Codice Civile art. 1419 - Nullità parziale.Nullità parziale. [I]. La nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole importa la nullità dell'intero contratto, se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità [1341 2, 1354 3, 1519-octies, 2265]. [II]. La nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto, quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative [1339, 1501, 1573, 1679 4, 1815 2, 1932 2, 1962 2, 2066 2, 2077 2, 2115 3]. InquadramentoLa nullità parziale alla quale fa riferimento la norma è quella in senso oggettivo, che colpisce una parte del contenuto del contratto, rendendo parzialmente irrealizzabile il programma contrattuale, mentre la nullità parziale in senso soggettivo è disciplinata dall'art. 1420 e investe il vincolo di una delle parti nei contratti plurilaterali (Bianca, 599). La norma unitamente alle disposizioni di cui agli art. 1420 e 1424, costituisce espressione del principio di conservazione degli atti negoziali (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 492). È dubbio se tale previsione possa trovare applicazione anche con riguardo all'annullabilità (in senso favorevole Messineo, 301; in senso contrario Tommasini, 904). La nullità parziale in senso oggettivo può consistere in una parziale impossibilità di esecuzione delle prestazioni contrattuali (nullità parziale) o nell'invalidità di singole clausole del contratto (Bianca, 599) e ciò facendo riferimento alla distinzione che traspare tra nullità che colpisce una frazione precettiva del contratto e nullità delle regole elementari e non ulteriormente scindibili nelle quali si articola il contratto medesimo (Tamponi, Contributo all'esegesi dell'art. 1419 c.c., in Riv. trim. dir. proc. civ., 1978, 105). In forza di altra opinione la distinzione tra nullità parziale e nullità di singole clausole ha valore meramente descrittivo, ma la disciplina sarebbe identica (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 492). La nullità parziale si estende all'intero contratto quando risulti che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità. L'analisi intorno all'estensione della nullità all'intero contratto deve essere compiuta avendo riguardo al momento della conclusione del contratto e non a quello del giudizio. Secondo un criterio oggettivo ciò esige una valutazione di compatibilità della modifica del contratto con la sua causa concreta ovvero con la sua utilità, dovendosi quindi accertare se la modifica abbia o meno importanza determinante, tenuto conto dell'interesse delle parti (Bianca, 600; Carresi, in Tr. C. M., 1987, 589; Tommasini, 903). In base ad una diversa tesi occorre fare riferimento ad un criterio soggettivo, diretto a valutare la potenziale volontà delle parti (Criscuoli, 231). Sarebbe al riguardo sufficiente fare riferimento ad uno dei contraenti e non necessariamente ad entrambi (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 863; Criscuoli, 118). Il giudice nel dubbio deve attenersi al principio di conservazione del negozio, mantenendo in vita il contratto per il resto (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 863). Secondo la S.C. la nullità di singole clausole contrattuali, o di parti di esse, si estende all'intero contratto, o a tutta la clausola, ove l'interessato dimostri che la porzione colpita da invalidità non ha un'esistenza autonoma, né persegue un risultato distinto, ma è in correlazione inscindibile con il resto, nel senso che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità (Cass. n. 2314/2016), ovvero facendo riferimento alla scindibilità-inscindibilità del contenuto negoziale in relazione all'interesse in concreto (Cass. n. 23950/2014) ovvero valutando se permane l'utilità del contratto in relazione agli interessi con esso perseguiti (Cass. n. 11673/2007) ovvero avendo riguardo alla circostanza che sia colpito da nullità parziale un elemento essenziale del negozio o una pattuizione legata alle altre da un rapporto di interdipendenza ed inscindibilità (Cass. n. 10536/2002; Cass. n. 345/1971) o ancora ponendo in rilievo il fatto che il contenuto dispositivo del negozio, privo della parte nulla, risulti inidoneo a realizzare le finalità o lo scopo unitario cui la sua conclusione era preordinata (Cass. n. 10690/2005; Cass. n. 3155/1998). Vi sono poi altre pronunce che, anziché valorizzare l'aspetto oggettivo, esaltano il profilo subiettivo, sostenendo che occorre avere riguardo alla volontà delle parti per valutare se esse avrebbero o meno concluso l'accordo senza quella parte affetta da nullità (Cass. n. 27839/2009; Cass. n. 420/1974). Nel caso di nullità della clausola per vizio di una parte di essa la sostituzione della norma imperativa deve riguardare l'intera clausola e non già la sostituzione di una parte soltanto della norma alla parte della clausola che ne determina la nullità (Cass. n. 1184/1983). Con riferimento alla rilevabilità d'ufficio il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità integrale del contratto deve rilevarne d'ufficio, anche in sede di gravame, la sua nullità solo parziale, ma non può dichiararla in sentenza ove le parti, all'esito di tale indicazione, omettano di proporre, anche per la prima volta con l'appello, un'espressa, corrispondente domanda di verificazione, mancando la quale l'accertamento contenuto nella sentenza che rigetta la domanda di nullità totale è idoneo a produrre l'effetto di un giudicato preclusivo anche con riguardo alla nullità parziale. Lo stesso accade quando sia proposta domanda di nullità parziale in ordine alla rilevabilità d'ufficio della nullità integrale (Cass. n. 16051/2018; Cass. n. 23644/2017; Cass. n. 2910/2016; Cass. S.U. n. 26242/2014). Per l'applicazione dell'art. 1419 deve trattarsi di nullità e non di semplice inefficacia; la norma infatti non è applicabile quando una parte del contratto non sia inficiata da nullità ma sia invece valida, pur se ad efficacia sospesa (Cass. n. 4301/1980). Il principio riassunto nel brocardo utile per inutile non vitiatur trova applicazione anche al contratto annullabile (Cass. n. 6609/1982). S petta a chi ha interesse alla totale caducazione dell'assetto di interessi programmato l'onere di provare l'interdipendenza del resto del contratto dalla clausola o dalla parte nulla, mentre è precluso al giudice rilevare d'ufficio l'effetto estensivo della nullità parziale all'intero contratto (Cass. n. 17096/2024; Cass. n. 18794/2023) . La nullità nel collegamento negozialeLa norma può trovare applicazione anche in tema di collegamento negoziale (Carresi, in Tr. C. M., 1987, 586; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 569). Quest'ultimo si sostanzia nel fatto che con un unico atto (o con più atti) possono essere conclusi più contratti funzionalmente collegati tra loro e in situazione di reciproca interdipendenza (Schizzerotto, 2). Sono però controversi i criteri che permettono l'estensione della nullità di un contratto al contratto collegato. Secondo un primo orientamento l'estensione della nullità del contratto principale agli atti che da esso dipendono opera quando tra i due negozi vi sia un rapporto di accessorietà; quando invece il rapporto sia di mera interdipendenza economica sarà necessario procedere ad un'attenta valutazione della volontà delle parti (Tamponi, cit., 105). Altro autore sostiene che l'estensione della nullità possa operare automaticamente nei soli casi di collegamento necessario tra negozi per l'idoneità di uno di essi ad influire sulla vita degli altri quanto alla funzione e/o agli effetti, diversamente richiedendosi l'accertamento della circostanza che la volontà di collegamento si sia obiettivata nel contenuto dei diversi negozi e così in definitiva realizzata (Scognamiglio, 377). Secondo la S.C. allorquando due o più contratti, stipulati con un unico atto o con più atti distinti, siano collegati tra loro in funzione del risultato concreto unitariamente perseguito, con rapporto di reciproca dipendenza, in modo che le vicende dell'uno si ripercuotano sull'altro o sugli altri, condizionandone non solo l'esecuzione ma anche la validità, si applica ad essi, proprio in ragione della loro stretta interdipendenza che determina una condizione di unitarietà teleologica, il disposto dell'art. 1419, comma 1, secondo cui la nullità parziale di un contratto o la nullità di singole clausole comporta la nullità dell'intero contratto, ove risulti che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita dalla nullità (Cass. n. 13888/2015; Cass. n. 321/1988; Cass. n. 4822/1987). La sostituzione automatica di clausole nulleLa nullità di singole clausole non importa la nullità del contratto quando le clausole nulle sono sostituite di diritto da norme imperative. In questo caso la conservazione del contratto è imposta autoritativamente, senza prendere in considerazione il concreto regolamento di interessi programmato dalle parti (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 498; Criscuoli, 213). In realtà non si tratta di una norma sulla nullità, bensì relativa all'integrazione legale del contratto (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 498). In base ad una tesi il rapporto tra il capoverso della norma e l'art. 1339 è di complementarietà, nel senso che ognuno di essi contribuirebbe a determinare l'ambito di applicazione dell'altro, pur rimanendo le due disposizioni autonome sotto il profilo della ratio da cui traggono giustificazione: e precisamente l'art. 1339 regolerebbe il quando della sostituzione mentre l'art. 1419, comma 2, servirebbe a statuire che la sostituzione avviene a prescindere dal giudizio sull'essenzialità della clausola nulla di cui all'art. 1419, comma 1; inoltre l'art. 1419, comma 2, andrebbe applicato non in ogni ipotesi di sostituzione ma solo quando quest'ultima implichi un'esigenza superiore a quella individuale sacrificata, venendo altrimenti in considerazione il comma 1; diversamente si dovrebbe sostenere che quando vi è sostituzione ex lege non è mai possibile l'indagine sulla volontà ipotetica delle parti alla stregua del comma 1; in entrambe le ipotesi il comma 2 non sarebbe una mera ripetizione dell'art. 1339 (D'Antonio, La modificazione legislativa del regolamento negoziale, Padova, 1974, 172; contra Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 498). Così la determinazione autoritativa dei prezzi di vendita di largo consumo o delle tariffe di pubblici servizi e in genere l'imposizione di clausole contrattuali avvengono in base agli artt. 1339 e 1418, comma 2, e non determinano l'obbligo delle parti di adeguare il contenuto del contratto; al contrario l'adeguamento sarà automatico; vi sarà invece integrazione laddove il contratto non abbia espressamente disposto (Galgano, in Tr. C. M., 1988, 54; Sacco-De Nova, in Tr. Res., 1988, 479). La S.C. afferma che la sostituzione con la normativa legale delle clausole nulle contrastanti con norme inderogabili non richiede che le disposizioni inderogabili, oltre a prevedere la nullità delle clausole difformi, ne impongano e dispongano altresì espressamente la sostituzione. Infatti la locuzione codicistica “sono sostituite di diritto” va interpretata non nel senso dell'esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell'automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina (Cass. n. 6364/2011; Cass. n. 7822/1997; contra Cass. n. 8794/2000; Cass. n. 1464/1965, in Giur. it., 1966, 1, I, 1154, con nota Criscuoli). In particolare la norma si applica con riferimento alla sostituzione automatica dei tassi convenzionali con i tassi soglia nei contratti di conto corrente con tasso usurario, anche se stipulati prima dell'entrata in vigore della legge antiusura, ove i rapporti non siano esauriti (Cass. n. 602/2013, in Banca borsa tit. cred., 2013, 5, 2, 487). L'art. 1419, comma 2, può trovare applicazione solo quando le norme imperative preesistano al contratto mentre ove siano posteriori si applica la regola generale della nullità dell'intero contratto ai sensi del comma 1 (Cass. n. 4220/1957). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Conversione dell'atto giuridico, in Enc. dir., Milano, 1962; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Criscuoli, La nullità parziale del negozio giuridico, Milano, 1959; De Nova, Conversione del negozio nullo, in Enc. Giur., Roma, 1988; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Napoli, 1983; Filanti, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983; Giacobbe, voce Convalida, in Enc. dir., Milano, 1962; Messineo, voce Contratto plurilaterale, in Enc. dir., Milano, 1962; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Schizzerotto, Il collegamento negoziale, Napoli, 1988; Scognamiglio, voce Collegamento negoziale, in Enc. dir., Milano, 1960; Tommasini, voce Nullità, in Enc. dir., Milano, 1978. |