Codice Civile art. 1421 - Legittimazione all'azione di nullità.Legittimazione all'azione di nullità. [I]. Salvo diverse disposizioni di legge [1903], la nullità può essere fatta valere da chiunque vi ha interesse [100 c.p.c.] e può essere rilevata d'ufficio dal giudice [2379]. InquadramentoAffinché possa essere allegata la nullità del contratto in via di domanda o di eccezione è necessario che il soggetto deducente vi abbia interesse. Chiunque vi ha interesse può sollevare la questione di nullità. Pertanto i legittimati attivi non sono solo le parti ma anche i terzi che, pur essendo estranei al contratto e al correlato rapporto negoziale, abbiano un interesse giuridicamente qualificato. Ciò non esime l'agente dall'onere di dimostrare la propria legittimazione e dunque il proprio interesse ad agire (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 502). La nullità può essere fatta valere in ogni stato e grado del procedimento, anche in sede di legittimità, salvo in quest'ultimo caso che per il suo accertamento non siano necessarie nuove indagini di fatto. Ove si sia formato il giudicato interno sulla questione, attraverso la pronuncia sulla nullità, la sua censura esige un'espressa impugnazione, mentre è precluso il riesame d'ufficio. In via eccezionale la legge può porre limitazioni alla legittimazione; in tal caso la nullità è definita relativa (Mirabelli, in Comm. Utet, 1984, 484). Detta ultima figura è però contestata da una parte della dottrina (Bianca, 577; Carresi, Tr. C. M., 1987, 243); al riguardo un autore, ritenendo che requisito identificativo della categoria della nullità sia la rilevabilità da chiunque vi abbia interesse e anche d'ufficio, qualifica le ipotesi di nullità con limitazione della legittimazione come fattispecie di annullabilità o di inefficacia (Santoro Passarelli, 247). Secondo la S.C. la legittimazione generale all'azione di nullità, in virtù della quale la nullità del negozio può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse, non esime l'attore dal dimostrare la sussistenza di un proprio concreto interesse ad agire, per cui l'azione stessa non è proponibile in mancanza della prova, da parte dell'attore, della necessità di ricorrere al giudice per evitare una lesione attuale del proprio diritto e il conseguente danno alla propria sfera giuridica (Cass. n. 2670/2020 ; Cass. n. 2447/2014; Cass. n. 5420/2002; Cass. n. 2721/2002; Cass. n. 88/2002; Cass. 7717/1991; Cass. n. 1553/1981). L'eccezione di parte e la rilevabilità d'ufficio in ogni stato e grado del giudizio della nullità del contratto devono coordinarsi con i principi fondamentali del processo tra i quali, oltre il principio della domanda ( Cass. n. 36353/2021;Cass. n. 11106/2021) e della disposizione delle prove, quello della preclusione derivante dal giudicato interno (Cass. n. 6480/1987; Cass. n. 3341/1984). Sicché il giudicato, coprendo il dedotto e il deducibile, si estende anche all'insussistenza di cause di invalidità (c.d. giudicato per implicazione discendente), ancorché diverse da quelle fatte valere nel processo definito con sentenza irrevocabile (Cass. n. 31636/2021). La rilevabilità d'ufficioI poteri del giudice sulla rilevabilità d'ufficio della nullità del contratto devono essere coordinati con il principio della domanda di cui agli artt. 99 e 112 c.p.c. La deduzione in giudizio del contratto nullo legittima comunque il giudice a valersi del rilievo d'ufficio, purché la pretesa azionata sia afferente a tale contratto, salva, in difetto di formale domanda, l'esclusione della formazione del giudicato sulla questione (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 844). Secondo l'analisi più recente della S.C. il giudice può rilevare d'ufficio la nullità del contratto non solo quando la sua validità rappresenti un elemento costitutivo della domanda, ma in ogni altro caso in cui la domanda abbia come presupposto la validità del contratto. Specificamente il rilievo ex officio di una nullità negoziale, sotto qualsiasi profilo ed anche ove sia configurabile una nullità speciale o di protezione, deve ritenersi consentito, sempreché la pretesa azionata non venga rigettata in base ad un'individuata ragione più liquida, in tutte le ipotesi di impugnativa negoziale (adempimento, risoluzione per qualsiasi motivo, annullamento, rescissione), senza per ciò solo negarsi la diversità strutturale di queste ultime sul piano sostanziale, poiché tali azioni sono disciplinate da un complesso normativo autonomo ed omogeneo affatto incompatibile, strutturalmente e funzionalmente, con la diversa dimensione della nullità contrattuale (Cass. n. 20170/2022; Cass. n. 21418/2018;Cass. S.U., n. 26242/2014; Cass. S.U., n. 14828/2012) ed anche ove sia stata proposta domanda di risarcimento danni per inadempimento contrattuale (Cass. n. 12996/2016) . Non è viziata da ultrapetizione neanche la decisione del giudice che, in caso di domanda di accertamento della simulazione di un contratto, abbia dichiarato la nullità (Cass. n. 21775/2015). La rilevazione d'ufficio va intesa come indicazione alle parti di tale vizio; invece la dichiarazione della nullità in base al vizio rilevato d'ufficio, ove sia mancata un'espressa domanda della parte pure all'esito della suddetta indicazione officiosa, costituisce statuizione facoltativa (salvo per le nullità speciali, che presuppongono una manifestazione di interesse della parte), previo suo accertamento nella motivazione e/o nel dispositivo della pronuncia con efficacia peraltro di giudicato in assenza di sua impugnazione (Cass. n. 3308/2019; Cass. S.U., n. 26242/2014). Dedotta in giudizio una nullità parziale del contratto, il giudice può rilevare d'ufficio la nullità totale, e viceversa, ma se all'esito della rilevazione la parte interessata ometta un'espressa richiesta di accertamento in tal senso, l'originaria pretesa azionata deve essere rigettata (Cass. n. 16051/2018; Cass. S.U., n. 26242/2014). La rilevabilità d'officio delle nullità negoziali deve estendersi anche a quelle di protezione, da configurarsi, alla stregua delle indicazioni provenienti dalla Corte di giustizia, come una species del più ampio genus rappresentato dalle prime, tutelando le stesse interessi e valori fondamentali — quali il corretto funzionamento del mercato (art. 41 Cost.) e l'uguaglianza almeno formale tra contraenti forti e deboli (art. 3 Cost.) — che trascendono quelli del singolo (Cass. n. 26614/2018; Cass. S.U., n. 26242/2014). Il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio, previa instaurazione del contraddittorio sul punto, l'esistenza di una causa di quest'ultima diversa da quella allegata dall'istante, che abbia carattere portante e assorbente e che emerga dagli atti di causa, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, sicché è individuata indipendentemente dallo specifico vizio dedotto in giudizio, salvo che si tratti di nullità a regime speciale (Cass. n. 26495/2019; Cass. n. 16977/2017; Cass. n. 15408/2016; Cass. S.U., n. 26242/2014). Nel giudizio d'appello ed in quello di cassazione il giudice, in caso di mancata rilevazione officiosa in primo grado di una nullità contrattuale, ha sempre facoltà di procedere ad un siffatto rilievo (Cass. n. 19251/2018; Cass. S.U., n. 7294/2017; Cass. S.U., n. 26242/2014 ), salvo che si tratti di nuda eccezione, sollevata per la prima volta con il ricorso per cassazione (Cass. n. 21243/2019). La domanda di accertamento della nullità di un negozio proposta per la prima volta in appello è inammissibile ex art. 345, comma 1, c.p.c., salva la possibilità per il giudice del gravame — obbligato comunque a rilevare d'ufficio ogni possibile causa di nullità, ferma la sua necessaria indicazione alle parti ai sensi dell'art. 101, comma 2, c.p.c. — di convertirla ed esaminarla come eccezione di nullità legittimamente formulata dall'appellante, giusta il comma 2 del cit. art. 345 (Cass. S.U., n. 26243/2014). L'eccezione riconvenzionale di nullità sollevata in appello è invece ammissibile (Cass. n. 27516/2016). Il principio per cui il giudice innanzi al quale sia stata proposta domanda di nullità contrattuale deve rilevare d'ufficio (o comunque a seguito di allegazione di parte successiva all'editio actionis), ove emergente dagli atti, l'esistenza di un diverso vizio di nullità, essendo quella domanda pertinente ad un diritto autodeterminato, è suscettibile di applicazione estensiva anche nel sottosistema societario, nell'ambito delle azioni di impugnazione delle deliberazioni assembleari (Cass. n. 8795/2016). Per le Sezioni unite della Corte di Cassazione, ai fini del rispetto del principio di effettività della tutela giurisdizionale dei diritti riconosciuti al consumatore dalla direttiva 93/13/CEE, concernente le clausole abusive dei contratti stipulati tra un professionista e un consumatore, e dalle sentenze della CGUE del 17 maggio 2022, ove sia stato promosso un procedimento esecutivo sulla base di un decreto ingiuntivo emesso senza il preventivo controllo in ordine all'abusività delle clausola fonte del diritto di credito oggetto di ingiunzione, spetta al giudice dell'esecuzione, sino al momento della vendita o dell'assegnazione del bene o del credito, rilevare l'esistenza di una clausola abusiva incidente sulla sussistenza o sull'entità del credito, provocando il contraddittorio delle parti sulla questione rilevata. In questo caso, il giudice è tenuto ad informare le parti dell'esito del controllo svolto - avvisando il debitore consumatore che entro 40 giorni da tale informazione può proporre opposizione tardiva al decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c., al sol fine di far accertare il carattere abusivo delle clausole incidenti sul credito oggetto di ingiunzione - e a soprassedere alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito fino all'inutile decorso del predetto termine o alle determinazioni del giudice dell'opposizione sull'istanza ex art. 649 c.p.c.. Ferma la rilevabilità d'ufficio della nullità di protezione, qualora il debitore abbia già proposto un'opposizione a precetto ex art. 615, comma 1, c.p.c. per far valere l'abusività delle clausole, l'opposizione va riqualificata come opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. e rimessa alla decisione del giudice di questa, mentre, se pende un un'opposizione ex art. 615, comma 2, c.p.c. tesa a far valere l'abusività di una clausola, il giudice dell'esecuzione deve dare termine di 40 giorni per proporre l'opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c. (se del caso anche rilevando l'abusività di altre clausole), senza procedere alla vendita o all'assegnazione del bene o del credito sino alle determinazioni del giudice dell'opposizione tardiva sull'istanza ex art. 649 c.p.c. Allo stesso modo, il giudice del monitorio è tenuto ad esaminare d'ufficio il carattere abusivo della clausola contrattuale e a dare conto degli esiti di siffatto controllo nel decreto ingiuntivo, avvertendo il debitore che, in assenza di opposizione, decadrà dalla possibilità di far valere l'eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e che il decreto non opposto diventerà irrevocabile ( Cass. S.U. n. 9479/2023 ). La natura dichiarativa della pronunciaLa sentenza che dichiara la nullità è di mero accertamento, poiché si limita a rilevare un fatto giuridicamente rilevante che preesiste alla verifica giudiziale, ossia la difformità dell'atto concreto dallo schema legale (Tommasini, 890). Il contratto nullo è infatti improduttivo di effetti per il solo fatto che sia nullo, non già in ragione di una pronuncia costitutiva dell'invalidità, come accade per la categoria dell'annullabilità. Pertanto la pronuncia ha efficacia retroattiva (Bianca, 591). Il giudicato sulla declaratoria di validità copre tutte le cause di nullità, ivi comprese quelle non dedotte, sicché è possibile proporre nel corso del giudizio nuove cause di invalidità (Verde, Profili del processo civile, I, Napoli, 2002, 115). Con riferimento ai limiti soggettivi del giudicato si ritiene che la pronuncia di nullità faccia stato tra tutte le parti del contratto quando esse abbiano partecipato al giudizio, impedendo per sempre e a chiunque di ritornare sulla questione; quando per converso il processo che si è concluso con la dichiarazione di nullità del contratto abbia costituito strumento per difendere posizioni giuridiche offese dall'atto nullo e si sia conseguentemente svolto nei confronti dei soli interessati e controinteressati, è escluso che la sentenza faccia stato nei confronti degli assenti (Sacco, in Tr. Vas., 1975, 845). Anche in giurisprudenza si evidenzia che non si ha un'ipotesi di litisconsorzio necessario nel caso in cui si controverta circa la nullità di un negozio giuridico, giacché in tal caso la pronuncia non ha natura costitutiva, ma si concreta in una declaratoria circa l'idoneità del negozio a produrre effetti nel rapporto tra i litiganti e come tale è suscettibile di pratica attuazione nell'ambito di quel rapporto, ancorché non possa fare stato ad altri effetti nei confronti di soggetti che, sebbene partecipi del negozio impugnato, siano rimasti estranei al giudizio (Cass. n. 1229/1962). Il giudicato di validità del contratto, formatosi con la sentenza intervenuta tra le parti, copre il dedotto e il deducibile in relazione al medesimo oggetto, cioè non soltanto le ragioni giuridiche e di fatto fatte valere in giudizio, ma anche tutte le possibili questioni, proponibili sia in via di azione sia in via di eccezione, le quali, sebbene non dedotte specificamente, costituiscono precedenti logici essenziali e necessari della pronuncia (Cass. n. 22520/2011; Cass. n. 375/2000; Cass. n. 4181/1980). Tuttavia la S.C. afferma che la sentenza di rigetto della domanda di risoluzione del contratto adottata sulla base del principio della ragione più liquida (in base al quale la domanda può essere respinta sulla base della soluzione di una questione assorbente senza che sia necessario esaminare previamente tutte le altre) ovvero emessa in termini meramente apodittici, senza un accertamento effettivo, specifico e concreto del rapporto da parte del giudice, al punto da risultare un evidente difetto di connessione logica tra dispositivo e motivazione, non preclude la successiva proposizione di una domanda di nullità del contratto (Cass. n. 5264/2015; Cass. n. 11356/2006; contra Cass. n. 9642/2006; Cass. n. 8612/2006). BibliografiaBianca, Diritto civile, III, Il contratto, Milano, 1997; Bigliazzi Geri, voce Conversione dell'atto giuridico, in Enc. dir., Milano, 1962; Bigliazzi Geri-Breccia-Busnelli-Natoli, Diritto civile, 1.2, Fatti e atti giuridici, Torino, 1990; Criscuoli, La nullità parziale del negozio giuridico, Milano, 1959; De Nova, Conversione del negozio nullo, in Enc. Giur., Roma, 1988; Fedele, L'invalidità del negozio giuridico di diritto privato, Napoli, 1983; Filanti, Inesistenza e nullità del negozio giuridico, Napoli, 1983; Giacobbe, voce Convalida, in Enc. dir., Milano, 1962; Messineo, voce Contratto plurilaterale, in Enc. dir., Milano, 1962; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, rist. 1989; Schizzerotto, Il collegamento negoziale, Napoli, 1988; Scognamiglio, voce Collegamento negoziale, in Enc. dir., Milano, 1960; Tommasini, voce Nullità, in Enc. dir., Milano, 1978. |