Codice Civile art. 2093 - Imprese esercitate da enti pubblici.

Paolo Sordi

Imprese esercitate da enti pubblici.

[I]. Le disposizioni di questo libro si applicano agli enti pubblici inquadrati nelle associazioni professionali [2201].

[II]. Agli enti pubblici non inquadrati si applicano le disposizioni di questo libro, limitatamente alle imprese da essi esercitate (1).

[III]. Sono salve le diverse disposizioni della legge [2221; 409 n. 4 c.p.c.] (2).

(1) V. art. 37 l. 20 maggio 1970, n. 300.

(2) V. artt. 1 e 195 8 r.d. 16 marzo 1942, n. 267.

Inquadramento

La norma risente della sua derivazione corporativa, presupponendo la distinzione, propria dell'ordinamento corporativo, tra enti pubblici inquadrati nelle categorie professionali e enti pubblici non inquadrati. Secondo la prevalente dottrina, essa è tuttora vigente perché esprime l'esigenza di uniformità di trattamento tra operatori economici provati e pubblici (Cassese, 573) che trova il suo fondamento ultimo nella stessa Costituzione; infatti, il riconoscimento della libertà di iniziativa economica (art. 41, comma 1), e della coesistenza dell'attività economica pubblica con quella privata su un piede di parità (art. 41, comma 3), richiedono, appunto, la sottoposizione dell'impresa pubblica e privata alla medesima regolamentazione (Ottaviano, 89). In senso contrario, v. Cirenei, 109.

Il comma 1 della norma si riferisce a quelli che vengono comunemente denominati come enti pubblici economici, una più recente definizione dei quali si rinviene nell'art. 409, n. 4, c.p.c., che estende la disciplina delle controversie di lavoro a quelle che coinvolgono i rapporti di lavoro instaurati dagli «enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica».

Il comma 2, invece, ha riguardo agli enti pubblici non economici e dispone che ad essi tale disciplina si applica limitatamente alle imprese esercitate. Per tutto il resto, la posizione degli enti pubblici non economici è oggetto della disposizione dell'art. 2129, al cui commenti si rinvia.

Le fattispecie oggetto della disciplina dell'art. 2093 sono dunque riconducibili alla più generale nozione di impresa pubblica, da intendersi in senso «soggettivo», come impresa la cui responsabilità gestoria sia di un soggetto pubblico o di una società in mano pubblica (Manin Carabba, 178).

Gli enti considerati dalla norma

Gli enti pubblici economici

La giurisprudenza precisa che, ai fini della qualificazione di un ente pubblico come economico, lo svolgimento dell'attività economica deve essere caratterizzato, se non necessariamente nella ricerca dell'utile, almeno nel perseguimento dell'equilibrio finanziario con criteri di economicità, ossia con equivalenza, almeno tendenziale, tra costi e ricavi (Cass. S.U., n. 6573/2006; Cass. S.U., n. 1132/2000).

La rilevanza pratica della categoria è molto diminuita dopo che il legislatore ha realizzato una vasta opera di trasformazione degli enti pubblici economici in società per azioni.

Inizialmente rimesso dal legislatore all'iniziativa dei singoli enti con la l. n. 35/1992, di conversione del d.l. n. 386/1991, ma non attuato da alcun ente pubblico, il processo di privatizzazione in senso formale (vale a dire consistente nel mero mutamento della forma giuridica, in quanto tale distinto da quello sostanziale, che si realizza con la collocazione sul mercato della totalità o della maggior parte delle azioni: Bonelli-Roli, 994) è stato concretamente avviato dalla l. n. 359/1992, di conversione del d.l. n. 333/1992, che ha trasformato ex lege in società per azioni i più importanti enti pubblici economici italiani (Iri, Eni, Ina ed Enel: art. 15, comma 1) ed ha stabilito che il Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) può deliberare la trasformazione in società per azioni «di enti pubblici economici, qualunque sia il loro settore di attività» (art. 18). In forza di quest'ultima norma sono stati trasformati in società per azioni l'Ente Ferrovie dello Stato-FS (deliberazione Cipe 12 agosto 1992) e l'Ente Poste italiane (deliberazione Cipe 18 dicembre 1997).

Con la successiva l. n. 59/1997, il Governo è stato delegato ad emanare, entro il termine del 31 luglio 1999, uno o più decreti legislativi al fine di «riordinare gli enti pubblici nazionali operanti in settori diversi dall'assistenza e dalla previdenza» (art. 11 lett. b), trasformandoli in società o in enti pubblici economici (art. 14 lett. b). In attuazione della l. n. 359/1992, il Governo ha trasformato in società per azioni, ad esempio, l'Ente autonomo Acquedotto pugliese (d.lgs. n. 41/1999) e l'Istituto poligrafico e Zecca dello Stato (d.lgs. n. 116/1999).

Effetto indiretto della privatizzazione è stato il parallelo svuotamento della portata pratica dell'art. 2093: i rapporti giuridici facenti capo ai soggetti ora trasformati in società, infatti, restano attratti nella sfera privatistica, ma ormai senza più la mediazione di tale norma.

Le imprese esercitate da enti pubblici non economici

Non è sempre facile l'individuazione degli enti pubblici assoggettati alle norme del codice solo per le imprese che essi esercitano in forma non prevalente rispetto alle attività amministrative.

La giurisprudenza fornisce qualche elemento orientativo. Così, Cass. S.U., n. 3322/1995 ha statuito che l'attività imprenditoriale svolta da un ente pubblico non economico conserva (a prescindere dalla sussistenza, o meno, di finalità speculative) la natura pubblicistica quando si svolge nell'ambito dell'organizzazione tipica e fondamentale dell'ente con gli strumenti propri dell'azione amministrativa, mentre acquista natura privatistica nel caso in cui l'ente, per il suo esercizio, si avvalga di un'organizzazione distinta e separata dalla struttura pubblicistica, dotata di autonomia gestionale, finanziaria, contabile e patrimoniale (onde siamo fuori dell'ambito di operatività dell'art. 2093, comma 2, quando l'azienda presenti un'autonomia meramente contabile, faccia capo agli stessi organi direttivi dell'ente, e si inserisca nell'ambito della sua complessiva struttura, quale strumento diretto ed indispensabile per il perseguimento delle finalità pubblicistiche istituzionali dell'ente medesimo: Cass. S.U., n. 4828/1978); correlativamente il rapporto di lavoro con i dipendenti ha natura pubblicistica o privatistica a seconda che si svolga in funzione di un'attività dell'una o dell'altra natura, essendo del tutto indifferente, al fine di valutare la natura pubblica del rapporto di lavoro, la circostanza che esso sia disciplinato da contratti collettivi di diritto privato. Così come è irrilevante, allo stesso fine, la circostanza che l'ente abbia, o meno, autonoma e distinta personalità giuridica (Cass. S.U., n. 916/1997).

Sono state ritenute enti pubblici non economici le Camere di Commercio (Cass. S.U., n. 1356/1987; Cass. S.U., n. 1192/1979). Invece sono state ricondotte nell'ambito della previsione dell'art. 2093, comma 2, le aziende municipalizzate, in quanto integrano strutture di tipo imprenditoriale, distaccate dall'organizzazione pubblicistica del Comune che le istituisce e svolgono, indipendentemente sia dalla rilevanza degli interessi generali loro affidati sia dall'espletamento dei relativi compiti in regime di concorrenza ovvero di monopolio, un'attività economica con ampia libertà e autonomia patrimoniale, nonché con modalità e strumenti di tipo privatistico, anche in forza di espressa qualificazione normativa (Cass. n. 9764/2000; Cass. S.U., n. 7752/1998). Identica conclusione è stata affermata per le aziende consorziali fra Comuni e Province (Cass. n. 2532/1984).

Le conseguenze dell'applicabilità della norma

L'appartenenza dell'ente alle categorie contemplate dall'articolo in esame determina l'applicazione ad esso di tutte le norme relative alla gestione dell'impresa, salvo eccezioni la cui possibilità è prevista dallo stesso art. 2093, al comma 3. Ne restano invece al di fuori le disposizioni sulle società, dato che gli enti in questione sono dotati di una propria e diversa forma giuridica ed in genere le prescrizioni che riguardano il profilo soggettivo dell'ente, governato dal diritto pubblico.

Con riferimento al rapporto di lavoro del personale è da tempo pacifico il totale assoggettamento alle norme codicistiche ed alle leggi speciali di diritto privato.

Quanto alle eccezioni, poi, alcune risultano già dal codice, come l'esonero dall'obbligo di iscrizione nel registro delle imprese commerciali (art. 2201) ovvero la sottrazione alle procedure fallimentari (art. 2221).

Altre risultano da discipline speciali, espressamente o implicitamente applicabili all'intera categoria, ovvero da previsioni specifiche per i singoli enti.

Secondo la dottrina rientrano tra gli atti aventi forza di legge cui fa riferimento il terzo comma dell'art. 2093 anche le disposizioni degli statuti degli enti se approvati con legge (Cirenei, 154).

Bibliografia

Albi, Art. 2087: tutela delle condizioni di lavoro, Milano, 2008; Bigiavi, L'imprenditore occulto, Padova, 1954; Bigiavi, La professionalità dell'imprenditore, Padova, 1948; Bigiavi, La «piccola impresa», Milano, 1947; Bona, Responsabilità civile da mobbing, in Dig. civ., Agg. II, t. II, Torino, 2003, 1107; Bonelli-Roli, Privatizzazioni, in Enc. dir., Agg. IV, Milano, 2000, 994; Buonocore, Impresa (dir. priv.), in Enc. dir., Annali, I, Milano, 2007, 760; Camodeca-Vitaliano Donato, Note economico-aziendali sulla dimensione del piccolo imprenditore nel fallimento e cenni alla fase prefallimentare, in Dir. fall. 2007, I, 328; Carullo, Regolamento interno d'impresa, in Nss. D. I., XV, Torino, 1968, 345; Cassese, Ente pubblico economico, in Nss. Dig. It., VI, Torino, 1957, 573; Cirenei, Le imprese pubbliche, Milano, 1983; Dell'Olio, L'art. 2087 cod. civ.: un'antica, importante e moderna norma, in Dell'Olio, Inediti, Torino, 2007, 147; Fauceglia, Condizioni soggettive ed oggettive di fallibilità: la nuova nozione di piccolo imprenditore. La piccola società commerciale. La crisi e l'insolvenza, in Dir. fall. 2006, I, 1039; Ferrara jr., Sulla nozione di piccolo imprenditore nel nuovo codice civile, in Riv. dir. comm. 1944, I, 65; Ferrante, Direzione e gerarchia nell'impresa (e nel lavoro pubblico privatizzato), Milano, 2012; Galgano, Imprenditore, in Dig. comm., VII, Torino, 1992, 1; Galgano, Imprenditore e società occulta, in Enc. giur., Roma, 1989; Galgano, L'imprenditore, Bologna, 1972; Galli, Regolamento di impresa, in Enc. giur., Roma, 1991; Gatti, Piccola impresa, in Enc. dir., XXXIII, Milano, 1983, 758; Genovese, La nozione giuridica di imprenditore, Padova, 1990; Genovese, Il piccolo imprenditore commerciale, in Riv. dir. comm. 1971, I, 265; Giuffrida, Imprenditore agricolo, in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 549; Goldoni, Coltivatore diretto, in Dig. civ., II, Torino, 1988, 513; Oppo, Impresa e imprenditore, I) Diritto commerciale, in Enc. giur., Roma, 1989; Hernandez, Posizioni non contrattuali nel rapporto di lavoro, Padova, 1968; Mancini, Le Commissioni interne nel sistema di relazioni industriali, Bologna, 1965, 1130; Manin Carabba, Impresa pubblica, in Digesto pubbl., VIII, Torino, 1993, 175; Natullo, La tutela dell'ambiente di lavoro, Torino, 1995; Oppo, L'impresa come fattispecie, in Riv. dir. civ. 1980, I, 109; Ottaviano, Ente pubblico economico, in Digesto pubbl., VI, Torino, 1991, 85; Panuccio, Impresa (dir. priv.), in Enc. dir., XX, Milano, 1970, 562; Pulitanò, Igiene e sicurezza del lavoro (diritto penale), in Dig. pen., VI, Torino, 1992, 102; Santoro Passarelli, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1992; Scognamiglio, Diritto del lavoro, Napoli, 1997; Semino, Impresa artigiana, in Dig. comm., Agg., Torino, 2000, 363; Smuraglia, Igiene. III) Igiene e sicurezza del lavoro, in Enc. giur., Roma, 1991; Spada, Impresa, in Dig. comm., VII, Torino, 1992, 32.

Vuoi leggere tutti i contenuti?

Attiva la prova gratuita per 15 giorni, oppure abbonati subito per poter
continuare a leggere questo e tanti altri articoli.

Sommario