Codice Civile art. 181 - Rifiuto di consenso (1).Rifiuto di consenso (1). [I]. Se uno dei coniugi rifiuta il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto, l'altro coniuge può rivolgersi al giudice [38 2 att.] per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lettera d) dell'articolo 177 fa parte della comunione. (1) Articolo così sostituito dall'art. 60 l. 19 maggio 1975, n. 151. L'art. 55 della stessa legge, ha modificato l'intitolazione di questa Sezione e soppresso la suddivisione in paragrafi. InquadramentoL'amministrazione condivisa dei beni oggetto della comunione può comportare inconvenienti di fatto: in particolare, è possibile che uno dei coniugi rifiuti il consenso per la stipulazione di un atto di straordinaria amministrazione o per gli altri atti per cui il consenso è richiesto. La stasi della macchina d'amministrazione può essere risolta da ciascuno dei coniugi, mediante ricorso al giudice per ottenere l'autorizzazione nel caso in cui la stipulazione dell'atto è necessaria nell'interesse della famiglia o dell'azienda che a norma della lettera d) dell'art. 177 fa parte della comunione. La norma predica, per l'intervento del giudice, la “necessità” dell'operazione negoziale non essendo, dunque, sufficiente, la mera convenienza o opportunità della stipula. Superamento del rifiutoL'art. 181, in tema di amministrazione dei beni della comunione legale fra coniugi, prevede l'emanazione di provvedimenti autorizzativi, nell'ambito di un procedimento non contenzioso (art. 737 ss. c.p.c.), al fine di superare il rifiuto di consenso che uno dei coniugi frapponga al compimento di atti di straordinaria amministrazione od alla stipula di contratti per la concessione o per l'acquisto di diritti reali di godimento, e non è pertanto invocabile dal coniuge che, sostituendosi all'altro nell'azione nascente da un contratto preliminare, intenda conseguire ex art. 2932 una sentenza sostitutiva del contratto definitivo non concluso (Cass. n. 9513/1991). La norma in esame è applicabile all'esercizio del diritto di prelazione e a quello sussidiario di riscatto, nel caso in cui i coniugi gestiscano un'azienda agricola in virtù di contratto agrario stipulato da uno solo di essi (Cass. n. 5201/ 1987). Si tratta di uno strumento a carattere rimediale con la funzione di evitare che l'amministrazione dei beni della comunione si paralizzi per effetto del solo rifiuto di uno dei coniugi. D'altro canto, non ogni argomento è sufficiente per superare il rifiuto: deve ricorrere il requisito della “necessità” dell'atto che si vuole compiere. L'istituto in rassegna ha affinità con quello tipizzato nell'art. 145 e con questo ne condivide la scarsa applicazione. In entrambi i casi, l'accesso allo strumento rimediale è consentito purché tra i coniugi non sia venuta meno la comunione legale: quanto a dire, per il giudizio giudiziale, finché non si sia celebrata l'udienza fissata per la comparizione delle parti ex art. 473- bis.21 c.p.c., alla quale abbiano fatto seguito i provvedimenti di cui all'art. 473- bis.22 c.p.c. BibliografiaCian, Trabucchi (a cura di), Commentario breve al codice civile, Padova, 2011; Sesta (a cura di), Codice della famiglia, Milano, 2015. |