Regio decreto - 16/03/1942 - n. 267 art. 88 - Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore.

Alessandro Farolfi

Presa in consegna dei beni del fallito da parte del curatore.

 

Il curatore prende in consegna i beni di mano in mano che ne fa l'inventario insieme con le scritture contabili e i documenti del fallito.

Se il fallito possiede immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, il curatore notifica un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento ai competenti uffici, perché sia trascritto nei pubblici registri1.

Inquadramento

L'art. 88 si collega strettamente alla disposizione contenuta nell'art. 87. Infatti, se si può sostenere che la pubblicazione della stessa sentenza di fallimento produca l'effetto, ope legis, di determinare il c.d. spossessamento del debitore fallito, è soltanto con il procedimento di inventariazione (eventualmente preceduto dall'apposizione dei sigilli quale misura interinale urgente, soprattutto nei casi in cui non sia possibile procedere nell'immediatezza con le operazioni di inventario o queste appaiano complesse) che i beni costituenti l'attivo della procedura entrano nella custodia del curatore. Come si vedrà al paragrafo che segue è lo stesso concetto di «spossessamento» a risultare discusso, non essendo affatto chiarito se si tratti di una perdita di possesso effettiva e piena o della mera perdita del corpus possessionis (sì che al curatore verrebbe attribuita una mera detenzione, oltre che la responsabilità ex recepto dell'integrità e della conservazione dell'attivo esistente al momento dell'apertura del concorso dei creditori). L'inventariazione, peraltro, ha effetti particolarmente invasivi, posto che l'inclusione di un bene nell'inventario implica, da un lato, l'imposizione sullo stesso di un vincolo di destinazione al soddisfacimento dei creditori; dall'altro, presuppone qualcosa di meno di un effettivo accertamento della proprietà sul bene in capo al fallito, essendo sufficiente la disponibilità (cfr. art. 42) da parte del fallito. Da tale momento incombe ai terzi, che pretendano di avere diritti reali o personali sulla res, di proporre una domanda di accertamento con le forme richieste per la formazione dello stato passivo (c.d. rivendiche ex art. 103 l.fall.). Si può pertanto affermare che la disposizione dell'art. 88 abbia un valore meramente descrittivo degli effetti che l'inclusione del bene nell'inventario produce riguardo alla posizione del curatore.

Nell'ipotesi in cui, prima della dichiarazione di fallimento, sia stata iniziata da un creditore l'espropriazione di immobili del fallito, a norma dell'art. 107 l.fall., il curatore si sostituisce al creditore istante, e tale sostituzione opera di diritto, senza che sia necessario un intervento da parte del curatore o un provvedimento di sostituzione da parte del giudice dell'esecuzione e, se non sia stato nominato un custode diverso dal debitore, anche la custodia dei beni pignorati si trasferisce immediatamente in capo al curatore, ex artt. 42 l.fall. e 559 c.p.c. Ne consegue che, in caso di danni subiti da un immobile acquistato all'incanto in sede di esecuzione individuale e rimasto privo di custodia tra l'aggiudicazione e la consegna, della relativa obbligazione risarcitoria risponde la massa, dovendosi pertanto ammettere il relativo credito, ove insinuato al passivo, tra quelli prededucibili ex art. 111 n. 1 l.fall. (Cass. n. 10599/2009).

Possesso o disponibilità dei beni

Si è detto che risulta discussa la qualificazione giuridica dell'apprensione dei beni dell'attivo fallimentare da parte del curatore, come pure lo stesso concetto di spossessamento, di cui nella prassi normalmente si discorre. L'art. 42 afferma che la sentenza che dichiara il fallimento priva dalla sua data il fallito dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazione di fallimento. Letteralmente la norma parla di perdita della semplice disponibilità e, del resto, si sostiene che la sentenza produca effetti assimilabili a quelli del pignoramento, secondo una regola che, mutatis mutandis, può essere assimilata a quella posta dall'art. 2913 c.c., secondo cui «non hanno effetto in pregiudizio del creditore pignorante e dei creditori che intervengono nell'esecuzione gli atti di alienazione dei beni sottoposti a pignoramento, salvi gli effetti del possesso di buona fede per i beni mobili non iscritti nei pubblici registri». Da questo punto di vista risultano significative le disposizioni di cui agli artt. 45 e 54, circa l'equiparazione della sentenza di fallimento al pignoramento (al cui commento si rinvia) con l'ovvia differenza che qui l'esecuzione ha carattere collettivo e concorsuale, investendo non singoli beni, ma l'intero patrimonio del fallito. D'altra parte quest'ultimo non perde la propria capacità giuridica (quasi che la sentenza di fallimento operasse come una sorte di capitis deminutio di romanistica memoria), tanto è vero che il fallito può acquistare ulteriori beni dopo il fallimento e che lo stesso, ad esempio, può succedere a titolo ereditario in beni ulteriori (da questo punto di vista, infatti, l'art. 42, comma 2 aggiunge che sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento, dedotte le passività incontrate per l'acquisto e la conservazione dei medesimi). Quello che il fallito perde è la capacità di disporre dei beni stessi con effetti opponibili alla massa ed al curatore, che per converso ha l'amministrazione del patrimonio costituente l'attivo fallimentare e succede nella posizione sostanziale e processuale del fallito; tuttavia va precisato che l'atto di disposizione che quest'ultimo per ipotesi ponesse in essere dopo l'apertura della procedura concorsuale non è invalido o nullo, bensì semplicemente inefficace rispetto ai creditori concorsuali. Tanto comporta che mentre la dottrina tradizionale continua a ritenere che il curatore acquisisca un vero e proprio possesso sui beni dell'attivo fallimentare, la giurisprudenza prevalente preferisce affermare che l'inclusione nell'inventario comporti l'acquisto di una semplice detenzione da parte del curatore, da cui consegue la sussistenza di una responsabilità per la loro custodia.

Si è recentemente osservato che poiché la legge non prescrive, tra gli elementi di individuazione della data della sentenza dichiarativa di fallimento, l'annotazione dell'ora in cui la decisione è stata emessa, detta sentenza produce i suoi effetti dall'ora zero del giorno della sua pubblicazione, con la conseguenza che dall'inizio di tale giorno il fallito è privato dell'amministrazione e della disponibilità dei suoi beni e sono inefficaci nei confronti dei creditori concorsuali tutti gli atti da lui compiuti e i pagamenti da lui eseguiti o ricevuti (Cass. 19 luglio 2016, n. 14779). Con riferimento all'interferenza fra interessi della procedura, diritti dei terzi di buona fede ed applicazione di misure cautelari di carattere patrimoniale da parte del giudice penale, l'interpretazione dell'ambito di legittimazione del curatore è stata data in termini abbastanza riduttivi: Il curatore fallimentare non è legittimato a proporre impugnazione contro il provvedimento di sequestro adottato ai sensi dell'articolo 19 del d.lgs. n. 231 del 2001. La verifica delle ragioni dei terzi al fine di accertare la buona fede spetta al giudice penale e non al giudice fallimentare (Cass. pen. n. 11170/2015). La buona fede del terzo in questi casi non si presume ma va allegata e dimostrata dall'avente diritto.

Beni immobili e mobili registrati: la trascrizione della sentenza

Il secondo comma della norma in commento riguarda più specificamente le attività richieste ai fini dell'effettiva inventariazione dei beni immobili e mobili registrati ricompresi nel patrimonio del fallito. In modo analogo a quanto avviene per il pignoramento, non è sufficiente la semplice descrizione nel verbale ma occorre altresì, attese le regole di pubblicità prescritte per le vicende traslative e comunque inerenti la circolazione di detti beni, la trascrizione della sentenza di fallimento. Va evidenziato che in passato la norma richiedeva una semplice annotazione della sentenza dichiarativa che, di per sé considerata, non poneva alcun vincolo prenotativo o di seguito rispetto ai terzi. L'art. 5, comma 1 del decreto correttivo della riforma, d.lgs. n. 169/2007, ha pertanto sostituito alla parola «annotato» la parola «trascritto», così accogliendo le osservazioni della dottrina che ritenevano non corretta la formalità della mera annotazione della sentenza rispetto ad una domanda giudiziale che non veniva in alcun modo preventivamente trascritta (l'annotazione infatti si ricollega nella produzione dei suoi effetti all'evento prenotativo della trascrizione della domanda che, per il ricorso di fallimento, non è prevista). Pertanto, oggi il curatore deve procedere sollecitamente alla trascrizione di un estratto della sentenza dichiarativa di fallimento presso i pubblici registri immobiliari (od il pubblico registro automobilistico o altro pubblico registro previsto in relazione alla natura del bene, es. navi ed aeromobili). La trascrizione opera con funzione di pubblicità notizia e completa rispetto ai terzi gli effetti derivanti dall'inclusione nell'inventario del bene immobile o mobile registrato cui l'adempimento pubblicitario si riferisce. A tal fine il curatore predispone una nota di trascrizione che deve contenere i dati da utilizzare per l'adempimento pubblicitario che non possano essere ricavati direttamente dal titolo giudiziale. Per il P.r.a. tali dati riguardano fondamentalmente la targa di circolazione non avendo tale registro un'organizzazione su base soggettiva.

Pur se il tema specifico non è destinato a porsi nell'ambito del fallimento, un recente provvedimento ha rilevato che l'obbligo del commissario giudiziale, di cui al combinato disposto degli articoli 166 e 88, comma 2, l.fall., di provvedere alla notifica al conservatore dell'estratto autentico del decreto di ammissione al concordato preventivo ai fini della trascrizione sui beni immobili del debitore, deve ritenersi operante anche con riferimento agli immobili di terzi ceduti ai creditori del concordato (Trib. Ascoli, 16 aprile 2014).

Bibliografia

 Apice, L'acquisizione dell'attivo nelle procedure concorsuali, in ilfallimento.it; Bonfatti – Censoni, Manuale di diritto fallimentare, Padova, 2011; Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallimentare, Padova, 2013; Mancinelli, il fascicolo della procedura e le spese, in Tratt. di diritto delle procedure concorsuali, Apice (a cura di), Torino, 2010; Marcone, Custodia e amministrazione delle attività fallimentari, Sez. I, in Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Panzani (a cura di), Torino, 2000; Paluchowski, Sub art. 84 l.fall., in Codice del fallimento, Paiardi, Bocchiola e Paluchowski (a cura di), Milano, 2009; Santangeli, Della custodia e dell'amministrazione delle attività fallimentari, in Tratt. diritto fallimentare e delle altre procedure concorsuali, Vassalli – Luiso – Gabrielli (a cura di), Torino, 2014; Zanichelli, La nuova disciplina del fallimento e delle altre procedure concorsuali, Torino, 2008.

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