l'impiego di poteri straordinari che egli può esercitare in deroga ad ogni disposizione di legge e nel solo rispetto dei principi generali dell'ordinamento (Cass., IV, n. 33577/2001). In caso di sinistro marittimo la responsabilità per il delitto di naufragio colposo mediante omissione (nella specie consistita nella mancata attuazione di cautele sia specifiche, quali il cambio di rotta, l'utilizzo del radar e l'adozione di segnali di manovra ed avvertimento, che generiche, quali la predisposizione e la realizzazione di un servizio di vedetta visivo e/o auditivo adatto alle circostanze) può farsi risalire anche al timoniere (o nostromo), essendo questi titolare di una posizione di garanzia, rispetto al rischio di collisione, che si aggiunge a quella del comandante in virtù della specificità tecnica del ruolo ricoperto, presupponente esperienza e possesso di requisiti specifici e perciò affidato, anche nella marina mercantile, al sottoufficiale di grado più elevato (Cass. IV, n. 27225/2019: la S.C. ha precisato che il timoniere può andare esente da responsabilità a titolo di cooperazione colposa con il comandante solo qualora risulti che nella sua condotta esulino profili di colpa incidenti sul verificarsi dell'evento, per avere ad esempio sollecitato il comandante ad attivare i necessari presidi onde evitare il pericolo di abbordaggio oppure per avere ricevuto dal medesimo ordini tecnici cogenti che hanno determinato lo scontro). Evento I delitti colposi di danno descritti dalla norma in commento sono reati di evento (pericoloso), consistenti nella verificazione di uno dei disastri richiamati da detta norma. In tema di causalità, si è ritenuto che un sisma non costituisce di per sé causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento (nella specie consistito nel crollo totale di tre sole costruzioni di un centro abitato), in assenza del crollo totale di tutte le altre costruzioni dello stesso centro abitato (Cass., IV, n. 24732/2010). In particolare, si è sottolineato come, in una vicenda di crollo di costruzioni, il progettista, il costruttore e il direttore dei lavori di un edificio eretto in zona non dichiarata sismica non sono tenuti ad adottare quelle cautele che, particolarmente, la legge prescrive per le costruzioni in zone a rischio sismico. Tuttavia, ove l'edificio venga progettato e o realizzato senza l'osservanza delle norme della buona tecnica di edilizia civile e delle regole comunemente adottate in materia, sì da porre in essere una costruzione caratterizzata da anormale fragilità, qualora sopravvenga un movimento tellurico che ne cagioni la rovina, è ravvisabile un rapporto di (con)causalità tra la rimproverabile condotta dei soggetti sopra indicati (ovvero di taluno tra essi) e l'evento de quo, senza che possa accamparsi l'imprevedibilità del terremoto, il quale, pur nella eccezionalità, rientra tra gli accadimenti dei quali deve tenersi conto nell'esplicazione delle considerate attività professionali (Cass., IV, n. 17492/1989). Anche per la configurabilità del delitto di disastro colposo (artt. 449/434 c.p.) è necessario che l'evento si verifichi, diversamente dall'ipotesi dolosa, nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità mentre, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata prevista dal secondo comma dello stesso art. 434 (Cass. IV, n. 35684/2018). La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che integra il cosiddetto disastro innominato previsto dall'art. 434 c.p. ("altro disastro") non soltanto il macroevento di immediata manifestazione esteriore che si verifica in un arco di tempo ristretto, ma anche l'evento, non visivamente ed immediatamente percepibile, che si realizza in un periodo molto prolungato, sempre che comunque produca una compromissione delle caratteristiche di sicurezza, di tutela della salute e di altri valori della persona e della collettività tale da determinare una lesione della pubblica incolumità; ne consegue che rientrano nella nozione di disastro innominato pure i fenomeni derivanti da immissioni tossiche che incidono sull'ecosistema e sulla qualità dell'aria respirabile, determinando imponenti processi di deterioramento, di lunga e lunghissima durata, dell'«habitat» umano (Cass. I, n. 7941/2014; Cass. I, n. 2209/2018). L'ipotesi del secondo comma Secondo la giurisprudenza, l'aggravamento di pena previsto per il caso di disastro ferroviario, di naufragio, di sommersione di nave o di caduta di aeromobili adibiti al trasporto di persone prevede un titolo autonomo di reato (Cass., IV, n. 26239/2013; Cass., IV, n. 15444/2012); ai fini dell'integrazione di tale fattispecie occorre il riconoscimento di una stabile correlazione tra un soggetto o un bene e un determinato utilizzo, con la conseguenza che il trattamento sanzionatorio più grave non è circoscritto ai soli aeromobili che abbiano in corso un trasporto di persone, ma si estende alle ipotesi di ordinaria destinazione del velivolo e alla connessa maggiore probabilità che dalla caduta derivi un danno di particolare gravità (Cass., IV, n. 36639/2012). La dottrina prevalente ritiene viceversa trattarsi di una circostanza aggravante (Battaglini, Bruno, 571; Erra, 14). Si ritiene sufficiente che di fatto con la nave o l'aeromobile vengano trasportate, legittimamente o meno, delle persone, oltre a quelle dell'equipaggio, anche se tale trasporto è soltanto occasionale (Battaglini, Bruno, 570). In tal senso, in un caso di naufragio colposo di rimorchiatore, si è riconosciuta l'ipotesi delittuosa di cui al primo comma dell'art 449 — e non già al secondo comma dello stesso articolo di legge — poiché un siffatto veicolo non è equiparabile a una nave o ad altro natante adibito al trasporto di persone (Cass. IV, n. 2382/1974). Viceversa, si è ritenuto che, ai fini della sussistenza dei delitti di naufragio o di pericolo di naufragio, deve considerarsi «nave» l'imbarcazione atta al trasporto di più persone, qualunque sia la sua stazza o la sua portata, qualunque sia il mezzo di propulsione utilizzato (a remi, a vela, a motore), qualunque sia la sua funzione (per diporto ecc.), e quindi anche una barca a remi (Cass. IV, n. 9029/1981). Integrano l'ipotesi della “caduta” di aeromobile, tanto quella dovuta all'ingovernabilità del mezzo che sia in esclusiva balia della forza di gravità, quanto quella derivante da una manovra intrapresa in modo errato, tale da determinare fattori di alterazione del normale assetto di volo (quali la velocità eccessiva, la quota eccessivamente bassa, l'angolo di discesa scorretto ecc.), di guisa che la traiettoria dell'aeromobile divenga ingovernabile e non più correggibile, e che sia inevitabile l'impatto del velivolo con il suolo in luogo diverso da quello voluto e previsto, e con modalità (ad es. violenza dell'urto, fuoriuscita di carburante ecc.) tali da cagionare la condizione di pericolo per la pubblica incolumità dei passeggeri trasportati e di eventuali terzi (Cass. IV, n. 49620/2016). Elemento soggettivoLa colpa I delitti previsti dalla norma in esame sono puniti a titolo di colpa (su cui v. subart. 43), richiedendosi a tal fine la violazione di una regola cautelare di origine sociale (colpa generica) o di una regola espressamente prevista da una fonte formale (colpa specifica) il cui scopo è rappresentato dalla prevenzione relativa alla verificazione di eventi disastrosi del tipo di quelli verificatosi in concreto. Per il riconoscimento della colpa, oltre al rilievo della prevedibilità e dell'evitabilità dell'evento, è essenziale l'accertamento dell'esigibilità della condotta conforme alla regola cautelare da parte dell'agente. L'elemento soggettivo costituito dalla colpa fa riferimento a un comportamento contrario alle norme di perizia, prudenza e diligenza cui debbono conformarsi le azioni umane e dalla violazione di specifiche prescrizioni di leggi, regolamenti, ordini e discipline. Allorché la colpa viene a consistere nella violazione di quelle norme di comune prudenza, perizia e negligenza, perché sia configurabile la figura del reato è necessario, inoltre, che l'evento lesivo, dal quale dipende l'esistenza del reato, sia prevedibile e cioè tale da poter essere previsto da una qualsiasi persona, avveduta e coscienziosa, nella situazione data e tenuto conto del ruolo che in concreto essa svolge, in quanto la prevedibilità rappresenta un elemento di giudizio dal quale non si può prescindere ai fini dell'individuazione della condotta colposa (Cass. IV, n. 1258/1988). Con specifico riguardo al carattere essenziale del requisito della prevedibilità dell'evento, si è ritenuto che la responsabilità dei titolari di una tipografia per il crollo dello stabile, causata da lavori di ampliamento dei locali destinati alla predetta attività, non può essere affermata in base alla mancata verifica della compatibilità di tale incremento con le strutture dello stabile, là dove l'evento dannoso non poteva ritenersi ex ante prevedibile in assenza di elementi concreti per dubitare di un qualche deficit strutturale dell'edificio, giacché, diversamente, in ragione dell'attività svolta e dell'ampliamento che si era realizzato, i titolari avrebbero potuto fare affidamento sulla corretta costruzione dell'edificio e, quindi, sull'assenza di difetti strutturali incompatibili con l'intervento ampliativo (Cass. IV, n. 31462/2006). Quanto ai parametri di valutazione della corretta prevenzione, si è ritenuto che allorquando un imprenditore disponga di più sistemi di prevenzione di eventi dannosi, è tenuto ad adottare (salvo il caso di impossibilità) quello più idoneo a garantire un maggior livello di sicurezza: trattasi, in vero, di principio cui non è possibile derogare soprattutto nei casi in cui i beni da tutelare siano costituiti dalla vita e dalla integrità fisica delle persone (una valutazione comparativa tra costi e benefici sarebbe ammissibile solo nel caso in cui i beni da tutelare fossero esclusivamente di natura materiale) (Cass. IV, n. 41944/2006). Il rispetto di norme positive di colpa specifica non esime il responsabile dall'ulteriore adozione di eventuali più specifiche misure cautelari di natura sociale o esperienziale; al riguardo, in tema di manutenzione di beni, opere o impianti, si è ritenuto che l'adempimento di un obbligo specifico di revisione periodica non esclude la colpa generica per difetto di manutenzione nell'intervallo di tempo tra le revisioni, tanto più quanto maggiore è l'intervallo temporale tra l'ultima revisione e la data di costruzione (Cass. IV, n. 12809/1998). Si è ritenuto che, in tema di delitto colposo di crollo di costruzione, ai fini del rilievo penale della colpa professionale derivante da inosservanza di norme e regole tecniche proprie dell'edilizia, non trovi applicazione la norma dell'art. 2236 c.c., che limita la responsabilità ai soli casi di "colpa grave", in presenza di prestazioni richiedenti la risoluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà (Cass. IV, n. 9553/1991). Nel caso del naufragio della Costa Concordia, il comandante della nave è stato ritenuto in colpa per avere lo stesso messo in atto una manovra spericolata, tenendo una rotta e una velocità del tutto inadeguate, per finalità essenzialmente legate al c.d. “saluto” ravvicinato alla costa, con conseguente condizione di ingovernabilità della nave che aveva reso vano il tardivo tentativo di correggerne la rotta per evitare l'impatto con i fondali rocciosi (Cass. IV, n. 35585/2017, secondo cui la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mirava a prevenire, poiché alla colpa dell'agente va ricondotto non qualsiasi evento realizzatosi, ma solo quello causalmente riconducibile alla condotta posta in essere in violazione della regola cautelare). In tema di crollo colposo di costruzioni determinato da lavori edilizi affidati in appalto e assentiti o autorizzati dalla pubblica amministrazione non è configurabile, sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato, la responsabilità del committente in relazione a scelte che richiedono una specifica competenza tecnica, demandate a soggetti qualificati e diligentemente selezionati (Cass. IV, n. 6499/2018, che, in applicazione del principio, ha escluso la sussistenza dell'elemento soggettivo del reato di crollo colposo con riferimento alla posizione del committente dei lavori che si era affidato per la progettazione e per la direzione dei lavori ad un tecnico abilitato e che aveva ottemperato alla richiesta di integrazione documentale rivoltagli dall'ente pubblico affidando una perizia statica ad un ingegnere e ricevendo, pertanto, le autorizzazioni richieste). Consumazione e tentativo
Consumazione I delitti colposi di danno si consumano nel momento in cui si verifica uno dei disastri richiamati dalla norma. La giurisprudenza ha, in particolare, precisato che, nel delitto di disastro colposo, il momento di consumazione del reato coincide con l'evento tipico della fattispecie e quindi con il verificarsi del disastro, da intendersi come fatto distruttivo di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità, ma rispetto al quale sono effetti estranei ed ulteriori il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione; ne consegue che non rileva, ai fini dell'individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine di prescrizione, la mancata rimozione degli effetti dannosi della condotta, in quanto la fattispecie di disastro non può essere ricostruita secondo uno schema bifasico, ove ad una prima condotta commissiva faccia seguito una seconda di natura omissiva, violativa dell'obbligo di far cessare la situazione antigiuridica prodotta (Cass. IV, n. 47779/2018: fattispecie relativa alla realizzazione di discariche che avevano determinato l'avvelenamento di pozzi di captazione per l'acqua potabile, in relazione alla quale la S.C. ha ritenuto che la consumazione del disastro colposo non potesse considerarsi protratta oltre il momento in cui avevano avuto fine le condotte inquinanti). Altro orientamento (Cass. IV, n. 13843/2020) precisa che i delitti di cui all’art. 449 hanno natura di reati istantanei, eventualmente permanenti, perché il fatto tipico previsto dalla legge può esaurirsi nel momento in cui si concretano gli elementi costitutivi della fattispecie, ovvero protrarsi per effetto di una ininterrotta attività dell’agente che riproduce in ogni momento, fino a che cessa, l’ipotesi tipica. Tentativo l tentativo non è ammesso, trattandosi di delitti colposi. Forme di manifestazione
Circostanze La circostanza aggravante comune della violazione di doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico servizio (art. 61, n. 9) è configurabile anche in riferimento al delitto di disastro colposo, atteso che la suddetta violazione non è elemento costitutivo necessario della relativa fattispecie (Cass. IV, n. 22614/2008). La circostanza attenuante della riparazione del danno prevista dall'art. 62, n. 6 trova applicazione alla fattispecie di incendio colposo, essendo riferibile a tutti i reati che comunque possono arrecare un danno patrimoniale a prescindere dal fine primario cui la tutela normativa specifica è diretta (Cass. IV, n. 4872/1991). Cooperazione colposa I reati previsti dalla norma in commento possono essere commessi anche nel quadro di una cooperazione colposa tra più soggetti, ai sensi dell'art. 113. La cooperazione nel delitto colposo si distingue dal concorso di cause colpose indipendenti per la necessaria reciproca consapevolezza dei cooperanti della convergenza dei rispettivi contributi all'incedere di una comune procedura in corso, senza che, peraltro, sia necessaria la consapevolezza del carattere colposo dell'altrui condotta in tutti quei casi in cui il coinvolgimento integrato di più soggetti sia imposto dalla legge ovvero da esigenze organizzative connesse alla gestione del rischio o, quantomeno, sia contingenza oggettivamente definita della quale gli stessi soggetti risultino pienamente consapevoli (Cass. IV, n. 6499/2018: fattispecie di crollo di un aggregato edilizio, verificatosi a causa del concorso di una serie di interventi susseguitisi nell'arco di tredici anni, in relazione alla quale la S.C. ha escluso, per difetto dell'elemento psicologico, la responsabilità a titolo di cooperazione nel delitto di crollo colposo del progettista dei primi lavori realizzati, mancando la prova che potesse essere a conoscenza, o prevedere, al momento dell'esecuzione dei lavori, la sedimentazione degli interventi successivi che avrebbero inciso sulla staticità complessiva del sito). Sulla base delle medesime premesse giuridiche, si è anche ritenuto responsabile di incendio colposo, a titolo di cooperazione, il conducente di un trattore il quale, dopo che il proprietario di un fondo aveva appiccato il fuoco alla sterpaglia, aveva partecipato alla procedura in corso praticando dei solchi nel terreno con un trattore, anche lui trascurando la considerazione del forte vento e così contribuendo alla propagazione delle fiamme che, infatti, causavano un incendio (Cass. IV, n. 1428/2011). Il concorso colposo è peraltro configurabile anche rispetto al delitto doloso: in tal senso si è ritenuta la responsabilità di un soggetto per aver per colpa contribuito a cagionare l'incendio appiccato dolosamente da persona rimasta ignota (Cass. IV, n. 39680/2002). Rapporti con altri reati e concorso di reatiI reati di incendio doloso e di incendio colposo possono concorrere quando le imputazioni si riferiscono a persone diverse, ma non in relazione a uno stesso imputato, dovendo escludersi che il medesimo evento possa essere attribuito alla stessa persona sia a titolo di colpa che di dolo (Cass. V, n. 43464/2002). I delitti di omicidio e lesioni personali colposie di disastro colposo concorrono fra loro poiché la morte di una o più persone (o le lesioni) non è considerata dalla legge come elemento costitutivo né come circostanza aggravante del reato di disastro, che costituisce un'autonoma figura criminosa (Cass. IV, n. 1686/1989; Battaglini, Bruno, 570). Le due ipotesi di reato, rispettivamente delittuosa e contravvenzionale, previste dall'art. 449 (con riferimento all'art. 434) e dall'art. 676, differiscono tra loro non soltanto perché soggetto attivo del delitto può essere chiunque, mentre soggetti attivi della contravvenzione possono essere esclusivamente il progettista ed il costruttore (Cass. I, n. 5430/1992), ma anche e soprattutto per la differenza inerente all'elemento materiale e, particolarmente per la maggiore gravità dell'avvenimento che caratterizza il delitto rispetto alla contravvenzione. Per la sussistenza del delitto, invero, si richiede che il crollo della costruzione abbia assunto la fisionomia di un disastro, cioè di un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita e l'incolumità delle persone, indeterminatamente considerate, mentre per la contravvenzione non è necessaria una tale diffusività e non è necessario che dal crollo sia derivato pericolo per un numero indeterminato di (che costituisce mera circostanza aggravante) (Cass. IV, n. 32216/2018; conforme, Cass. IV, n. 51734/2017: fattispecie in cui la S.C. ha confermato la sentenza che aveva riconosciuto la sussistenza del delitto di cui agli artt. 434 e 449 in un caso nel quale, a causa di uno scavo, si era verificata la caduta di un muro portante a confine tra due edifici contigui, con conseguente crollo dei solai sovrastanti un garage e l'androne di un palazzo). Tale principio è stato recentemente riaffermato in relazione a fattispecie relativa al crollo del corrimano-parapetto di uno scalone di collegamento tra il piano terreno ed il primo piano di un edificio all'interno del quale era in corso una festa, determinato dalla pressione della folla, cui seguiva il crollo della struttura, che colpiva alcuni partecipanti che si trovavano sotto la stessa nonché la caduta di numerosi avventori presenti, in quel momento sulla scala, in cui la S.C., in assenza di pregiudizi alla statica della costruzione e alle strutture portanti dell'edificio, ha ritenuto corretta la derubricazione dell'originaria imputazione di cui agli artt. 434 e 449 c.p. nella contravvenzione di rovina di edifici (Cass. IV, n. 9749/2020). Al riguardo, la dottrina precisa che nella figura delittuosa è previsto l'elemento qualificante del pericolo per l'incolumità pubblica, estraneo alla contravvenzione (Ardizzone, 829; Mariani, 491. Contra Riondato, 167, secondo cui le due ipotesi si differenziano, tra l'altro, perché nella rovina il giudizio di pericolo si fonda su di una base concreta che comprende la presenza di più persone come circostanza esistente. Secondo Grosso, 989, nel crollo il pericolo si manifesta ex ante, mentre nella rovina le modalità dell'accadimento fanno presumere l'assenza di una minaccia, ma questa, prodottasi per l'intervento di un fattore imponderabile dall'osservatore medio esterno, si rileva presente secondo un calcolo a posteriori). Il delitto di caduta colposa di aeromobile previsto dall'art. 449 è un reato di pericolo presunto per la pubblica incolumità e consista nel cagionare la caduta di un velivolo, sia esso militare ovvero adibito al trasporto di persone; la sua obiettività giuridica è perciò diversa da quella del reato di perdita colposa di aeromobile, previsto dall'art. 106 c.p.mil.p., consistente nel danno per l'amministrazione militare a seguito di violazione di doveri funzionali. Ne consegue l'insussistenza di un rapporto di specialità tra le due fattispecie legali, che sotto l'aspetto formale possono anche concorrere, come esiti della stessa azione o omissione (Cass. IV, n. 7266/1998). CasisticaRisponde del delitto di incendio colposo il sindaco il quale, a conoscenza delle gravi e insistenti perdite verificatesi nella rete di distribuzione comunale del metano, abbia omesso di adottare un provvedimento urgente di sospensione dell'erogazione del gas nella zona dove si era registrato il pericolo, consentendo così che si verificasse un'esplosione a cui seguiva l'incendio di uno stabile (Cass. IV, n. 40785/2008). Integra il delitto di naufragio colposo la condotta del comandante di nave militare italiana che, in conseguenza delle imprudenti e negligenti manovre, poste in essere nel corso delle attività di polizia per il contrasto all'immigrazione clandestina, in base all'accordo italo — albanese del 25 marzo 1997, provochi la collisione della sua nave con l'imbarcazione albanese la cui navigazione intendeva interdire, a nulla rilevando cha anche il comandante di quest'ultima abbia tenuto una condotta negligente (Cass. IV, n. 24527/2014). Il disastro innominato colposo è integrato da un avvenimento, sotto il profilo naturalistico, grave e complesso - ma non necessariamente eclatante, immane ed eccezionale per dimensioni – e, sotto il profilo dell'offensività, idoneo a mettere in concreto pericolo, secondo una valutazione "ex ante", la vita o l'integrità fisica di un numero indeterminato di persone, anche qualora tale pericolo possa essere escluso secondo una valutazione "ex post" in ragione degli interventi di urgenza e di ripristino eseguiti nell'immediatezza del fatto. (Cass. IV, n. 35840/2021: in applicazione di tale principio, la Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza che - in una fattispecie di crollo del manto stradale con conseguente apertura di una voragine di 12 metri di profondità e di ampiezza di 6 metri per 3, nel centro di Milano - aveva escluso la configurabilità del disastro colposo sia in ragione dei profili dimensionali dell'evento disastroso, sia per la ritenuta mancanza di un pericolo concreto per la pubblica incolumità, alla luce dell'avvenuta messa in sicurezza della zona nell'immediatezza del crollo). È stato ritenuto responsabile di disastro ferroviario il conducente di un treno della metropolitana che, dopo aver volontariamente disattivato il sistema di controllo ATP ed accelerato nonostante i segnali luminosi, aveva posto in essere una errata manovra di frenata, mettendo in stallo il comando di trazione, così da non riuscire ad evitare il tamponamento con il treno che lo precedeva, in sosta alla successiva fermata (Cass. IV, n. 11527/2019). Con riferimento alla valanga, è stato affermato che, per la configurabilità del reato, è irrilevante che il versante della montagna in cui si verifichi la valanga non sia antropizzato, non potendosi escludere la possibilità di danni ad altre persone che abbiano impegnato il pendio fuori pista sciando o passeggiando (Cass. IV, n. 14263/2018).
Profili processualiL'art. 157, comma 6, come sostituito dall'art. 6, l. n. 251/2005, prevedeva il raddoppio dei termini prescrizionali per i delitti colposi di danno, contemplati all'art. 449, oltre che per una serie di altri delitti, specificamente indicati nella norma. La riforma del 2005 aveva determinato una situazione in forza della quale, per effetto del censurato raddoppio, il termine di prescrizione del reato di incendio colposo risultava pari a dodici anni e, dunque, largamente superiore a quello del reato di incendio doloso (art. 423), pari a sette anni in base alla regola generale di cui all'art. 157, comma 1. La Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità dell'art. 157, comma 6, nella parte in cui prevede che i termini di prescrizione del reato sono raddoppiati per il delitto di incendio colposo (art. 449, in riferimento all'art. 423), in quanto irragionevole e lesiva dell'art. 3 Cost. (Corte cost., n. 143/2014). Sono state, invece, dichiarate infondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 157, comma 6, per contrasto con l'art. 3 Cost., nella parte in cui prevede il raddoppio del termine di prescrizione del reato di disastro colposo (art. 449 in riferimento all'art. 434) e dei reati di frana colposa e di naufragio colposo (art. 449 in riferimento, rispettivamente, agli artt. 426 e 428) (Corte cost., n. 112/2018; Corte cost., n. 265/2017), nonché da ultimo del delitto di crollo colposo (art. 449 in relazione all'art. 434) (Corte cost., n. 110/2019). Profili processuali
Gli istituti I delitti colposi di danno sono reati procedibili d'ufficio e di competenza del Tribunale monocratico, in relazione alle ipotesi di cui al comma 1, e del Tribunale collegiale in relazione alle ipotesi di cui al comma 2. Per tali reati: a) l' arresto in flagranza è facoltativo; b) il fermo è consentito in relazione alle ipotesi di cui al comma 2; c) l'applicazione della custodia in carcere e delle altre misure cautelari personali è consentita. Correlazione tra accusa e sentenza Secondo la giurisprudenza, quando, pur essendo stata contestata la condotta colposa e ritenuta dal giudice di primo grado la sussistenza di un comportamento commissivo, la Corte d’appello abbia qualificato la medesima condotta anche come colposamente omissiva, non si verifica una violazione del principio di correlazione tra accusa e sentenza, sempre che l'imputato abbia avuto la concreta possibilità di apprestare in modo completo la sua difesa in relazione ad ogni possibile profilo dell'addebito (Cass. IV, n. 27389/2018). BibliografiaAngioni, Il pericolo concreto come elemento della fattispecie penale. La struttura oggettiva, Milano, 1994; Ardizzone, La fattispecie obiettiva del crollo colposo di costruzioni, in Riv. it. dir. pen. proc., 1970, 767; Battaglini, Bruno, Incolumità pubblica (delitti contro la), in Nss. D.I., VIII, Torino, 1962; Blaiotta, Diritto penale e sicurezza del lavoro, Torino, 2020; Canestrari, Reato di pericolo, in Enc. giur., XXVI, Roma, 1991; Cocco, Il disastro ambientale (art. 434 c.p.), in Resp. civ. e prev., 2008, 1334; Erra, Disastro ferroviario, marittimo, aviatorio, in Enc. dir., XIII, Milano, 1963; Fiandaca e Musco, Diritto penale. Parte speciale, Bologna, 2012; Giusti, Concetto naturalistico di incendio, significato tecnico-giuridico di concreto pericolo e le sue peculiari caratteristiche nel delitto colposo di cui all'art. 449 c.p., in ND, 1973, 731; Grosso, Crollo colposo e rovina di edifici o di altre costruzioni: una distinzione difficile, in Riv. it. dir. pen. proc., 1965, 979; La Cute, Manuale di diritto penale del lavoro, Napoli, 1983; Mariani, Crollo di costruzioni e pericolo per la pubblica incolumità, in Scuola pos, 1968, 491; Marinucci, Crollo di costruzioni, in Enc. dir., XI, Milano, 1962; Musacchio, La responsabilità penale dei costruttori e dei progettisti nelle ipotesi di crollo di edifici, in Giur. mer., 2008, 479; Pannain, Il pericolo nel disastro colposo, in Arch. pen., 1959, II, 121; Parodi Giusino, I reati di pericolo tra dogmatica e politica criminale, Milano, 1990; Riondato, Rovina di edifici e omissioni di lavori in edifici che minacciano rovina, in Enc. dir., XLI, Milano, 1989; Salamone, Il naufragio colposo tra diritto penale e codice della navigazione, in Dir. maritt., 2008, 89; Sammarco, Incendio, in Enc. dir., XX, Milano, 1970 ; Strata, In tema di disastro ferroviario colposo e pericolo di disastro, in CP, 2009, 3443; Tartaglione, Delitti colposi di pericolo e possibilità di concorso, in ScP, 1971, 565; Veneziani, Un disastro ferroviario prevedibile ed evitabile, ma senza un responsabile?, in Riv. it. dir. pen. proc., 2007, 1522. |