Codice Civile art. 2051 - Danno cagionato da cose in custodia.

Francesco Agnino

Danno cagionato da cose in custodia.

[I]. Ciascuno è responsabile del danno [2056 ss.] cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito [1218, 1256 1; 675 c.p.c.].

Inquadramento

La funzione dell'art. 2051 è quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, intendendosi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione — potendo eliminare le situazione di pericolo insorte ed escludere i terzi dal contatto con la cosa — e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta, salva la prova, che incombe a carico di tale soggetto, del caso fortuito, interpretato nel senso più ampio di fattore idoneo ad interrompere il nesso causale e comprensivo del fatto del terzo o dello stesso danneggiato.

Peraltro, in tema di responsabilità ex art. 2051 c.c., il presupposto della custodia va inteso quale relazione meramente fattuale con il bene, a prescindere dalla corrispondenza di tale relazione con un determinato diritto reale o personale di godimento, sicché custode della cosa deve ritenersi anche il professionista incaricato di garantire la sicurezza sui luoghi di lavoro, il quale ha un potere che consiste, non nel suo materiale utilizzo, bensì nell'astratta possibilità di intervenire sulla medesima in qualsiasi momento, al fine di impedire che essa faccia danno a terzi (Cass. n. 12796/2024).

 

Natura giuridica

Costituisce ormai ius receptum, l'orienamento a mente del quale la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia - di cui all'art. 2051 c.c. - ha un carattere non presunto ma oggettivo, di guisa che, ai fini della sua sussistenza è sufficiente riscontrare la esistenza del nesso causale tra il bene in custodia e la conseguenza dannosa, senza che assuma alcuna rilevanza la condotta del custode e l'osservanza o meno di uno specifico obbligo di vigilanza da parte sua, rimanendo la stessa esclusa solo nella eventualità della verificazione del caso fortuito, ricollegabile, tuttavia, al profilo causale dell'evento in rapporto alla incidenza sul medesimo di un elemento esterno contraddistinto dagli elementi della oggettiva imprevedibilità e inevitabilità (Cass. S.U., n. 20943/2022, In applicazione del principio, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza di merito che aveva riconosciuto la responsabilità del gestore di una diga, per i danni subiti dagli attori in conseguenza dell'esondazione di un fiume, in quanto, accertato il nesso causale tra il rilascio delle acque fluite a valle della diga e i predetti danni, aveva ritenuto che il particolare evento meteorologico, concausa dei danni, avrebbe potuto integrare il caso fortuito soltanto laddove il custode avesse dimostrato l'adempimento delle prescrizioni contenute nel documento di protezione civile della diga).

Il danno arrecato dall'appaltatore a terzi derivante immediatamente ed esclusivamente dalle modalità con cui ha scelto di eseguire i lavori di restauro della cosa oggetto dell'appalto non è un danno arrecato "dalla" cosa, e come tale non legittima l'applicazione delle previsioni di cui all'art. 2051 c.c. (Cass. n. 4288/2024, nella specie la S.C. ha escluso la responsabilità ex art. 2051 c.c. di un Comune in relazione ai danni causati ad un fondo non dal crollo della strada comunale, già risarciti in altra sede, bensì dall'esecuzione delle opere di ripristino appaltate dalla Regione).

La responsabilità ex art. 2051 c.c. è di natura oggettiva e si fonda sul nesso causale tra la cosa in custodia e il danno. Può essere esclusa dal caso fortuito o da un fatto del danneggiato che assuma incidenza causale nell'avverarsi dell'evento. Il comportamento del danneggiato, la cui valutazione spetta al giudice del merito, è rilevante solo se colposo. Quest'ultimo determina la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze ascrivibili a tale comportamento (Cass. n. 2148/2025).

Nesso di causalità

Costituisce principio consolidato quello secondo cui la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza (Cass. n. 9726/2013; Cass. n. 1769/2012).

La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia (art. 2051) ha carattere oggettivo e perché possa configurarsi in concreto è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza, in quanto la nozione di custodia nel caso rilevante non presuppone né implica uno specifico obbligo di custodire analogo a quello previsto per il depositario, e funzione della norma è, d'altro canto, quella di imputare la responsabilità a chi si trova nelle condizioni di controllare i rischi inerenti alla cosa, dovendo pertanto considerarsi custode chi di fatto ne controlla le modalità d'uso e di conservazione, e non necessariamente il proprietario o chi si trova con essa in relazione diretta (Cass. n. 26086/2005).

In altri termini, i tratti salienti della responsabilità ex art. 2051 sono costituiti — sul piano causale — dalla derivazione del danno da una situazione di pericolo connessa in modo immanente alla res e — sul versante soggettivo dell'imputazione della responsabilità — dall'esistenza di un potere di fatto sulla res che consenta di intervenire per impedire o rimuovere le anzidette situazioni di pericolo, potere che dev'essere effettivo, ossia tale da consentire concretamente l'effettuazione di interventi di controllo e manutenzione volti ad inibire gli effetti pericolosi.

Ne deriva che tale tipo di responsabilità di natura oggettiva (Cass. n. 21727/2012) è esclusa soltanto dal caso fortuito (Cass. n. 13005/2016), fattore che attiene, non ad un comportamento del responsabile, ma al profilo causale dell'evento, riconducibile, non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, recante i caratteri dell'imprevedibilità e dell'inevitabilità.

Per caso fortuito ex art. 2051 deve intendersi la presenza di un elemento estraneo alla sfera soggettiva del custode che, interrompendo il nesso di causalità, risulti idoneo ad assurgere a causa esclusiva del danno (Agnino, 4).

In questi termini, la Cassazione ha precisato che il fortuito dovrà essere connotato da impulso causale autonomo, imprevedibilità nonché assoluta eccezionalità (Cass. n. 5741/2009), descrivendolo come un fatto caratterizzato dall'essere estraneo alla sfera di custodia del soggetto. Il fortuito, quindi, per liberare il custode dall'obbligo risarcitorio, dovrebbe secondo tale visione prospettica essere: a) causa esclusiva del danno; b) del tutto estraneo alla sfera di custodia.

Nella nozione di «caso fortuito», con orientamento pacifico, rientrano: a) l'evento imprevisto ed imprevedibile; b) il fatto del terzo; c) il fatto della vittima.

Ai fini di cui all'art. 2051, il caso fortuito può essere integrato anche dalla colpa del danneggiato, poiché la pericolosità della cosa impone un obbligo massimo di cautela, proprio in quanto il pericolo è altamente prevedibile. E tale prevedibilità con l'ordinaria diligenza è sufficiente ad escludere la responsabilità del custode anche ai sensi dell'art. 2051 (nella specie, relativa alla richiesta di risarcimento dei danni conseguenti alla caduta, avvenuta dentro un negozio a causa della presenza di un gradino non adeguatamente segnalato, la Corte ha rilevato come il dislivello fosse lieve, il gradino fosse largo circa un metro e fosse presente anche una guida antiscivolo, sicché la caduta doveva essere imputata ad un difetto di attenzione della danneggiata nell'affrontare il gradino che aveva determinato la caduta (Cass. n. 6407/2016; Cass. n. 15718/2016, che ha confermato la decisione dei giudici del merito che avevano escluso la responsabilità dell'ente gestore per l'infortunio occorso al danneggiato, inciampato a causa della presenza di un tappeto bagnato dalla pioggia ed attorcigliato su se stesso presente all'interno dei una struttura sportiva, atteso che in corso di causa era emerso che la vittima non aveva posto al dovuta attenzione, tenendo un comportamento idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la cosa e il danno).

Tirando le fila di quanto riferito: a) l'art. 2051, stabilendo che «ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito», contempla un criterio di imputazione della responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione all'irrilevanza del profilo attinente alla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa all'adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi (testualmente si esprime Cass. n. 23584/2013); b) a tanto, peraltro, fa pur sempre riscontro un dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa: quando il comportamento di tale secondo soggetto sia apprezzabile come incauto, lo stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima o se vi sia concorso causale tra i due fattori costituisce valutazione squisitamente di merito, che va bensì compiuta sul piano del nesso eziologico ma che comunque sottende un bilanciamento fra i detti doveri di precauzione e cautela (Cass. n. 2692/2014); c) e perfino quando la conclusione sia nel senso che, anche in relazione alla mancanza di intrinseca pericolosità della cosa, la situazione di possibile pericolo comunque ingeneratasi sarebbe stata superabile mediante l'adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, potrà allora escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell'evento, e ritenersi integrato il caso fortuito.

In tale direzione si è affermato che in tema di responsabilità del custode, la ricorrenza in concreto degli estremi del caso fortuito costituisce il risultato di un apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, non sindacabile in cassazione se privo di vizio motivazionale (Cass. n. 11802/2018).

Deve escludersi la responsabilità dell'Ente custode per i danni seguiti ad una caduta provocata di una buca sul manto stradale se dall'istruttoria è emerso che la buca era ampia, ben visibile e facilmente evitabile con l'adozione di un comportamento più attento (Cass. n. 12032/2018).

Ed ancora, in tema di danni causati da cose in custodia, il fatto colposo della vittima può escludere il nesso di causa tra la cosa e il danno, in misura tanto maggiore, quanto più il pericolo era prevedibile ed evitabile. È, pertanto, possibile anche che la distrazione o imprudenza della vittima siano di tale intensità o di tale anomalia, da porsi quale fattore causale esclusivo nella produzione dell'evento (Cass. n. 26258/2019, esclusa, nella specie, la responsabilità del condominio per la caduta su una macchia scivolosa ben visibile).   

In tale direzione, si è rilevato che in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull'evento dannoso, in applicazione, anche ufficiosa, dell'art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall'art. 2 della Costituzione. Ne consegue che, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l'adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l'efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un'evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l'esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro (Cass. n. 25460/2020, respinta, nella specie, la richiesta di risarcimento dei danni patiti dal ricorrente a seguito di in un sinistro stradale nel quale la vettura da lui condotta era finita in una grande buca esistente sul manto stradale nella specie, atteso che in considerazione dell'ora diurna in cui l'incidente si era verificato e delle dimensioni della buca, questa non poteva non essere vista da un attento utente della strada).

In tema di individuazione dei soggetti responsabili, il titolare di una unità immobiliare compresa in un edificio condominiale può esperire azione risarcitoria contro il condominio, in base all'art. 2051 c.c., per i danni derivanti dalle condizioni di degrado di un lastrico solare di uso esclusivo, ancorché tali difetti siano imputabili già all'originario venditore, unico proprietario pro indiviso dell'edificio, e siano stati oggetto di transazione con i condomini acquirenti al momento della costituzione del condominio, con esclusione della garanzia contrattuale ai sensi dell'art. 1490, comma 2, c.c., in quanto il condominio non subentra quale successore a titolo particolare nella responsabilità posta a carico del venditore, ma assume dal momento della sua costituzione l'obbligo, quale custode dei beni e dei servizi comuni, di adottare tutte le misure necessarie affinché tali cose non rechino pregiudizio ad alcuno (Cass. 28253/2023).

Si è precisato che i n tema di responsabilità per danni da cose in custodia  ex  art. 2051 c.c. , il proprietario del fondo dal quale si sia propagato un incendio è responsabile dei danni causati ad altro fondo, senza che sia necessaria una indefettibile contiguità fisica tra il fondo originante e quello danneggiato. (Cass. n. 1262/2024, nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva affermato la responsabilità della proprietaria del fondo dal quale aveva avuto origine l'incendio, poi propagatosi in quello del danneggiato dopo aver attraversato un fondo intermedio di proprietà di un terzo estraneo al giudizio).

Riparto dell'onere della prova

La responsabilità ex art. 2051 si fonda non su un comportamento od un'attività del custode, ma su una relazione (di custodia) intercorrente tra questi e la cosa dannosa.

Da ciò consegue che, in tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore compete provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento lesivo (Cass. n. 13260/2016), mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estraneo, alla sua sfera soggettivo, idoneo ad interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità (Cass. n. 11227/2008; Cass. n. 1106/2011).

Si è affermato che in tema di sinistro stradale, il danneggiato che agisca per il risarcimento dei danni subiti in conseguenza di una caduta avvenuta, mentre circolava sulla pubblica via alla guida del proprio ciclomotore, a causa di una grata o caditoia d'acqua, è tenuto alla dimostrazione dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, non anche dell'imprevedibilità e non evitabilità dell'insidia o del trabocchetto, né della condotta omissiva o commissiva del custode, gravando su quest'ultimo, in ragione dell'inversione dell'onere probatorio che caratterizza la responsabilità ex art. 2051, la prova di aver adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale presentasse, per l'utente, una situazione di pericolo occulto, nel cui ambito rientra anche la prevedibilità e visibilità della grata o caditoia (Cass. n. 11082/2016).

Ditalché, nel giudizio avente ad oggetto la richiesta di risarcimento del danno provocato da una cosa in custodia, il danneggiato deve dimostrare la relazione (di proprietà o di uso) intercorrente fra il convenuto e la res, il danno subito ed il rapporto di causalità fra la cosa e l'evento dannoso (Cass. n. 25243/2006), mentre grava sul custode l'onere di fornire la prova liberatoria del caso fortuito, idonea a superare la presunzione iuris tantum prevista a suo carico, dimostrando che l'evento dannoso si è verificato per l'intervento di un fattore esterno (fatto del terzo o dello stesso danneggiato), imprevedibile, inevitabile ed eccezionale che abbia inciso, interrompendolo, sul nesso causale.

Le due azioni di responsabilità per danni di cui agli art. 2043 e 2051 c.c. implicano sul piano eziologico e probatorio accertamenti diversi e coinvolgono distinti temi d'indagine: la prima azione impone di accertare se sia stato attuato un comportamento commissivo od omissivo dal quale è derivato un pregiudizio a terzi; nell'azione di responsabilità per danni da cosa in custodia, invece, si deve prescindere dal comportamento del custode, che è elemento estraneo alla struttura della fattispecie normativa, nella quale il fondamento della responsabilità è costituito dal rischio che grava sul custode, per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano dal caso fortuito (Trib. Massa 3 marzo 2016, n. 218).

Pertanto, in tema di responsabilità ex art. 2051, è onere del danneggiato provare il fatto dannoso ed il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la prima sia inerte e priva di intrinseca pericolosità (come in sé una sede stradale), dimostrare, altresì, che lo stato dei luoghi presentava un'obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi del secondo, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l'ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato (Cass. n. 11023/2018).

In tale direzione, in tema di danni causati da una caduta provocata dal dissesto di un marciapiede, la presenza di illuminazione nel tratto di strada dove si è verificato l'incidente, la intrinseca staticità dell'anomalia e le relative condizioni, tali da renderla agevolmente percepibile in quanto ampia e non occultata da ostacoli, sono elementi che obiettivamente imponevano al cittadino un dovere di ragionevole cautela, sicché può ritenersi che la caduta sia occorsa a causa della imprudenza e della distrazione del cittadino e sia unicamente da ascrivere alla sua condotta, idonea, invero, a interrompere il nesso causale riducendo la res a mera occasione dell'evento, con conseguente esenzione dell'ente da ogni responsabilità (Cass. n. 30394/2023).

Peraltro, nei confronti dei terzi danneggiati dall'esecuzione di opere effettuate in forza di in contratto di appalto, il committente è sempre gravato della responsabilità oggettiva di cui all'art. 2051 c.c., la quale non può venir meno per la consegna dell'immobile all'appaltatore ai fini dell'esecuzione delle opere stesse, bensì trova un limite esclusivamente nel ricorso del caso fortuito; il che naturalmente non esclude ulteriori responsabilità ex art. 2043 c.c. del committente e/o dell'appaltatore (Cass. n. 12909/2022).

Il regime applicabile nei confronti della P.A.

Con riferimento alla responsabilità della P.A. sui beni di sua proprietà, ivi comprese le strade, va ribadito che l'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051, dei sinistri causati dalla particolare conformazione della strada o delle sue pertinenze.

L'ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell'art. 2051, dei sinistri riconducibili a situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa (Cass. n. 15761/2016; Cass. n. 8995/2013), essendo peraltro configurabile il caso fortuito in relazione a quelle provocate dagli stessi utenti ovvero da una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato della cosa che, nonostante l'attività di controllo e la diligenza impiegata allo scopo di garantire un intervento tempestivo, non possa essere rimossa o segnalata, per difetto del tempo strettamente necessario a provvedere (Cass. n. 15720/11).

Tale responsabilità è esclusa solo dal caso fortuito, che può consistere, sia in una alterazione dello stato dei luoghi imprevista, imprevedibile e non tempestivamente eliminabile o segnalabile ai conducenti nemmeno con l'uso dell'ordinaria diligenza, sia nella condotta della stessa vittima, consistita nell'omissione delle normali cautele esigibili in situazioni analoghe e che, attraverso l'impropria utilizzazione del bene pubblico, abbia determinato l'interruzione del nesso eziologico tra lo stesso bene in custodia ed il danno (Cass. n. 8282/2014; Cass. n. 6306/2013; Cass. n. 2660/2013; Cass. n. 2108/2011).

Ove non sia applicabile la disciplina della responsabilità ex art. 2051, per l'impossibilità in concreto dell'effettiva custodia del bene demaniale, l'ente pubblico risponde dei danni da detti beni, subiti dall'utente, secondo la regola generale dettata dall'art. 2043, che non prevede alcuna limitazione della responsabilità della P.A. per comportamento colposo alle sole ipotesi di insidia o trabocchetto.

Se la colpa del custode non integra un elemento costitutivo della sua responsabilità, la prova liberatoria che egli è onerato di dare, nell'ipotesi in cui il danneggiato abbia dimostrato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l'evento dannoso, non può avere ad oggetto l'assenza di colpa, ma dovrà avere ad oggetto la sussistenza di un fatto fortuito o di un atto del danneggiato o del terzo che si pone esso stesso in relazione causale con l'evento di danno, caratterizzandosi, ai sensi dell'art. 41, comma 2, primo periodo, c.p., come causa esclusiva di tale evento (Cass. n. 18518/2024, nel caso di specie che a fronte delle condizioni di luogo, strada percorsa di notte e con forte vento, il danneggiato non aveva tenuto una la condotta di guida diligente e prudente).

Va negata l'operatività dell'art. 2051 c.c. in relazione a quella tipologia di sinistri nei quali il fattore di pericolo, specie se originante dalla condotta di terzi, ha esplicato la sua potenzialità offensiva prima che sia ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode (Cass. n. 32964/2022, esclusa, nella specie, la responsabilità del custode per il sinistro occorso ad un automobilista che aveva impattato contro alcune pietre presenti a sorpresa sulla via a seguito del crollo di un muro delimitante la sede stradale rispetto ad un vicino agrumeto)

Bibliografia

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