Codice Civile art. 2074 - [Efficacia dopo la scadenza] (1).[Efficacia dopo la scadenza] (1). (1) Articolo da ritenersi abrogato a seguito della soppressione dell'ordinamento corporativo disposta dal r.d.l. 9 agosto 1943, n. 721 e delle organizzazioni sindacali fasciste ad opera del d.lg.lt. 23 novembre 1944, n. 369. InquadramentoLa giurisprudenza, superando un contrasto protrattosi a lungo (v. ancora, per l'indirizzo interpretativo poi superato, Cass. n. 5908/2003), è ormai consolidata nel senso che la norma non è applicabile ai contratti collettivi di diritto comune previsti dal vigente ordinamento, poiché, ponendosi come limite alla libera volontà delle organizzazioni sindacali, sarebbe in contrasto con l'art. 39 Cost. (Cass. n. 25919/2016; Cass. S.U., n. 11325/2005). Infatti, i contratti collettivi postcorporativi, costituendo manifestazione dell'autonomia negoziale privata, sono regolati dalla libera volontà delle parti, cui soltanto spetta stabilire se l'efficacia di un accordo possa sopravvivere alla sua scadenza (Cass. n. 668/2004), onde alla previsione della perdurante vigenza del contratto fino alla nuova stipulazione deve essere riconosciuto il significato dell’indicazione, mediante la clausola dell’ultrattività, di un termine individuato in relazione ad evento futuro certo, benché privo di una precisa collocazione cronologica (Cass. n. 3672/2021). La norma, pertanto, resta applicabile solamente ai contratti collettivi corporativi ancora i vigore (Cass. n. 286/1974; Cass. n. 1063/1978). Per i contratti collettivi recepiti in decreto delegato, l'art. 7, comma 2, l. n. 741/1959, dispone in maniera analoga all'articolo in commento. La dottrina, salvo qualche rara eccezione, si è sempre espressa nel senso dell'incompatibilità dell'ultrattività legale con il principio dell'autonomia negoziale delle parti stipulanti (Scognamiglio 1980, 552; Simi, 85; Tursi 2006, 206). La disciplina del rapporto dopo la scadenza del contratto collettivoUna volta scaduto il contratto collettivo, non hanno più efficacia neppure le clausole di contenuto retributivo. La giurisprudenza afferma tuttavia che, anche dopo la scadenza del contratto collettivo, opera, a favore del lavoratore, la tutela offerta dall'art. 36 Cost., in relazione alla quale può prospettarsi una lesione derivante dalla riduzione del trattamento economico rispetto al livello retributivo già goduto (Cass. S.U., n. 11325/2005), seppure debba escludersi che la cessazione della vigenza del contratto collettivo integri di per sé la violazione del principio di equa retribuzione (v., in dottrina, Tursi 2006, 217). Pertanto i lavoratori possono ricorrere al giudice al fine di far accertare la retribuzione equa ai sensi della richiamata norma costituzionale e, al riguardo, possono indicare come valido parametro di determinazione della retribuzione equa e sufficiente il contratto collettivo scaduto, spettando poi al giudice stabilire se a tal fine debba tenersi conto anche di trattamenti aggiuntivi previsti dalla contrattazione collettiva di riferimento (Cass. n. 11602/2008; Cass. S.U., n. 11325/2005). Resta ferma la possibilità per le parti di conservare l'efficacia della disciplina contrattuale scaduta mediante idonea manifestazione di volontà al riguardo, volontà che, salva l'ipotesi della specifica previsione della necessità di una particolare forma, può essere espressa anche per facta concludentia, come ad esempio la corresponsione di voci retributive anche dopo la scadenza contrattuale (Cass. n. 11602/2008; Cass. n. 1050/1990), ovvero la mancanza di una formale disdetta del contratto collettivo e l'avvenuta riproduzione della norma nel contratto collettivo successivo (Cass. n. 2590/2009). 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