Codice Civile art. 477 - Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione.

Mauro Di Marzio

Donazione, vendita e cessione dei diritti di successione.

[I]. La donazione, la vendita o la cessione, che il chiamato all'eredità faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, importa accettazione dell'eredità [476].

Inquadramento

Nella disposizione in commento e nel successivo art. 478 è stabilito, rispettivamente, che importano accettazione dell'eredità la donazione, vendita e cessione dei diritti di successione nonché la rinuncia ai diritti di successione.

Secondo una prima opinione, le due disposizioni si configurano quali ipotesi legali di accettazione tacita dell'eredità. I comportamenti del chiamato contemplati da tali norme non vanno cioè scrutinati sotto il profilo della ricorrenza del requisito enucleato dall'art. 476 — la necessaria implicazione tra l'atto, che il chiamato non avrebbe il diritto di fare se non nella qualità di erede, e la volontà di accettare —, dal momento che è la stessa legge a stabilire che tali comportamenti importano automaticamente accettazione, indipendentemente dalla verifica della concreta volontà di accettare (per tutti Ferri, in Comm. S.B., 283). Altri, prendendo atto dell'automatismo dell'accettazione contemplata dagli artt. 477 e 478, senza alcun vincolo di riscontro della volontà del chiamato, pervengono alla conclusione che non di accettazione tacita si tratterebbe, pensi di un'ipotesi di accettazione c.d. presunta (per tutti Giannattasio, 117). Altri obiettano che gli atti previsti dagli artt. 477 e 478 non potrebbero inquadrarsi entro la previsione dell'art. 476, quali atti di accettazione tacita, attesa la loro equivocità, sicché il senso del combinato disposto delle due norme starebbe nel sancire il principio dell'indisponibilità della delazione, giacché, in mancanza delle due disposizioni, il compimento degli atti ivi previsti potrebbe essere inteso quale disposizione del solo diritto di accettare (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 284).

Analoghe considerazioni paiono svolte in una remota pronuncia in cui si legge che la qualità di erede si acquista «solo per legge o per testamento e non può formare oggetto di trasmissione; questa può riguardare la proprietà sulle cose ereditarie ed importa quale atto di disposizione, accettazione tacita dell'eredità» (Cass. n. 916/1946). Sul medesimo tema la S.C. risulta aver in un'occasione preso consapevolmente posizione nel senso della dottrina dell'accettazione c.d. presunta (Cass. S.U. , n. 454/1973).

Al centro dell'interesse della giurisprudenza, peraltro, indipendentemente dalla qualificazione dell'accettazione con l'accettazione presunta, è la constatazione che le norme in esame sollevano il giudice dall'obbligo di stabilire se si tratti di comportamenti tali da comportare accettazione nel quadro di applicazione delle regole stabilite dal precedente art. 476 (Cass. n. 19598/2004).

L'art. 477 è congegnato in modo tale da riferirsi a tutti i contratti bilaterali, a titolo oneroso e gratuito. Si è in proposito osservato che, oltre alla vendita e donazione, la norma fa riferimento alla cessione intendendo includervi qualunque ulteriore negozio dispositivo (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 288), compreso il contratto preliminare in quanto suscettibile di esecuzione ai sensi dell'art. 2932 (Giannattasio, 119). Va tuttavia precisato che non rientrano nella previsione gli atti concernenti singoli beni ereditari, ma solo quelli che riguardano l'intera eredità o una sua quota (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 285). Neppure rilevano le c.d. donazioni indirette, richiedendosi la sussistenza dei requisiti di forma normativamente previsti per gli atti di liberalità (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 287; contra Ferri, in Comm. S.B., 291, secondo cui anche una donazione nulla perché conclusa per scrittura privata può rilevare quale accettazione tacita). Resta inteso che solo la donazione (e non anche la rinuncia) importa accettazione dell'eredità, essendo la rinunzia gratuita consentita alla stregua della disposizione di cui all'art. 519, comma 2. Tuttavia, poiché può esservi una donazione unilaterale (art. 782), nonché una rinunzia inserita in un atto di natura bilaterale (si immagini il caso in cui i chiamati in luogo del rinunciante partecipino all'atto accettando l'eredità), può rendersi necessaria un'indagine volta a verificare il collegamento delle singole manifestazioni di volontà al fine di stabilire se si tratti di una vera e propria pattuizione contrattuale.

Quanto all'art. 477, è stato osservato che la rinunzia dietro corrispettivo, o a favore di alcuni soltanto dei chiamati, dà luogo ad un negozio bilaterale, utilizzato per conseguire un vantaggio o per beneficiare determinati soggetti, in deroga ai principi della devoluzione dell'eredità in caso di rinunzia (Palazzo, 254). Secondo alcuni l'art. 478 si riferisce anche agli atti unilaterali di rinuncia che siano interpretabili come proposta contrattuale di donazione a favore di alcuni o di vendita a favore di tutti o parte dei chiamati, o come accettazione di precedente proposta, o ancora come adempimento di precedente impegno assunto per contratto (Grosso e Burdese, in Tr. Vas., 289).

Esiguo il dato giurisprudenziale. È stato affermato che l'erede legittimo che non abbia partecipato al giudizio, promosso dagli altri eredi legittimi, diretto a far dichiarare la decadenza del (diverso soggetto) chiamato con testamento dal diritto di accettare l'eredità, qualora convenga in via transattiva di rinunciare agli effetti della sentenza a fronte dell'attribuzione in proprietà di immobili facenti parte dell'asse ereditario, non si limita a rinunciare a «a far valere la decadenza», in quanto il potere così esercitato afferisce comunque ad un diritto sull'eredità, almeno vantato in quanto chiamato, e quindi a lui appartenente perché espressivo del diritto di accettare quell'eredità: perciò la rinuncia dedotta in transazione non è avulsa dalla qualità di erede legittimo, sicché quanto ricevuto in sede transattiva costituisce tacitazione non già della rinunzia a far valere la decadenza, ma del diritto a succedere in via legittima al de cuius e, quindi, esercizio di tale diritto (Cass. n. 11213/2007). È stato inoltre stabilito che, mentre la rinunzia pura e semplice all'eredità è un atto unilaterale, la rinunzia mediante corrispettivo, prevista dall'art. 478 c.c., si risolve in un'alienazione onerosa dei diritti ereditari, che ha natura di negozio giuridico bilaterale (Cass. n. 225/1960). In altra occasione è stato tuttavia affermato che la rinuncia alla successione fatta verso corrispettivo, pur importando accettazione dell'eredità, non perde la figura giuridica di rinuncia, che può essere impugnata solo nel caso di violenza o dolo, ed esclude dalla divisione dei beni il rinunciante (Cass. n. 993/1947).

Bibliografia

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