Codice Civile art. 2475 - Amministrazione della società 1 .Amministrazione della società 1. [I]. L'istituzione degli assetti di cui all'articolo 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479. Si applica l'articolo 238223. [II]. All'atto di nomina degli amministratori si applicano il primo4, quarto e quinto comma dell'articolo 2383. [III]. Quando l'amministrazione è affidata a più persone, queste costituiscono il consiglio di amministrazione. L'atto costitutivo può tuttavia prevedere, salvo quanto disposto nell'ultimo comma del presente articolo, che l'amministrazione sia ad esse affidata disgiuntamente oppure congiuntamente; in tali casi si applicano, rispettivamente, gli articoli 2257 e 2258. [IV]. Qualora sia costituito un consiglio di amministrazione, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In tal caso dai documenti sottoscritti dagli amministratori devono risultare con chiarezza l'argomento oggetto della decisione ed il consenso alla stessa. [V]. La redazione del progetto di bilancio e dei progetti di fusione o scissione, nonché le decisioni di aumento del capitale ai sensi dell'articolo 2481 sono in ogni caso di competenza dell'organo amministrativo 5. [VI]. Si applica, in quanto compatibile, l'articolo 23816.
[2] Periodo aggiunto dall'art. 6, comma 1, lett. a) d.lgs. 8 novembre 2021, n. 183. [3] Comma sostituito dall'art. 40, comma 4, d.lgs. 26 ottobre 2020, n. 147. Ai sensi dell'art. 42, comma 1, del citato decreto la presente disposizione entra in vigore il 20 novembre 2020. Il testo del comma, come da ultimo sostituito dall'art. 377, comma 4, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14, era il seguente: <<La gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479>>. Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2, d.lgs. n. 14, cit., entrava in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto. Il testo del comma precedentemente alla sostituzione era il seguente: «Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479». [4] L'art. 6, comma 1, lett. b) d.lgs. 8 novembre 2021, n. 183 ha aggiunto la parola <<primo,>> dopo le parole <<si applicano il>>. [6] Comma aggiunto dall'art. 377, comma 5, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14. Tale modifica, ai sensi dell'art. 389, comma 2, d.lgs. n. 14, cit., entra in vigore il trentesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del presente decreto (16 marzo 2019). InquadramentoCoerentemente con l'ampio spazio che la riforma del diritto delle società ha riservato all'autonomia privata, l'articolo in commento detta una normativa in materia di amministrazione della società che, pur se ancora modellata su quella corrispondente prevista per le società per azioni, è prevalentemente derogabile e suppletiva (Abriani, 548). L'art. 377, comma 4, d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 aveva modificato il primo comma della disposizione in commento, disponendo che la gestione dell'impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all'articolo 2086 c.c., secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori. La modifica normativa, peraltro già entrata in vigore, aveva posto numerosi problemi di coordinamento con le ulteriori disposizioni codicistiche che continuavano a prevedere rilevanti poteri gestori in capo ai soci. E, infatti, per come evidenziato dai primi studi effettuati (cfr., Atlante-Maltoni-Ruotolo, 1), a fronte della nuova impostazione normativa, l'interprete poteva in astratto scegliere fra tre possibili soluzioni: 1) il nuovo primo comma dell'art. 2475, quale norma successiva, determina l'abrogazione implicita delle norme precedenti che risultino incompatibili con il principio dell'esclusiva responsabilità degli amministrazione per la gestione sociale; 2) la nuova disposizione dell'art. 2475 non comporta alcuna abrogazione delle norme precedenti, in quanto destinata a spiegare i suoi effetti solo sul piano organizzativo; 3) il nuovo art. 2475 deve ritenersi viziato da illegittimità costituzionale, in quanto palesemente inconciliabile con alcune delle norme precedenti, che in caso contrario dovrebbero considerarsi implicitamente abrogate pur in assenza di una espressa previsione in tal senso nella Legge Delega del 2017; vizio di incostituzionalità da identificarsi nell'eccesso di delega. Si era, dunque, evidenziato che il principio di esclusiva spettanza agli amministratori della gestione sociale doveva essere letta unitamente al richiamo, pure contenuto nel primo comma della disposizione in commento, all'art. 2086 il cui secondo comma (anch'esso introdotto dalla riforma della crisi d'impresa) stabilisce che l'imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. Le recenti modifiche, quindi, inerirebbero non tanto sul profilo della concreta gestione imprenditoriale della società, ma sugli obblighi organizzativi della società che, sulla base delle precisazioni normative così introdotte, farebbero capo, in via esclusiva, agli amministratori (così, Atlante-Maltoni-Ruotolo, 8). Al fine di risolvere i problemi accennati è intervenuto il legislatore con il d.lgs., 26.10.2020, n. 147 recante disposizioni integrative e correttive al codice della crisi (d.lgs. n. 14/2019). Ebbene, l'art., 40 del predetto d.lgs. 147/2020 ha riformulato il primo comma dell'art. 2475 che oggi così dispone: “l'istituzione degli assetti di cui all'art. 2086, secondo comma, spetta esclusivamente agli amministratori. Salvo diversa disposizione dell'atto costitutivo, l'amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell'articolo 2479”. Con la nuova formulazione del primo comma della disposizione in commento è stato chiarito che spetta “esclusivamente” agli amministratori la predisposizione degli assetti di cui all'art. 2086, secondo comma, c.c. e che, dunque, grava esclusivamente su di essi il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell'impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell'impresa e della perdita della continuità aziendale. Inoltre, gli amministratori hanno anche l'obbligo di attivarsi senza indugio per l'adozione e l'attuazione di uno degli strumenti previsti dall'ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale. In altre parole, le recenti modifiche ineriscono non tanto sul profilo della concreta gestione imprenditoriale della società (che rimane disciplinata dalle precedenti disposizioni codicistiche), ma (solo) sugli obblighi organizzativi della società che, sulla base delle precisazioni normative così introdotte, fanno capo, in via esclusiva, agli amministratori (così, Atlante-Maltoni-Ruotolo, 8). Il rapporto di amministrazione non costituisce un mandato ma una figura contrattuale a sé stante riconducibile all'ampio genus dei contratti di prestazione d'opera quale rapporto professionale autonomo di regola a titolo oneroso (Trib. Roma, 19 ottobre 2015). Nomina e revoca degli amministratoriIl primo comma dell'articolo in commento dispone che, in difetto di diversa previsione contenuta nell'atto costitutivo: 1) devono essere nominati amministratori «uno o più soci»; 2) la nomina degli amministratori spetta ai soci nelle forme di cui all'art. 2479. Quindi, l'atto costitutivo può consentire, in primo luogo, la nomina alla carica di amministratore di soggetti estranei alla compagine sociale (Abriani, 548; Salvatore, in Comm. S.B. 2014, 444) e, dunque, anche persone giuridiche (Consiglio notarile di Milano, massima 100). La nomina dei primi amministratori è contenuta nell'atto costitutivo (art. 2463 comma 2, n. 8). Gli amministratori successivi ai primi sono designati dai soci con il metodo assembleare ai sensi dell'art. 2479 salvo che l'atto costitutivo preveda una decisione mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto (Zanarone, 948). La materia della nomina degli amministratori presenta delle interferenze con la disciplina dei diritti particolari prevista dall'art. 2468. In particolare, la stessa funzione di amministratore (anche unico, Zanarone, 953; Abriani, 550) potrebbe essere riservata ad uno o più soci ovvero ad una categoria di essi. Sotto altra prospettiva, può essere attribuito, come diritto particolare, la facoltà di nominare gli amministratori ovvero di esprimere il gradimento quale condizione di efficacia della nomina (Abriani). L'autonomia privata incontra il limite di non potere demandare la nomina degli amministratori a soggetti diversi dai soci (Zanarone, 952; Abriani, 550). Essendo l'atto unilaterale di nomina un potere esclusivo della assemblea, per la valida instaurazione del rapporto organico di amministrazione fra la società e l'amministratore non è sufficiente la sola deliberazione di nomina, ma occorre anche la relativa accettazione, quale ulteriore atto unilaterale. L'accettazione si può realizzare mediante qualsiasi comportamento idoneo a manifestare la volontà di assumere la carica, ovvero può desumersi da atti positivi incompatibili con la volontà di rifiutare la nomina stessa (Trib. Napoli, 14 settembre 2011, in Soc. 2011, 1342). Gli amministratori devono richiedere, entro trenta giorni, l'iscrizione della loro nomina nel registro delle imprese; dopo l'esecuzione di tale adempimento pubblicitario, le cause di nullità o di annullabilità della nomina degli amministratori che hanno la rappresentanza della società non sono opponibili ai terzi, salvo che la società provi che i terzi ne erano a conoscenza (art. 2383 commi 4 e 5 richiamati dall'art. 2475 comma 2). A differenza di quanto previsto nelle società azionarie, l'incarico di amministratore può essere a tempo indeterminato (Abriani, 553). Si ritiene lecito l'inserimento nello statuto della clausola simul stabunt simul cadent (Regoli, 122 che fa comunque salva la prorogatio degli amministratori fino alla loro sostituzione; Abriani, 553) che comporta la cessazione di tutti gli amministratori in carica al verificarsi di una ipotesi di estinzione del rapporto di amministrazione limitatamente ad uno di essi (per una valutazione delle implicazioni dell'operatività di tale clausola con la disciplina dei diritti particolari, cfr., Regoli, 123 ss.) Quanto alla revoca degli amministratori di società a responsabilità limitata, il legislatore ha inteso disciplinare soltanto l'ipotesi di revoca giudiziale in caso di gravi irregolarità nella gestione della società attribuendo la legittimazione attiva a ciascun socio (art. 2476 comma 3). L'articolo in esame, invece, non disciplina la revoca degli amministratori da parte dei soci. Si discute, quindi, se sia applicabile alla società a responsabilità limitata l'art. 2383 comma 3 nella parte in cui prevede che gli amministratori sono «in qualunque tempo» revocabili dall'assemblea, salvo, però, il diritto al risarcimento del danno se la revoca interviene in assenza di giusta causa. Secondo l'orientamento maggioritario, l'attuale, persistente riconducibilità della società a responsabilità limitata nell'ambito delle società capitalistiche induce a ritenere possibile l'applicazione della norma dettata per le società azionarie con la conseguenza che i soci potranno in qualsiasi momento revocare gli amministratori (Ambrosini, 1569; Salvatore, in Comm. S.B. 2014, 448; Bartalena, 163 ss.; contra Weigmann, 985 il quale, richiamando per analogia l'art. 1723, comma 2, ritiene che possa decidersi la revoca esclusivamente adducendo una giusta causa). Nonostante il silenzio del testo normativo, gli amministratori della s.r.l. possono essere revocati dall'assemblea dei soci, in applicazione analogica dell'art. 2383 comma 3 (Trib. Milano, 12 marzo 2013, in Soc. 2013, 791; Trib. Napoli, 14 settembre 2011, in Soc. 2011, 1342; Trib. Arezzo, 18 ottobre 2011, in Soc. 2011, 1342). Si precisa, inoltre, che la revoca dell'amministratore nominato nell'atto costitutivo non richiede, ai fini della sua efficacia, né la modifica dell'atto costitutivo né la sussistenza di una giusta causa, la quale ultima incide soltanto sull'eventuale obbligo della società di risarcire i danni all'amministratore revocato, secondo le norme sul mandato (Trib. Torino, 18 ottobre 2012, in Giur. it. 2013, 867). La disciplina delle società a responsabilità limitata non regolamentava le cause di ineleggibilità e di decadenza degli amministratori, sicché, riguardo ad essi, era dubbio se trovasse applicazione l'art. 2382. Peraltro, in ordine alla decadenza dell'amministratore di società a responsabilità limitata che sia stato dichiarato fallito, è recentemente intervenuto il d.lgs. 8 novembre 2021, n. 183, che ha recepito la direttiva (UE) 2019/1151 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 20 giugno 2019, recante modifica della direttiva (UE) 2017/1132 per quanto concerne l'uso di strumenti e processi digitali nel diritto societario. In particolare, l'art. 6, comma 1, lett. a) del citato d.lgs. ha aggiunto al primo comma dell'art. 2475 c.c. il richiamo all'art. 2382 c.c. In virtù di tale aggiunta, trova applicazione anche alle società a responsabilità limitata il citato art. 2382 c.c., in base al quale non può essere nominato amministratore, e se nominato decade dal suo ufficio, l'interdetto, l'inabilitato, il fallito, o chi è stato condannato ad una pena che importa l'interdizione, anche temporanea, dai pubblici uffici o l'incapacità ad esercitare uffici direttivi. I modelli organizzativi
Il terzo comma dell'art. 2475 disciplina l'ipotesi di nomina di più amministratori ponendo la regola, derogabile, che questi vengono così a comporre un consiglio di amministrazione. All'interno del consiglio, gli amministratori deliberano a maggioranza per teste collegialmente (Abriani, 563). In tal caso, l'atto costitutivo può prevedere che le decisioni siano adottate mediante consultazione scritta o sulla base del consenso espresso per iscritto. In caso di più amministratori, l'atto costitutivo può prevedere che l'amministrazione sia ad essi affidata disgiuntamente oppure congiuntamente. Nel primo caso, l'amministrazione della società spetta a ciascun socio disgiuntamente dagli altri, secondo la disciplina dell'art. 2257 filtrata dal giudizio di compatibilità. Ciascun socio amministratore ha diritto di opporsi all'operazione che un altro voglia compiere, prima che sia compiuta; la decisione sull'opposizione spetta alla maggioranza dei soci, dovendosi intendere compresi anche i non amministratori (Abriani, 574; Zanarone, 980; Cagnasso, 224), secondo le quote di partecipazione al capitale sociale e non agli utili (Zanarone, 980, nt. 120; Abriani, ivi). Ove i soci abbiano previsto un regime di amministrazione congiuntiva, il compimento delle operazioni sociali è subordinato al consenso di tutti gli amministratori salvo che l'atto costitutivo prevede l'applicazione del principio maggioritario (Salvatore, in Comm. S.B., 2014, 455). L'impugnazione delle deliberazioni consiliariLe norme in materia di società a responsabilità limitata non prevedono una disciplina organica della invalidità delle deliberazioni del consiglio di amministrazione limitandosi, all'art. 2475 ter comma 2, a prevedere la sola fattispecie del conflitto di interessi. Sono legittimati ad impugnare le deliberazioni del consiglio di amministrazione di società consortile a responsabilità limitata sia gli amministratori dissenzienti per violazione di legge o dell'atto costitutivo, sia i soci lesi nei loro diritti soggettivi (Trib. Terni, 15 novembre 2004, in Foro it. 2005, 1626). Infatti, l'art. 2388 deve essere interpretato quale espressione di un principio generale di sindacabilità delle delibere di tutti gli organi sociali per contrarietà alla legge o all'atto costitutivo. Ne consegue, pertanto, la sua applicazione analogica anche alle società a responsabilità limitata, con la diretta conseguenza di rendere impugnabili (anche) le deliberazioni del c.d.a. oltre i casi disciplinati dall'art. 2475 ter (Trib. Milano, 27 febbraio 2013, in Giur. it. 2560; Trib. Milano, 1 marzo 2012, in Giur. it. 2013, 1120; contra, però, Trib. Milano, 19 febbraio 2009, in Soc. 2009, 1269; Trib. Verona, 1 settembre 2004, in Giur. mer. 2006, 124). Inoltre, stante l'identità di ratio, l'art. 2388, comma 4, inciso finale, è applicabile analogicamente alla società a responsabilità limitata, anche per le decisioni dell'amministratore unico lesive dei diritti dei soci, costituendo tale facoltà espressione di un principio generale dell'ordinamento (Trib. Roma, 12 settembre 2012, in Vita not. 2013, 239). Secondo altra ricostruzione, il silenzio del legislatore in ordine alla legittimazione dei soci di una s.r.l. ad impugnare le delibere consiliari costituisce una lacuna che deve essere colmata con il ricorso all'applicazione analogica (non già dell'art. 2388, comma 4, ma) dell'art. 2479 ter: l'interprete deve cioè procedere (non all'eterointegrazione, ma) all'autointegrazione nell'ambito del sistema della s.r.l. (Lodo arbitrale, 12 maggio 2007, in Banca borsa tit. cred. 2011, II, 356). BibliografiaAbriani, in Comm. Gabrielli, Milano, 2015; Ambrosini, in Comm. Niccolini-Stagno d'Alcontres, Napoli, 2004; Angelillis-Sandrelli, in Comm. 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