Codice Penale art. 591 - Abbandono di persone minori o incapaci.

Maria Teresa Trapasso

Abbandono di persone minori o incapaci.

[I]. Chiunque abbandona una persona minore degli anni quattordici, ovvero una persona incapace, per malattia di mente o di corpo, per vecchiaia, o per altra causa, di provvedere a se stessa, e della quale abbia la custodia o debba avere cura, è punito con la reclusione da sei mesi a cinque anni.

[II]. Alla stessa pena soggiace chi abbandona all'estero un cittadino italiano [4 1] minore degli anni diciotto, a lui affidato nel territorio dello Stato [4 2] per ragioni di lavoro.

[III]. La pena è della reclusione da uno a sei anni se dal fatto deriva una lesione personale [582], ed è da tre a otto anni se ne deriva la morte (1).

[IV]. Le pene sono aumentate [64] se il fatto è commesso dal genitore [540], dal figlio, dal tutore [346 c.c.] o dal coniuge, ovvero dall'adottante o dall'adottato [291-309 c.c.] (1).

(1) Per un'ulteriore ipotesi di aumento di pena, v. art. 36 l. 5 febbraio 1992, n. 104.

competenza: Trib. monocratico (udienza prelim.); Corte d'Assise (nell'ipotesi di morte)

arresto: facoltativo

fermo: consentito (terzo comma nell'ipotesi di morte)

custodia cautelare in carcere: consentita

altre misure cautelari personali: consentite

procedibilità: d'ufficio

Inquadramento

La fattispecie è posta a tutela della vita e dell'incolumità individuale di particolari soggetti vulnerabili, cioè i minori e gli incapaci (Cass. V, n. 7003/1995).

Il reato risulta integrato da qualunque azione (o omissione) contrastante con il dovere giuridico di cura o custodia che grava sul soggetto agente e da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita e per l'incolumità del soggetto passivo (Cass. II, n. 10992/2012).

Soggetti

Soggetto attivo

Si tratta di un reato proprio, infatti il soggetto attivo può essere solo chi si trovi in una particolare relazione di cura o custodia con il soggetto passivo.

La relazione di custodia (che può consistere anche in una relazione di mero fatto) ha ad oggetto la sorveglianza diretta di soggetti non in grado di provvedervi autonomamente; la cura consiste nell'insieme della prestazioni e cautele protettive compiute a favore di persone incapaci di provvedere a se stesse perché versanti, nel caso concreto, in particolari situazioni di difficoltà (Dolcini-Gatta, 3249); essa è una relazione giuridica che può trovare fondamento nella legge o nel contratto (Mantovani, 177 s., l’introduzione dell’art. 574 ter d.lgs n. 6 del 19 gennaio 2017, art. 1, comma 1, lett. b - con cui l’ordinamento ha esteso il termine “matrimonio” anche alla costituzione di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, consente di riconoscere la qualità di “coniuge” anche ai soggetti parte di questa unione, estendendo pertanto ad essi la relazione giuridica che fonda gli obblighi di cui all’art. 591 ).

Le fonti dell'obbligo di cura o custodia possono desumersi, da norme giuridiche, convenzioni pubbliche o private, regolamenti o legittimi ordini di servizio (Cass. V, n. 290/1993).Anche la spontanea assunzione da parte del soggetto attivo, nonché l’esistenza di una mera situazione di fatto, può far sorgere il dovere di custodia, ove il soggetto passivo sia entrato nella sfera di disponibilità o controllo dell’agente (Cass. V, n. 19448/ 2016).

Soggetto passivo

La norma prevede come soggetto passivo del reato:

a) il minore degli anni quattordici. Mentre dottrina più risalente, a proposito dell'incapacità del minore degli anni quattordici, ne affermava la presunzione assoluta; attualmente, in sede interpretativa viene richiamata la necessità di un accertamento in concreto (osservando come debba aversi riguardo, oltre che allo stato e sviluppo fisico e psichico, anche all'età: così Basile, 445, il quale sottolinea efficacemente come sia opportuna una considerazione differenziata tra un tredicenne e un soggetto infante).

b) la persona incapace di provvedere a se stessa. L'incapacità — di nutrirsi, curarsi, muoversi, chiamare aiuto — deve valutarsi in concreto, avuto riguardo alla condizione del soggetto al momento dell'abbandono.

Secondo l'art. 591, l'incapacità può ricorrere per le seguenti cause: malattia di mente o di corpo, il cui accertamento si presenta tuttavia non agevole da parte del giudice, chiamato a verificarne non solo la ricorrenza, ma anche l'incidenza rispetto alla possibilità del malato di provvedere a se stesso; la vecchiaia, a proposito della quale si è osservato come, nel caso di età avanzata il giudice non sia per ciò solo esonerato dal dovere di verificare l'incapacità del soggetto di provvedere a se stesso (Cass. V, n. 6885/1999).

Altra causa, fatta consistere anche in un comportamento posto in essere volontariamente o colposamente da parte del soggetto passivo (si v. Dolcini-Gatta, 3253).

Nel caso di abbandono di più soggetti, mentre la dottrina riconosce il concorso di reati di cui all'art. 591 cp, la giurisprudenza riconosce un solo reato (Basile, 86).

Materialità

Il delitto è integrato da qualsiasi condotta attiva (o omissiva), contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia, gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto passivo (Cass. I, n. 35814/2015).

Per abbandono si intende una condotta, contrastante con il dovere di cura e di custodia, in cui il soggetto passivo è lasciato in balia di se stesso.

Il delitto di abbandono d'incapace è qualificabile come reato di pericolo; la specificazione della natura del pericolo — astratto o concreto — condiziona la definizione della condotta di abbandono, dunque la configurabilità del reato. In sede giurisprudenziale sono rinvenibili due orientamenti; a tenore di talune decisioni, l'accertamento del pericolo per l'incolumità del soggetto passivo determinato dalla condotta di abbandono va operato in concreto, salvo che per il minore dei quattordici anni (in tal senso la S.C.,a tenore della quale non vi è la presunzione assoluta d'incapacità per vecchiaia, che non è una condizione patologica, ma fisiologica, che deve essere accertata concretamente quale causa di inettitudine fisica, Cass. V, n. 6885/1999).

Diversamente per altra giurisprudenza, che richiama invece la nozione di pericolo potenziale, così da escludere la necessità del suo concreto riscontro da parte del giudice (così Cass. V, n. 832/1992; si v. anche Cass. V, n. 12941/1978). Sulla base del pericolo potenziale si è così ritenuto integrato il delitto anche nel caso di abbandono temporaneo (in assenza di un animus dereliquendi, Cass. V, n. 7774/1983): si è infatti affermato come la temporaneità dell'abbandono o la possibilità di soccorso aliunde, debbano ritenersi inidonei ad una supplenza vicaria del titolare dell'obbligo di cura o custodia, così da non escludere la configurabilità del reato (Cass. V, n. 1947/1990).

Il comma 2 dell'art. 591 prevede un'ipotesi collegata alle condotte di chi, intermediario reclutante migranti minorenni quale manodopera, li abbandoni all'estero.

Elemento psicologico

Il delitto è punito a titolo di dolo; il dolo è generico e deve avere ad oggetto la coscienza e volontà di realizzare una condotta di abbandono di un soggetto incapace di provvedere a se stesso, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l'esatta percezione, senza che occorra la sussistenza di un particolare malanimo da parte del reo (Cass. II, n. 10994/2012).

In sede di legittimità si è affermata la configurabilità del dolo eventuale quando si accerti che l'agente, pur essendosi rappresentato come conseguenza del proprio comportamento inerte, la concreta possibilità del verificarsi di uno stato di abbandono del soggetto passivo, in grado di determinare un pericolo anche solo potenziale per la vita e l'incolumità fisica di quest'ultimo, persiste nella sua condotta omissiva, accettando il rischio che l'evento si verifichi (Cass. V, n. 44657/2021).

In dottrina si osserva come il dolo debba ricomprendere la relazione di cura o custodia intercorrente tra i soggetti (Dolcini-Gatta, 3255).

La S.C. a proposito della sussistenza dell'elemento soggettivo ha osservato come ai fini della sua integrazione rilevi esclusivamente la volontà dell'abbandono: pertanto il dolo non è escluso dal fatto che chi ha l'obbligo di custodia ritenga il minore in grado di badare a se stesso, per l'aiuto di coetanei a lui legati da vincoli di parentela (Cass. V, n. 9276/2009).

Consumazione e tentativo

L'individuazione del momento consumativo della fattispecie è condizionato dalla qualificazione del delitto; coloro che lo descrivono come reato istantaneo, affermano che il delitto si consuma nel momento in cui sorge il pericolo per la vita o l'incolumità fisica del soggetto abbandonato (Mantovani, 181).

Coloro, tra cui la giurisprudenza, che lo qualificano come “reato permanente (in quanto la condotta si protrae fino a quando gli imputati non fanno cessare le situazioni che non consentono una cura adeguata o fintantoché tali situazioni non cessano per intervento esterno — Cass. VI, n. 12238/2004 — o “eventualmente permanente”, così in dottrina Antolisei, PS, 124) affermano come la sua consumazione si protragga sino a che il colpevole non riprenda la relazione di cura ovvero continui ad astenersene.

Il tentativo è astrattamente possibile, benché la struttura quale reato di pericolo non ne renda agevole la configurabilità. Non vi sono state tuttavia applicazioni giurisprudenziali.

Forme di manifestazione

Circostanze aggravanti speciali. Il comma 3 prevede un aggravamento di pena nel caso in cui dall'abbandono derivi la morte o una lesione personale del soggetto passivo.

Si discute in sede interpretativa, se tali previsioni costituiscano circostanze aggravanti (così dottrina risalente) ovvero fattispecie autonome. In tale ultimo senso autorevole dottrina (Mantovani, 176, secondo la quale costituirebbero ipotesi di delitti preterintenzionale ovvero delitto aggravato dall'evento, Marinucci- Dolcini, 493), che osserva, tra gli altri argomenti, l'opportunità di una qualificazione nei termini dell'autonoma figura di reato, onde sottrarre gli eventi — morte o lesioni — al giudizio di bilanciamento ex art. 69, suscettibile di trovare applicazione nel caso di loro qualificazione come circostanze (per un quadro, Dolcini-Gatta, 3257).

Riguardo al profilo dell'imputazione soggettiva, la morte o le lesioni, quali conseguenze della condotta, ad essa legata dal nesso di derivazione causale, non devono essere volute, ricorrendo altrimenti le fattispecie di omicidio doloso o di lesioni dolose (Mantovani, 176), ma devono potersi imputare a titolo di colpa (secondo le ordinarie regole di imputazione delle circostanze ovvero degli elementi costitutivi del reato, a seconda dell'orientamento cui s'intende aderire quanto alla loro qualificazione).

Il comma 4 prevede un aggravamento di pena nel caso in cui il fatto sia commesso dal genitore, dal tutore o dal coniuge, dall'adottante o dall'adottato. In sede dottrinale la si è qualificata come aggravante di carattere soggettivo (ex art. 70, comma 1, n. 2), estensibile ai correi (ex art. 118, Mantovani, 176).

Nel caso di coniugi, la previsione deve intendersi riferita a soggetti legati, al momento del fatto, da matrimonio avente effetti civili (con esclusione di soggetti divorziati, o anche separati legalmente, così Basile, 502); quanto ai soggetti conviventi more uxorio, il divieto di estensione analogica ne impedisce l'applicabilità.

 A seguito dell’introduzione delle “unioni civili dello stesso sesso” (l. n. 76/2016, c.d. legge Cirinnà), devono ritenersi ricomprese nell’ambito applicativo dell’aggravante le parti di tale tipologia di unione (art. 1, comma 20, sul tema, Gatta, Unioni civili tra persone dello stesso sesso e convivenze di fatto: i profili penalistici della legge Cirinnà, in penalecontemporaneo.it ).

Rapporti con altri reati

Il delitto di abbandono di minore o incapace si distingue da quello di tentato omicidio per il diverso elemento psicologico: nel primo caso, esso consiste nella coscienza e volontà di abbandonare il minore, con la consapevolezza dei potenziali pericoli, conseguenti al suo stato di incapacità di difesa o di percezione dei pericoli, cui resterebbe esposto; nel secondo, invece, vi è la volontà e la consapevolezza di cagionare la morte (Cass. I, n. 2269/1991).

Con riguardo al rapporto con il delitto di maltrattamenti, si è osservato come la reiterata e grave carenza di cure ed assistenza di persone anziane non autosufficienti, pur potendo configurare il reato di maltrattamenti, non integri di per sé il diverso reato di cui all'art. 591 per la cui configurabilità è necessario l'accertamento di una condotta contrastante con il dovere giuridico di cura (o di custodia) da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto passivo ( Cass. VI,  n. 12866/2018 ).

Il reato di cui all'art. 591 concorre con quello di abbandono di una nave in pericolo (art. 1097 c. nav.) (Cass. IV, n. 35585/2017).

L'oggetto della tutela dell'art. 591, diversamente da quello del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570), non è il rispetto dell'obbligo legale di assistenza in quanto tale, bensì il pericolo per l'incolumità fisica derivante dal suo inadempimento (Cass. V, n. 7003/1995).  

Concorso di reati

I reati di maltrattamenti in famiglia e di abbandono di minori possono concorrere in quanto le relative fattispecie sono poste a tutela di beni diversi e disintegrate da condotte differenti (Cass. II, n. 10994/2012).

Casistica

Si è ritenuto configurato il delitto di abbandono di incapaci nel caso di minorati psichici di cui l'imputato abbia la custodia o di cui debba avere cura, lasciati in balia di se stessi o di personale inidoneo (all'interno di case di riposo inadeguate e prive dei requisiti igienici, così Cass. V, n. 3905/1989).

Integra altresì il delitto l'allontanamento di tutte le assistenti infermiere di una casa di ricovero per anziani e menomati psichici, essendo irrilevante, per la configurabilità della situazione di pericolo, la presenza di inservienti civili idonei alla necessaria assistenza infermieristica, o i successivi interventi che consentano di evitare l'aggravamento dei ricoverati (Cass. V, n. 10841/1986).

È stato riconosciuto il reato nella condotta di colui che, in qualità di titolare del servizio di trasporto scolastico, abbia abbandonato un minore, consentendo che egli scendesse dal pullman prima del raggiungimento della struttura scolastica, e pertanto prima dell'affidamento al personale didattico del minore (Cass. V, n. 11655/2012).

Non integra il reato di abbandono di minore, l'esposizione del neonato quando sia lasciato in condizioni di venir certamente ed immediatamente raccolto dall'assistenza pubblica o privata, con esclusione di ogni pericolo per la vita o l'incolumità (Cass. V, n. 365/1970).

Non integra il delitto di cui all'art. 591 c.p. la condotta del direttore amministrativo di una residenza sanitaria assistenziale (R.S.A.) - sul quale grava soltanto un dovere di custodia delle persone incapaci, per malattia mentale, di provvedere a se stesse - che abbia adottato le misure organizzative e strutturali compatibili con le finalità meramente assistenziali della struttura e non anche più penetranti misure di contenzione "meccanica", non essendo queste previste né consentite dalla normativa di settore, che riflette l'abbandono del modello cd. "custodialistico" nella cura dei malati psichiatrici (caso relativo al suicidio di un ospite della struttura assistenziale affetto da psicosi cronica, nella quale la Corte, ha annullato senza rinvio, per insussistenza del fatto, la condanna dell'imputato che aveva intensificato la sorveglianza dell'ospite, lo aveva ripetutamente inviato al Pronto soccorso, in occasione di pregressi episodi autolesionistici, e aveva più volte sollecitato la rivalutazione del quadro clinico e della risposta assistenziale più adeguata, Cass. V, n. 50944/2019 ).

Risponde del delitto anche colui che, pur non allontanandosi, ometta di fare intervenire persone idonee ad evitare il pericolo per la vita o l'incolumità del soggetto passivo (Cass. II, n. 10994/2012).

Si è ritenuto sussistente il reato con riguardo alla condotta del genitore che, recandosi a fare la spesa, aveva lasciato da sola la figlia minore di 23 mesi all'interno della propria automobile, ermeticamente chiusa ed esposta al sole nelle ore più calde della giornata, Cass. V,  n. 27705/2018; Cass. V, n. 1780/2021 ).

E' stato ritenuto sussistente il reato con riguardo alla condotta del genitore che, dopo aver accoltellato a morte il coniuge all'interno dell'abitazione familiare, si allontanava lasciando, sul luogo del delitto, i figli in tenera età, in balia di se stessi (Cass. I, n. 5/2022).

Profili processuali

Il delitto è procedibile d'ufficio. La  competenza è del Tribunale monocratico (udienza preliminare), mentre nel caso di morte, della Corte d'Assise.

L'arresto è facoltativo; il fermo è consentito solo nell'ipotesi di morte; la custodia cautelare in carcere e le altre misure cautelari personali sono consentite.

In sede di legittimità è stato escluso che costituisca atto irripetibile l'accertamento tecnico, mediante consulenza, sullo stato psichico di una persona, allorquando riguardi una condizione costante e non contingente e, per tale ragione, non suscettibile di modificazione (fattispecie relativa all'accertamento sulle condizioni psico-fisiche della vittima del reato di abbandono di persone incapaci, che viveva da tempo segregata in casa, in stato semicomatoso e incapace di provvedere a se stessa (Cass. V, n. 40450/2019).

Bibliografia

Basile, Il delitto di abbandono di persone minori o incapaci, Milano, 2008; Carcano, L'abbandono di persone minori o incapaci: natura giuridica del reato e requisiti, in Cass. pen., 1991, 1350; Fierro cenderelli, voce Abbandono di persone minori o incapaci, in Dig. d. pen., I, 1987, 1; Dolcini-Gatta, Art. 591, in Codice penale commentato, a cura di Dolcini-Gatta, II, Milano, 2015; Mantovani, Diritto penale, p.s., Delitti contro la persona, Torino, 2013; D. Pulitanò, Abbandono d'incapaci e omissione di soccorso, inPulitanò, Diritto penale, Parte speciale, I, Tutela penale della persona, Torino, 2014, 112.

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