Codice Civile art. 128 - Matrimonio putativo 1 2 .

Giuseppe Buffone
aggiornato da Annachiara Massafra

Matrimonio putativo 12.

[I]. Se il matrimonio è dichiarato nullo [68, 117, 119, 120, 122, 123], gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità, quando i coniugi stessi lo hanno contratto in buona fede [584], oppure quando il loro consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi [122]3.

[II]. Il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli 4.

[III]. Se le condizioni indicate nel primo comma si verificano per uno solo dei coniugi, gli effetti valgono soltanto in favore di lui e dei figli [139, 251, 785].

[IV]. Il matrimonio dichiarato nullo, contratto in malafede da entrambi i coniugi ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, salvo che la nullità dipenda da incesto [86, 87] 5.

[V]. Nell'ipotesi di cui al quarto comma, rispetto ai figli si applica l'articolo 251 6.

[1] Articolo così sostituito dall'art. 19 l. 19 maggio 1975, n. 151.

[2] V. l'art. 1, commi 5, 20, l. 20 maggio 2016 n. 76 (Regolamentazioni delle unini civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze).

[4] L'art. 2, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il comma. Il testo precedente recitava: «Gli effetti del matrimonio valido si producono anche rispetto ai figli nati o concepiti durante il matrimonio dichiarato nullo, nonché rispetto ai figli nati prima del matrimonio e riconosciuti anteriormente alla sentenza che dichiara la nullità». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

[5] L'art. 2, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito le parole «la nullità dipenda da bigamia o incesto» con le parole «la nullità dipenda da incesto». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

[6] L'art. 2, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito il comma. Il testo precedente recitava: «Nell'ipotesi di cui al comma precedente, i figli nei cui confronti non si verifichino gli effetti del matrimonio valido, hanno lo stato di figli naturali riconosciuti, nei casi in cui il riconoscimento è consentito». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014. L'art. 1, comma 11, l. 10 dicembre 2012, n. 219, aveva sostituito alle parole «figli legittimi» e «figli naturali», le parole «figli».

Inquadramento

Il matrimonio putativo è un vincolo matrimoniale che produce gli effetti del matrimonio valido fino alla pronunzia della sentenza di invalidità. Ciò perché, diversamente  da quanto previsto in materia contrattuale, il matrimonio nullo non è di per sé inefficace, ma lo diviene solo in seguito al passaggio in giudicato della sentenza (Nicolò, Matrimonio putativo, in Commentario al diritto italiano della famiglia, diretto da Gian, Oppo, Trabucchi, II, sub artt. 128 sa., Padova, 1992, 388 ss.). L'art. 128 c.c. introduce nel codice civile una  disciplina  ad hoc: il regime giuridico è stato da ultimo modificato dal d.lgs. n. 154/2013 che ha, tra l'altro, come noto, unificato unificato lo status dei figli, riconoscendo loro medesimi diritti, a prescindere dal fatto che la filiazione abbia avuto origine all'interno o fuori dal matrimonio. Il principio di unicità dello status dei figli coagula, oggi, dunque, anche la norma in rassegna. Il matrimonio è «putativo» quando è creduto valido da entrambi i nubendi (matrimonio putativo in favore di entrambi coniugi), da uno solo degli sponsali (matrimonio putativo in favore di uno dei coniugi) o quando la validità è ritenuta tale per la prole (matrimonio putativo in favore dei figli). La particolarità che contraddistingue la disciplina del matrimonio putativo consiste nella deroga introdotta dall'istituto de quo alla regola generale di efficacia ex tunc della pronuncia di nullità, idonea a caducare tutti gli effetti del negozio (quod nullum est nullum producit effectum).

Nella fattispecie in rassegna, la declaratoria di nullità ha, dunque, effetti ex nunc al punto da poter essere assimilata a una pronuncia di scioglimento del vincolo (Sesta, 429).

I casi di matrimonio putativo

La disciplina del matrimonio putativo prende in considerazione diverse ipotesi. La prima è quella dei coniugi che, al momento del matrimonio, ignoravano la causa di nullità e versavano, dunque, in buona fede. In questo caso, se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità. Una seconda ipotesi è quella dei coniugi il cui consenso è stato estorto con violenza o determinato da timore di eccezionale gravità derivante da cause esterne agli sposi: anche in questo caso, se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono, in favore dei coniugi, fino alla sentenza che pronunzia la nullità. In entrambi i casi, non versando gli sponsali in mala fede, il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido rispetto ai figli.

È bene rilevare come, nell'ultima fattispecie considerata, non può dirsi che gli sposi ignorassero la causa della nullità; ciò nondimeno, il legislatore ha inteso equiparare questo caso al primo così assegnando rilevanza, nella disciplina del matrimonio putativo, non solo alla buona fede tout court ma anche alla mancanza di rimproverabilità dei coniugi (Cian, Trabucchi, 223) rispetto al motivo invalidante. Una terza ipotesi è quella in cui solo uno dei coniugi fosse in buona fede, mentre l'altro fosse a conoscenza della causa di nullità: in questo caso, se il matrimonio è dichiarato nullo, gli effetti del matrimonio valido si producono fino alla sentenza che pronunzia la nullità ma solo in favore del coniuge in buona fede e dei figli. Sussiste, poi, un'ultima ipotesi: quella in cui entrambi i coniugi abbiano contratto il matrimonio in mala fede. In questo caso, nessuno dei coniugi può beneficiare della disciplina del putativo e il matrimonio dichiarato nullo ha gli effetti del matrimonio valido solo rispetto ai figli nati o concepiti durante lo stesso, e purché la nullità non dipenda da incesto (prima della modifica apportata dal d.lgs. 154/2013, ostava agli effetti del putativo anche il fatto che i figli fossero nati da matrimonio contratto in violazione del divieto di bigamia).

La disciplina del matrimonio putativo si applica anche al vincolo matrimoniale concordatario (Cass. n. 15558/2011). Non opera, però, al cospetto di un matrimonio inesistente, tale essendo quello non riconoscibile in alcun modo come unione matrimoniale (si pensi al caso paradossale della persona che contragga matrimonio con sé stessa; all'unione celebrata segretamente in casa dai soli sponsali; al vincolo celebrato da persona con soggetto defunto). L'inesistenza è, cioè, categoria caratterizzata dalla oggettiva impossibilità di rintracciare alcun elemento strutturale minimo per affermare la riconoscibilità dell'unione; negli altri casi, il matrimonio è invece nullo o annullabile; magari irregolare, ma non inesistente. La Suprema Corte, al riguardo, ha avuto modo di precisare che il matrimonio è invalido e non inesistente quando si riscontri la sussistenza dei requisiti minimi per la giuridica configurabilità del matrimonio medesimo, e cioè la manifestazione di una volontà matrimoniale da parte degli sponsali espressa in presenza di un ufficiale celebrante, verificandosi, per converso, una situazione di inesistenza nella sola ipotesi in cui risulti «in radice» esclusa ogni possibilità di assegnare effetti ad un fatto non riconducibile nello schema del rapporto matrimoniale per totale assenza di quella realtà fenomenica che costituisce la base naturalistica della fattispecie (Cass. n. 7877/2000). La disciplina del matrimonio putativo, inoltre, ai fini del riparto dell'onere della prova risulta applicabile il criterio generale di cui all'art. 1147 c.c., dovendosi presumere, agli effetti dell'art. 128 c.c., la buona fede dei nubendi nel momento della celebrazione. Ciò comporta che he l'onere di provare la mala fede del nubendo, ed in conseguenza l'inefficacia del matrimonio nullo anche sotto il profilo della putatività, incombe a colui che lo allega ed ha interesse a dimostrare l'assenza di buona fede (Cass. n. 33409/2021);

Delibazione della sentenza ecclesiastica di nullità

Si è fatto cenno alla giurisprudenza di Cassazione in materia di nullità pronunciata dal giudice ecclesiastico. Secondo questo orientamento consolidato, gli eredi del coniuge deceduto non sono legittimati a proporre la domanda di delibazione della sentenza ecclesiastica che ha dichiarato la nullità del matrimonio religioso in quanto, diversamente da quanto stabilito dalla previgente disciplina, il procedimento non ha natura officiosa e la titolarità del potere di chiedere la delibazione della pronuncia ecclesiastica spetta esclusivamente a coloro i quali, secondo l'ordinamento italiano, sono legittimati a promuovere l'azione di impugnazione del matrimonio prevista dal cod. civ., non rilevando, in contrario, che nell'ordinamento ecclesiastico gli eredi del coniuge deceduto siano invece legittimati ad instaurare il giudizio di nullità del matrimonio religioso, in quanto questa legittimazione non può fondare la legittimazione alla proposizione della domanda di delibazione (Cass. n. 22514/2004). La buona fede si presume fino a prova contraria in virtù del principio fissato per il possesso dall'art. 1147, ma applicabile a tutti i negozi giuridici (Cass. n. 2077/1985).

Effetti

Gli effetti del matrimonio putativo operano selettivamente riguardo al solo coniuge in buona fede e ai figli, purché non generati da incesto. In particolare, in caso di pronuncia di nullità (che sia passata in giudicato) le condizioni per l'affidamento ed il mantenimento della prole, sono disciplinate dagli artt. 337-bis ss.

Gli effetti che derivano dal matrimonio putativo non sono, però, solo sostanziali ma anche processuali: si determina, infatti, non solo l'applicabilità della disciplina sostanziale, ma anche di quella processuale a quest'ultima norma sottesa e quindi anche la possibilità di ricorrere alle disposizioni contenute nel codice di rito per la modifica delle condizioni fissate dal giudice (Cass. n. 2728/1995); revisione, peraltro, ammessa in via generale riguardo ai figli dall'art. 337-quinquies. La circostanza, poi, che non sia stato adottato alcun provvedimento circa il mantenimento della prole non esclude la possibilità di ricorrere alla procedura di revisione (Cass. n. 4470/1977; Cass. n. 2514/1983).

Unione civile

La norma in esame si applica anche all'unione civile, atteso il richiamo contenuto nell'art. 1 comma 20, l. n. 76/2016.

Bibliografia

Cian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Sesta ( a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015.

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