Codice Civile art. 471 - Eredità devolute a minori o interdetti.

Mauro Di Marzio

Eredità devolute a minori o interdetti.

[I]. Non si possono accettare le eredità devolute ai minori [2, 320] e agli interdetti [414], se non col beneficio d'inventario [489], osservate le disposizioni degli articoli 321 e 374.

Inquadramento

La disposizione in commento e l'art. 472 dispongono che le eredità devolute a minori ed interdetti, ovvero a minori emancipati o inabilitati, non possono essere accettate se non con beneficio di inventario, osservate, quanto ai primi, le disposizioni degli artt. 320 e 374 e, quanto ai secondi, le disposizioni dell'art. 394. Se, dunque, la generalità dei chiamati all'eredità può scegliere tra l'accettazione pura e semplice, quella beneficiata e la rinuncia, i minori, anche se emancipati, gli interdetti e gli inabilitati non possono optare che per l'accettazione beneficiata o per la rinuncia all'eredità. 

E, ove non vi sia stata rinuncia del legale rappresentante, il minore, una volta raggiunta la maggiore età, non ha facoltà di rinunciare, ma solo di erigere l’inventario (Cass. n. 15267/2019).

La dottrina, in proposito, ha chiarito che un'accettazione pura e semplice compiuta da uno dei soggetti indicati, a mezzo del legale rappresentante o con l'intervento del curatore sarebbe non già annullabile, ma radicalmente nulla (Cicu, in Tr. C. M., 197; Natoli 188; Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 243), vertendosi in ipotesi di vera e propria incapacità giuridica (Ferri, in Comm. S. B., 251).

La giurisprudenza ha analogamente affermato che, siccome le eredità devolute ai minori non si possono accettare se non col beneficio di inventario, che è atto espresso e solenne, l'accettazione tacita che il loro rappresentante legale facesse sarebbe, in quanto pura e semplice (com'è sempre l'accettazione tacita), radicalmente invalida e priva di ogni effetto, non conferendo ai minori la qualità di eredi e lasciando, peraltro, intatta la facoltà — da esercitarsi nel termine di prescrizione di cui all'art. 480, a seconda dei casi, dal rappresentante legale o dai medesimi minori, una volta divenuti maggiorenni — di accettare col beneficio d'inventario o, nel secondo caso, anche puramente e semplicemente, ovvero di rinunciare (Cass. n. 21456/2017; Cass. n. 2276/1995; Cass. n. 1267/1986; Cass. n. 5327/1981).

Le diverse fattispecie

Poiché l'art. 471, disponendo che le eredità devolute ai minori e agli interdetti non si possono accettare se non con beneficio di inventario, esclude che il rappresentante legale dell'incapace possa accettare l'eredità in modo diverso da quello prescritto dall'art. 484, l'accettazione tacita, fatta con il compimento di uno degli atti previsti dall'art. 476, non rientra nel potere del rappresentante legale e perciò non produce effetti giuridici nei confronti dell'incapace (Cass. n. 5111/2009; Cass. n. 2211/2007).

È pacifico, inoltre, che nei confronti degli incapaci non opera il meccanismo di acquisto automatico della qualità di erede che discende dal possesso di beni ereditari prolungatosi per oltre tre mesi, ex art. 485, o dalla sottrazione di beni dell'eredità, ex art. 527. Né l'incapace può divenire erede puro e semplice per effetto di decadenza dal beneficio di inventario, se non nei limiti previsti dall'art. 489 (Cass. n. 9142/1993).

Diversa dall'ipotesi di accettazione pura e semplice o di decadenza dal beneficio, è quella in cui il legale rappresentante dell'incapace abbia accettato l'eredità devoluta al minore con beneficio di inventario in mancanza delle autorizzazioni previste dalla legge. Si ammette, in proposito, che l'accettazione è annullabile e che l'annullamento può essere richiesto entro il quinquennio dalla conseguita capacità (Prestipino, 191; Ferri, in Comm. S. B.,253). Ma l'annullamento non importa rinuncia all'eredità e non impedisce una nuova accettazione (Ferri, in Comm. S.B., 253).

I genitori del minore che esercitano congiuntamente la potestà devono, ai sensi dell'art. 320, richiedere al giudice tutelare l'autorizzazione a rinunciare e ad accettare l'eredità. L'autorizzazione va chiesta da entrambi i genitori, poiché l'accettazione dell'eredità è certo un atto eccedente l'ordinaria amministrazione. In caso di inerzia, trova applicazione l'art. 321, che prevede la nomina di un curatore speciale. In mancanza di autorizzazione, l'accettazione è annullabile, ai sensi dell'art. 322. Ed all'azione di annullamento si ritengono applicabili, per analogia, i termini fissati per la corrispondente azione in campo contrattuale (art. 1442) e testamentario (art. 606) (Ferri, in Comm. S.B., 254). Allo stesso modo, il tutore del minore o dell'interdetto deve richiedere l'autorizzazione ad accettare al giudice tutelare, ai sensi dell'art. 374. Eguale la sanzione di annullabilità, ai sensi dell'art. 377.

I minori emancipati e gli inabilitati accettano essi stessi l'eredità con beneficio, ma devono farlo con l'assistenza del curatore, poiché l'accettazione è atto di amministrazione straordinaria, ex art. 394. In difetto, è data l'azione di annullamento, su istanza del minore o dell'inabilitato o dei suoi eredi o aventi causa, ex art. 396.

Merita infine rammentare che non vi è un testuale obbligo normativo di accettare l'eredità con beneficio d'inventario per il soggetto sottoposto ad amministrazione di sostegno (Onofri, 880). Dal rinvio fatto dall'art. 411 all'art. 374, in tema di tutela, si desume infatti che l'accettazione dell'eredità è necessariamente sottoposta all'autorizzazione del giudice tutelare: ma non è detto che l'accettazione debba essere effettuata con beneficio d'inventario e non puramente e semplicemente. Il fatto è che, alla luce dell'art. 409, occorrerà valutare caso per caso se il beneficiario, tenuto conto delle sue condizioni e delle circostanze del caso (eredità plausibilmente ampiamente attiva; eredità gravata da passività), possa essere autorizzato ad accettare l'eredità puramente e semplicemente ovvero con beneficio d'inventario.

In giurisprudenza, si trova per un verso affermato che l'amministratore di sostegno di un soggetto affetto da insufficienza mentale grave e schizofrenia va autorizzato ad accettare in nome e per conto del beneficiario l'eredità del padre con beneficio di inventario (Giudice tutelare Roma 6 aprile 2005). Per altro verso è stato detto che l'amministratore di sostegno può essere autorizzato dal giudice tutelare ad accettare l'eredità devoluta all'interessato, senza che gli sia anche imposta l'accettazione con beneficio d'inventario (Trib. Pordenone 4 giugno 2000).

L'accettazione dell'eredità devoluta al fallito

La disciplina dell'accettazione di eredità devolute a incapaci è stata talora presa a modello per trarne argomento ai fini della risposta al quesito se spetti al fallito l'accettazione dell'eredità devolutagli e se essa possa essere accettata puramente e semplicemente, ovvero debba essere accettata con beneficio di inventario.

Avuto riguardo all'art. 35 r.d. n. 267/1942, (per la nuova disciplina v. art. 132, d.lgs. n. 14/2019 “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”), occorre chiedersi se si debba distinguere secondo che la successione si sia aperta, e dunque la delazione si sia realizzata, prima o dopo la sentenza dichiarativa di fallimento.

In proposito è stato detto che se trattasi di successioni aperte prima della dichiarazione di fallimento, il diritto di accettazione fa parte dei rapporti di diritto patrimoniale, compresi nel fallimento, e, pertanto, il diritto di accettazione compete al curatore (Andrioli, 405). Viceversa, se la successione è aperta successivamente alla dichiarazione di fallimento dell'erede, il diritto di accettazione è estraneo al fallimento e i singoli beni (non l'universum ius) che al debitore pervengono a seguito dell'esercizio di quel diritto possono essere acquisiti dal curatore (Andrioli, 405).

Il citato art. 35 non sembra tuttavia consentire una simile distinzione, che, difatti, è respinta dalla prevalente dottrina (Ricci, 157). Il potere di accettare l'eredità non accettata dal fallito va infatti riferito sia all'ipotesi in cui il diritto di accettare l'eredità appartenga al fallito alla data di apertura del fallimento, sia all'ipotesi in cui la eredità pervenga al fallito successivamente. È dunque derogata la regola, secondo la quale il curatore non può acquisire all'oggetto della procedura e al patrimonio del fallito i beni acquisibili da quest'ultimo, quando il potere di acquisizione sorge in capo al fallito in pendenza di fallimento (Ricci, 157).

Secondo un'opinione ribadita il potere di accettare l'eredità da parte del curatore, previsto dall'art. 35  r.d. n. 267/1942, cit., costituisce manifestazione dell'amministrazione sostitutiva del patrimonio del fallito spettante al curatore (Ferri, in Comm. S.B., 247). Secondo altri il curatore agirebbe in sostituzione non del fallito, ma dei suoi creditori, avvalendosi del diritto d'impugnazione della rinuncia all'eredità secondo la previsione dell'art. 524 (Cicu, in Tr. C.M., 166; in giurisprudenza Trib. Napoli 15 ottobre 2003; Trib. Milano 11 novembre 1996). Tale ricostruzione valorizza, non senza fondamento, le implicazioni di natura non patrimoniale del diritto di accettare l'eredità, che, come tale non ricadrebbe nel patrimonio fallimentare e, dunque, non potrebbe essere esercitato dal curatore. Perciò, in caso di accettazione del fallito, la procedura acquisirebbe i beni sopravvenuti in applicazione dell'art. 42, commi 2 e 3, r.d. n. 267/1942. Al contrario, in mancanza di tale accettazione, il curatore dovrebbe avvalersi dell'actio interrogatoria di cui all'art. 481, ottenendo così o l'accettazione o la decadenza dal diritto di accettare, con la conseguente impugnazione di cui all'art. 524. Il menzionato art. 35, dunque, farebbe riferimento all'accettazione in vece del rinunziante.

Si è obbiettato che l'autorizzazione di cui il curatore deve munirsi per poter accettare l'eredità devoluta al fallito, ai sensi dell'art. 35, non può essere posta sul medesimo piano dell'autorizzazione ad accettare l'eredità prevista dall'art. 524  (Montanari, 833).

Posto che l'art. 35 attribuisce al curatore fallimentare il potere di effettuare l'accettazione dell'eredità devoluta al fallito, facendo sì che quest'ultimo acquisti la qualità di erede, occorre anche stabilire se tale potere sottragga al chiamato all'eredità fallito il potere che altrimenti gli spetterebbe di accettare. È stato in proposito osservato che l'insorgenza, in capo al fallito, del diritto potestativo di accettare l'eredità sarebbe assunta dalla legge come presupposto per l'attribuzione al curatore di un diritto contenutisticamente identico ma, al contempo, destinato a rapportarsi al diritto di cui è titolare il fallito come situazione soggettiva distinta e autonoma, concorrente con quella del fallito ai fini della produzione dei medesimi effetti giuridici (Ricci, 157).

Una volta riconosciuto che il curatore fallimentare è titolare del potere di accettare l'eredità devoluta al fallito, resta da chiedersi se questi, oltre a poter rinunciare, abbia la scelta tra l'accettazione pura e semplice e quella beneficiata, oppure sia tenuto ad accettare con beneficio di inventario.

In un remoto precedente la S.C. ha fatto riferimento alla disciplina comune dell'accettazione di eredità da parte dei rappresentanti legali degli incapaci, sicché l'accettazione non può che essere di tipo beneficiato (Cass. n. 3218/1938). A questa soluzione, la quale prescinde dall'osservazione che il fallito non appartiene alla schiera dei soggetti legalmente incapaci si è opposta la considerazione che la disciplina prescritta per gli incapaci si pone in rapporto di eccezione rispetto alla regola generale della libertà di scelta dei modi di accettazione dell'eredità (Busani, 1180).

Secondo la tesi più diffusa il curatore dovrebbe necessariamente accettare con beneficio d'inventario. Tale affermazione trova fondamento sulla considerazione degli effetti che l'accettazione pura e semplice provocherebbe, ossia il concorso sul medesimo patrimonio, ormai confuso per effetto dell'accettazione, dei creditori del defunto con i creditori del fallito, e viceversa. E, naturalmente, se si riconosce che il curatore può accettare soltanto con beneficio di inventario, deve parimenti negarsi la configurabilità di un'accettazione tacita posta in essere dal curatore. Tale soluzione si trova talora accolta in giurisprudenza, la quale ha affermato che il curatore fallimentare può accettare l'eredità devoluta al fallito solamente con il beneficio d'inventario: pertanto l'eredità devoluta ai falliti non può essere accettata dal curatore del fallimento per facta concludentia (Trib. Velletri 2 marzo 1992). Dovrebbe viceversa ammettersi, secondo un diverso punto di vista, l'accettazione tacita dell'eredità da parte del curatore (Cass. n. 2314/1963).

Bibliografia

Andrioli, Fallimento (dir. priv. e dir. proc. civ.), in Enc. Dir, XVI, Milano, 1967, 405; Busani, L'accettazione ereditaria del fallito, in Fall. 1992, 1176; Cariota-Ferrara, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1991; D'Auria, Sull'atipicità dell'atto di fondazione istituita per testamento, in Riv. dir. civ. 2009, 737; De Nova, Novelle e diritto successorio: l'accettazione di eredità beneficiata degli enti non lucrativi, in Riv. not. 2009, 1; Giannattasio, Delle successioni. Successioni testamentarie, Torino, 1961; Montanari, Fallimento e vicende successorie per causa di morte relative all'imprenditore assoggettato alla procedura, in Fam. pers. e succ. 2008, 833; Natoli, L'amministrazione dei beni ereditari, I, L'amministrazione durante il periodo antecedente all'accettazione dell'eredità, Milano, 1968; Onofri, Riflessi di diritto successorio dell'amministrazione di sostegno, in Riv. not. 2005, 880; Padovini, Per l'abrogazione dell'art. 473 del codice civile: una proposta, in Riv. not. 2009, 737; Prestipino, Delle successioni in generale, in Comm. c.c., diretto da De Martino, Roma, 1981; Ricci, Lezioni sul fallimento, II, Milano, 1998.

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