Codice Civile art. 1398 - Rappresentanza senza potere.

Cesare Trapuzzano
aggiornato da Rossella Pezzella

Rappresentanza senza potere.

[I]. Colui che ha contrattato come rappresentante senza averne i poteri o eccedendo i limiti delle facoltà conferitegli, è responsabile del danno che il terzo contraente ha sofferto per avere confidato senza sua colpa nella validità del contratto [1338, 1890 2] (1).

(1) V. art. 11 r.d. 14 dicembre 1933, n. 1669; art. 14 r.d. 21 dicembre 1933, n. 1736.

Inquadramento

Il soggetto che abbia agito quale rappresentante pur senza averne i poteri, ossia in difetto di potere, ovvero che abbia agito oltrepassando i limiti dei poteri conferiti, ossia in eccesso di potere, rientra nella figura del falsus procurator (Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, 565). Il suo agire illegittimo, per un verso, determina l'inefficacia del contratto concluso con il terzo e, per altro verso, implica la responsabilità risarcitoria in favore del terzo medesimo. Secondo un autore ricorre la fattispecie del difetto di potere quando l'atto di conferimento si riveli invalido o ne siano venuti meno gli effetti per decorrenza dei termini o per successiva revoca, mentre ricorre la fattispecie dell'eccesso di rappresentanza quando il sostituto abbia agito al di là dei poteri conferitigli (Furgiuele, voce Ratifica, in Enc. giur., 1991, 2). In base ad altra ricostruzione si tratta in realtà di un unico fenomeno, ossia di un'attività svolta nel nome e per conto di un altro soggetto senza aver ricevuto il conferimento della relativa facoltà di rappresentanza; infatti in entrambe le ipotesi ricorre atto che non può essere ricondotto alla sfera giuridico-patrimoniale del rappresentato, poiché questi non ha disposto che il rappresentante possa compierlo in suo luogo (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 394). Dall'eccesso di potere si distingue l'abuso del potere rappresentativo, che si realizza quando sia stato integrato un conflitto di interessi tra rappresentato e rappresentante, il quale, pur nel rispetto dei limiti formali dell'incarico conferito, nella sostanza e in concreto compia atti contrastanti con la tutela dell'interesse del rappresentato (Santoro Passarelli, 289). Così ove il rappresentato abbia rilasciato procura al rappresentante per la vendita di un bene al miglior offerente per un prezzo non inferiore a 100, si ha eccesso quando il rappresentante alieni il bene al corrispettivo di 90 mentre si ha abuso quando il rappresentante alieni il bene in favore di un terzo al prezzo di 110, pur avendo ricevuto altra offerta di 150. Il contratto perfezionato dal terzo con il rappresentante che acceda dai poteri spettanti è inefficace; il contratto perfezionato dal terzo con il rappresentante che abusi dei poteri spettanti è annullabile, purché il conflitto d'interessi sia conosciuto o conoscibile dal terzo. Qualora il soggetto che contratta con il terzo non abbia speso il nome del falso rappresentato non si realizza la fattispecie descritta dalla norma; nondimeno tale soggetto incorrerà nella stessa responsabilità individuata dalla norma (De Nova, in Tr. Res. 1988, 404; contra Cariota Ferrara, Il negozio giuridico nel diritto privato italiano, Napoli, 1949, 700). La disciplina sul contratto stipulato dal rappresentante senza potere è applicabile anche agli atti negoziali unilaterali (Romano, Responsabilità del falsus procurator per gli atti unilaterali, in Foro pad. 1971, I, 251; Cian, Tutela della controparte di fronte all'annullamento o alla ratifica del negozio, in Riv. dir. civ. 1973, I, 544; Bianca, 117; De Nova, in Tr. Res. 1988, 404), ma non agli atti non negoziali, rispetto ai quali non ricorre una manifestazione di volontà funzionale alla produzione dei corrispondenti effetti (Mirabelli, Comm. Utet 1984, 404).

Secondo la S.C. affinché possa aversi un contratto concluso dal falsus procurator, è necessario che questi abbia speso il nome del falso rappresentato (Cass. n. 2494/1992; Cass. n. 3020/1981). Ove non vi sia stata spendita del nome del rappresentato, non ricorre l'ipotesi regolata dalla norma e non può esservi ratifica (Cass. n. 1219/1993; Cass. n. 13166/1992).

E così il soggetto che firmi una dichiarazione negoziale con un nominativo altrui, lasciando apparire quest'ultimo come autore della medesima, non assume in proprio la paternità della stessa (sia pure nella veste di falsus procurator di colui al quale la sottoscrizione si riferisce), con la conseguenza che, non ricorrendo i presupposti per la ratifica, il contratto deve ritenersi nullo per difetto del consenso (Cass. n. 3265/2024Cass. n. 27008/2020).   In senso contrario, si è affermato di recente che il contratto a cui sia stata apposta la firma apocrifa del legale rappresentante della società apparentemente firmataria è privo di effetti nei confronti della società stessa, ma può essere recepito nella sua sfera giuridica, in applicazione analogica del disposto dell'art. 1399 c.c..  I n particolare, si è  osservato   che  t ale ipotesi è assimilabile ad una spendita indebita del nome della società stessa, alla quale è possibile applicare in via analogica la disciplina della rappresentanza diretta (Cass. n. 5479/2023nello stesso senso v. Cass. n. 22891/2016).

La fattispecie è stata applicata anche con riferimento all'ipotesi in cui sia speso il nome di società non ancora costituita (Cass. n. 2127/1989). Per l'applicabilità della norma anche ai negozi unilaterali propende pure la giurisprudenza (Cass. n. 6075/1995; Cass. n. 3596/1969). Si ritiene che la figura possa essere integrata anche in caso di rappresentanza organica (Cass. n. 29825/2019 ; Cass. n. 2681/1993; Cass. n. 1594/1987; Cass. n. 204/1983).

L'inefficacia del contratto

Il contratto concluso dal falsus procurator non è né inesistente né nullo né annullabile, nonostante la norma si riferisca espressamente alla validità (rectius invalidità), ma inefficace; e ciò perché il contratto è perfetto e il vizio è esterno, incidendo esso sulla legittimazione, che non sussiste al momento della conclusione del contratto, ma può sopravvenire in seguito a ratifica (Carresi, in Tr. C. M. 1987, 275; Scognamiglio, in Tr. G. S.-P. 1980, 80; Messineo, Applicabilità degli artt. 1390-1391 al rappresentante legale dell'incapace?, in Riv. trim. dir. proc. civ. 1956, 394). Nella prospettiva dinamica del collegamento con la potenziale successiva ratifica la categoria dell'inefficacia in cui ricade il contratto è stata specificata da alcuni autori, che prospettano un'ipotesi di efficacia sospesa (Santoro Passarelli, 292) ovvero evidenziano che l'atto è privo di un requisito di efficacia (Bianca, 112). Secondo una tesi minoritaria il contratto concluso dal rappresentante senza potere sarebbe privo di rilevanza giuridica e quindi invalido, poiché la deficienza di potere costituirebbe mancanza di un elemento essenziale per l'agire rappresentativo (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 395).

La giurisprudenza prevalente aderisce alla tesi della dottrina maggioritaria, sostenendo che il contratto concluso dal rappresentante senza poteri è inefficace (temporaneamente); segnatamente si tratta di negozio a formazione successiva e soggettivamente complessa o in itinere o in stato di pendenza che produce i suoi effetti con la ratifica (Cass. n. 24643/2014; Cass. n. 24133/2013; Cass. n. 14618/2010; Cass. n. 27399/2009; Cass. n. 2860/2008; Cass. n. 3872/2004; Cass. n. 14944/2001; Cass. n. 1708/2000; Cass. n. 410/2000; Cass. n. 11396/1999; Cass. n. 1929/1993; Cass. n. 4601/1983). Minoritario è l'orientamento secondo cui si tratta di contratto invalido, di cui il rappresentato è il solo legittimato a far valere l'invalidità (Cass. n. 7501/1993). La deduzione del difetto o del superamento del potere rappresentativo e della conseguente inefficacia del contratto, da parte dello pseudo rappresentato, integra una mera difesa, atteso che la sussistenza del potere rappresentativo in capo a chi ha speso il nome altrui è un elemento costitutivo della pretesa del terzo nei confronti del rappresentato, come tale rilevabile anche d'ufficio, salvo che lo pseudo rappresentato agisca in giudizio formulando una domanda che presupponga l'efficacia del contratto concluso in suo nome dal rappresentante senza poteri, ovvero si costituisca e difenda nel merito tenendo un comportamento da cui risulti in maniera univoca la volontà di fare proprio tale contratto (Cass. n. 26871/2022;Cass. n. 1751/2018; Cass. n. 20564/2015; Cass. S.U.n. 11377/2015, in Foro it. 2015, 11, I, 3585, con note di Palmieri e Pagliantini). Il falsus procurator, che succeda mortis causa al terzo in nome e per conto del quale abbia stipulato il contratto, non può eccepirne l'inefficacia per carenza del potere rappresentativo, dovendosi ritenere che, alla stregua delle regole della correttezza, egli sia automaticamente vincolato in proprio al negozio per effetto dell'accettazione dell'eredità (Cass. n. 15841/2022).

L'azione che tende a far dichiarare l'inefficacia del negozio nei riguardi del preteso rappresentato è imprescrittibile (Cass. n. 10600/2016). 

La pronuncia di inefficacia della vendita compiuta dal falsus procurator è opponibile all'avente causa in buona fede, anche se la domanda è stata trascritta dopo cinque anni dalla trascrizione della vendita (Cass. n. 37722/2021).

La responsabilità del falsus procurator

La responsabilità in cui incorre il rappresentante senza potere, per avere concluso un contratto con il terzo in mancanza o in eccesso di potere, è qualificata come responsabilità precontrattuale per lesione della libertà contrattuale del terzo, riconducibile all'art. 1338, con la conseguenza che il risarcimento spettante al terzo è limitato all'interesse negativo (Santoro Passarelli, 291; Natoli, 1987, 484; Bianca, 119; De Nova, in Tr. Res. 1988, 409; Furgiuele, cit., 3). Con riferimento al contratto di assicurazione, agli assegni bancari e alle cambiali il difetto di rappresentanza comporta in via eccezionale la realizzazione dell'interesse positivo, implicando la responsabilità personale del rappresentante senza poteri per gli obblighi derivanti dal contratto. Il diritto al risarcimento del danno in favore del terzo presuppone che questi non sia in colpa. Si ritiene che ulteriore presupposto per ottenere il risarcimento sia rappresentato dal fatto che il terzo abbia provveduto ad interpellare l'interessato per la ratifica del contratto inefficace e che questi si sia rifiutato o abbia lasciato trascorrere il termine (De Nova, in Tr. Res. 1988, 409; Bianca, 120). In ogni caso la colpa del terzo diviene irrilevante nel caso in cui il falso rappresentante abbia creato dolosamente l'apparenza della propria legittimazione, trovando applicazione il principio generale secondo il quale l'autore del dolo non può invocare come esimente l'incauto affidamento della vittima (Bianca, 121).

Anche la giurisprudenza prevalente afferma che la condotta del falsus procurator ricade nella responsabilità precontrattuale per culpa in contraendo, risiedendo il suo fondamento non nel negozio inefficace ma nel comportamento contrario ai più generali doveri di correttezza e buona fede, connessi al divieto di neminem laedere (Cass. n. 18191/2007; Cass. n. 12969/2000; Cass. n. 6488/1997; Cass. n. 2945/1986). Conseguentemente il terzo può invocare il risarcimento del danno nei limiti dell'interesse negativo. Il termine di prescrizione della corrispondente azione è quello quinquennale (Cass. n. 7060/1990), che decorre dalla conclusione del contratto inefficace (Cass. n. 12039/2010; Cass. n. 13097/1997; contra Cass. n. 3691/1995, secondo cui il termine decorre dalla data in cui il preteso rappresentato abbia reso palese la determinazione di non ratificare gli impegni presi in suo nome). Il pregiudizio riparabile comprende le spese e le perdite strettamente dipendenti dalle trattative, nonché il vantaggio conseguibile dal contraente in buona fede per il tramite di altre contrattazioni, ma non si estende al lucro cessante ricavabile dall'adempimento del contratto (Cass. n. 12969/2000, in Foro it. 2001, 5, I, 1658, con nota di Pardolesi; Cass. n. 3691/1995). Il terzo contraente può agire verso il falsus procurator ai fini di richiedere il risarcimento del danno sofferto per aver confidato senza sua colpa nella validità del contratto, senza dover prima necessariamente rivolgersi allo pseudo rappresentato né assegnargli un termine per pronunciarsi sulla ratifica, poiché la disposizione dell'art. 1399, comma 4, prevede non già un onere ma l'esercizio di una mera facoltà, volta a far cessare l'incertezza sull'efficacia del contratto (Cass. n. 5468/2001). Affinché il rappresentante senza potere possa rispondere del danno provocato al terzo è necessario che vi sia la sua consapevolezza, o il dovere di riconoscere, di avere agito senza averne il potere (Cass. n. 1348/1963). Il terzo non ha l'obbligo, ma la mera facoltà di controllare i poteri del rappresentante, sicché non può essere ritenuto in colpa per il solo fatto di non avere esperito detto controllo (Cass. n. 15743/2004; Cass. n. 9289/2001; Cass. n. 3691/1995); tuttavia è in colpa se non controlla pur avendo a che fare con persona notoriamente poco corretta (Cass. n. 115/1960) o pur potendosi giovare dei mezzi di pubblicità prescritti dalla legge (Cass. n. 3422/1971). L'onere di provare la colpa del terzo grava sul rappresentante (Cass. n. 3422/1971). Fuori della previsione dell'art. 1398 può ricorrere anche una responsabilità del terzo contraente nei confronti dello pseudo rappresentato, che sia stato ingiustamente danneggiato dalla stipulazione del contratto a suo falso nome, donde l'applicabilità a tale diverso rapporto del generale divieto di neminem laedere di cui all'art. 2043, con conseguente previsione della necessità dell'accertamento del dolo o della colpa del terzo (Cass. n. 11453/1998).

L'azione di cui all'art. 1398 va distinta da quella che il medesimo contraente può eventualmente proporre, indipendentemente dal suo atteggiamento psicologico nella conclusione del contratto, per il recupero di beni o somme che il falsus procurator od altri abbiano senza titolo acquisito, in forza del negozio inefficace (Cass. n. 9679/2024).

La rappresentanza apparente

Nonostante il difetto o l'eccesso di rappresentanza, il contratto è valido ed efficace quando l'apparente rappresentato con dolo o colpa abbia concorso a determinare la situazione di apparenza, ossia abbia adottato una condottala idonea a ingenerare nel terzo l'affidamento incolpevole circa la legittimazione del rappresentante a contrattare in nome e per conto dell'interessato (Bianca, 121). Si tratta di una categoria pretoria, non espressamente contemplata dal legislatore, che è riconducibile all'istituto dell'apparenza e della tutela dell'affidamento incolpevole ovvero al principio di autoresponsabilità (Bianca, 124). In senso contrario altro autore sostiene che dalla creazione di una situazione di apparenza potrebbe eventualmente nascere solo una responsabilità a carico di chi l'abbia ingenerata per violazione del generale dovere di buona fede nello svolgimento dei rapporti giuridici patrimoniali (Mirabelli, in Comm. Utet 1984, 403). È dubbio se il contegno di mera tolleranza dello pseudo rappresentato, a fronte dell'agire negoziale del rappresentante, possa costituire un conferimento negoziale tacito del potere rappresentativo, come argomenta la dottrina tedesca. In senso critico si rileva che vi è una differenza ontologica tra l'aver subito gli atti non autorizzati e la volontà di conferire al falso rappresentante un potere rappresentativo (Patti, Profili della tolleranza nel diritto privato, Napoli, 1978, 145; Bianca, 123; Carresi, in Tr. C. M. 1987, 276). Piuttosto la rappresentanza tollerata può integrare la situazione di apparenza, che esclude l'inefficacia del contratto. È onere del terzo provare di avere confidato senza colpa nella validità ed efficacia del contratto in ragione del contegno doloso o colposo del dominus. Questa fattispecie può riscontrarsi, in combinato disposto con l'art. 1396, quando il rappresentato non abbia adempiuto agli oneri pubblicitari di portare a conoscenza del terzo con mezzi idonei la modifica o la revoca della procura ed il terzo non sia in grado, senza colpa, di riconoscere la modifica o la revoca.

Il principio dell'apparenza del diritto, mediante il quale viene tutelato l'affidamento incolpevole del terzo che abbia contrattato con colui che appariva legittimato ad impegnare altri, trova operatività alla duplice condizione che sussista la buona fede di chi ne invoca l'applicazione e un comportamento almeno colposo di colui che ha dato causa alla situazione di apparenza, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente (Cass. n. 27349/2023Cass. n. 18519/2018; Cass. n. 23448/2014; Cass. n. 3787/2012; Cass. n. 18191/2007; Cass. n. 408/2006; Cass. n. 23199/2004; Cass. n. 13084/2004; Cass. n. 204/2003; Cass. n. 4299/1999; Cass. n. 2311/1995; Cass. n. 9381/1994).

La rappresentanza tollerata, riscontrabile ove il rappresentato, pur consapevole dell'attività del falso rappresentante, non intervenga per farne cessare l'ingerenza, è un'ipotesi di rappresentanza apparente, sicché l'operazione del falsus procurator è efficace nei confronti del rappresentato, avendo costui dato causa alla situazione di apparente legittimazione in cui il terzo ha senza colpa confidato (Cass. n. 4113/2016).

L'errore del terzo è considerato inescusabile quando sia riconducibile al non uso della normale prudenza nel condurre gli affari (Cass. n. 11186/1998; Cass. n. 10709/1991). Così il principio dell'apparenza del diritto non può essere invocato dal terzo che abbia confidato nella sussistenza del potere rappresentativo del contraente che abbia speso il nome dello pseudo rappresentato, pur in assenza di una procura rilasciata in forma scritta, a fronte di un contratto per il quale è richiesta la forma scritta ad substantiam (Cass. n. 9505/2010). Il principio dell'apparenza del diritto a tutela dell'affidamento del terzo contraente non trova applicazione nei confronti degli enti pubblici, attesa la presunzione di conoscenza delle norme di legge che ne disciplinano in modo inderogabile la rappresentanza esterna (Cass. n. 12179/2014).

Bibliografia

Bianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Procura (diritto privato), in Enc. dir., Milano, 1987; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Cataudella, I contratti. Parte generale, Torino, 2014; D'Amico, voce Rappresentanza, in Enc. giur., Roma, 1991; D'Avanzo, voce Rappresentanza, in Nss. D.I., Torino, 1967; Mosco, La rappresentanza volontaria nel diritto privato, Napoli, 1961; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Natoli, voce Rappresentanza, in Enc. dir., Milano, 1987; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1985; Trabucchi, La rappresentanza, in Riv. dir. civ., Padova, 1978.

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