Legge - 1/12/1970 - n. 898 art. 10

Giuseppe Pagliani
Francesco Maria Bartolini

Art. 10.

[1. La sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, quando sia passata in giudicato, deve essere trasmessa in copia autentica, a cura del cancelliere del tribunale o della Corte che l'ha emessa, all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto, per le annotazioni e le ulteriori incombenze di cui al regio decreto 9 luglio 1939, n. 1238.]1

2. Lo scioglimento e la cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciati nei casi rispettivamente previsti dagli articoli 1 e 2 della presente legge, hanno efficacia, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.

[1] Comma abrogato dall'articolo 27, comma 1, lettera f) del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149 con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera a), della Legge 29 dicembre 2022, n. 197.

Inquadramento

Norma a suo tempo importante sul piano pratico perché conteneva la disciplina degli adempimenti conseguenti alla pronuncia del divorzio da osservarsi, rispettivamente, da parte del cancelliere del tribunale dopo la sentenza e dell'ufficiale di stato civile responsabile della tenuta del registro di stato civile nel quale si annotano i matrimoni. Al riguardo occorreva distinguere tra cessazione degli effetti civili del matrimonio concordatario e scioglimento del matrimonio civile.

La pronuncia di scioglimento (art 1 l. 1 dicembre 1970, n. 898) del matrimonio — civile- viene effettuata con riferimento al matrimonio iscritto nei registri dello stato civile del Comune di celebrazione, a un numero progressivo della parte I, dell'anno di celebrazione.

La pronuncia di cessazione degli effetti civili (art 2 l. 1 dicembre 1970, n. 898) del matrimonio — religioso, e principalmente concordatario - viene effettuata con riferimento al matrimonio trascritto nei registri dello stato civile del Comune di celebrazione, a un numero progressivo della parte II, serie A, dell'anno di celebrazione.

L'informazione fornita all'ufficiale di stato civile e la sua successiva annotazione a registro consentono, sia per consultazione diretta che per estratto autentico dell'atto di matrimonio, di conoscere lo status dei coniugi e le modalità attraverso le quali il loro matrimonio è venuto a perdere effetti vincolanti.

La normativa è stata modificata dal d.lgs. di riforma del processo civile n. 149/2022, che ha abrogato il primo comma dell'art. 10. L'abrogazione ha trovato ragione nel nuovo disposto dell'art. 152-septies , secondo comma, disp. att. c.p.c. che ha ripreso senza modifiche sostanziali il testo della norma della l. n.  898/1970 contestualmente abrogata. E' mutato soltanto il riferimento al testo normativo fonte della disciplina della tenuta degli atti di stato civile, attualmente da intendersi come riguardante il d.p.r. 3 novembre 2000, n. 396.

Adempimenti

L'ufficiale di stato civile provvede a vari adempimenti quando riceve del cancelliere — del tribunale o della Corte a seconda dei casi- la sentenza di divorzio passata in giudicato.

La norma prevede che la sentenza sia trasmessa direttamente all'ufficiale dello stato civile del comune in cui il matrimonio fu trascritto.

Gli adempimenti sono le annotazioni già previste dal r.d. 9 luglio 1939, n. 1238, e attualmente dal d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396.

Il giudicato sullo status può intervenire anche in pendenza di impugnazione su altri capi della decisione di primo grado: in presenza di sentenza di divorzio che abbia pronunciato anche su una domanda di attribuzione di assegno periodico, per il coniuge o per la prole, le due parti della pronunzia devono essere considerate distinte, e l'impugnazione di tale sentenza, con motivi di censura rivolti specificamente solo contro la statuizione relativa all'assegno, comporta l'acquiescenza relativamente all'altro capo della pronuncia, sullo scioglimento del vincolo, con l'effetto della formazione immediata del giudicato (Cass. II, n. 7089/1992). Parimenti il giudicato sullo status può intervenire immediatamente, anche nel corso del giudizio di primo grado, con riguardo alla sentenza non definitiva, emessa ai sensi dell'art. 4, comma 12, l. 1 dicembre 1970, n. 898 e non impugnata.

Efficacia

Il secondo comma della norma in commento prevede che gli effetti della sentenza definitiva di divorzio si producono, a tutti gli effetti civili, dal giorno dell'annotazione della sentenza.

Tale disposizione si riferisce agli effetti della pronuncia verso i terzi, c.d. «erga omnes», in considerazione dell'efficacia dichiarativa e non costitutiva dello stato delle persone fisiche che è propria dei registri dello stato civile, e non agli effetti tra le parti, che si producono dal passaggio in giudicato (Cass. I, n. 9244/1992).

Ciò in quanto la pronunzia di divorzio — passata in giudicato - come fatto costitutivo di un diverso «status» tra i coniugi, è di per sé sufficiente a determinare — nei rapporti tra i medesimi - l'effetto della dissoluzione del vincolo matrimoniale, mentre altri effetti — nei confronti di tutti i terzi - sono collegati solo ai successivi adempimenti della trascrizione e dell'annotazione nei registri dello stato civile, a cui consegue l'opponibilità della nuova situazione ai terzi stessi (Cass. II, n. 7089/1992).

Si tratta, quindi, di una norma dettata a tutela dei terzi di buona fede, e non già di una norma intesa a procrastinare nel tempo lo «stato coniugale», che cessa, con effetto costitutivo, con la sentenza dichiarativa di divorzio (Pret. Udine, 14 ottobre 1996, Inf. prev. 1997, 207).

Le conseguenze della differenza dei due piani di operatività della sentenza sono varie: in applicazione di tale principio, è stata negata al coniuge superstite la qualità di erede del coniuge deceduto successivamente al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio, ma anteriormente all'annotazione della sentenza stessa presso i registri dello stato civile (Cass. II, n. 7089/1992).

Inoltre, qualora la decisione (di primo grado) sullo scioglimento del vincolo, non appellata, sia passata in giudicato prima della statuizione definitiva (di appello) sull'assegno, la decorrenza di quest'ultimo risale al momento in cui è passata in giudicato la sentenza di primo grado, che rappresenta il titolo costitutivo-risolutivo della pronuncia di divorzio (Cass. I, n. 6016/1987).

All'efficacia «erga omnes» della cessazione di un matrimonio consegue che tale cessazione opera a tutti gli effetti civili; ad esempio, essa incide nell'ambito dei rapporti d'impiego con gli enti e le amministrazioni pubbliche, con la conseguenza che è assentibile il congedo straordinario per matrimonio nel caso in cui il dipendente intenda contrarre nuove nozze (T.A.R. Lazio I, 21 marzo 1991, n. 382).

Decesso di un coniuge

La morte di uno dei coniugi, sopravvenuta dopo la notificazione della sentenza di primo grado e durante la decorrenza del termine di cui all'art. 325 c.p.c., preclude il passaggio in giudicato della pronuncia di divorzio, perché non dà luogo al fenomeno della interruzione processuale (Cass. I, n. 5664/1996), e nemmeno del termine per l'impugnazione, ma determina lo scioglimento del matrimonio per altra causa, e fa cessare la materia del contendere nel giudizio di divorzio (Cass. I, n. 5664/1996). Ne consegue la caducazione della sentenza precedentemente resa e che non abbia ancora acquisito definitività, anche quando si verifichi in pendenza del termine di impugnazione (Cass. I, n. 9592/1992).

Bibliografia

V. sub art. 9 l. n. 898/1970

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