Decreto Legge - 12/09/2014 - n. 132 art. 6 - Convenzione di negoziazione assistita da [uno o piu'] avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti 1 (A).Convenzione di negoziazione assistita da [uno o piu'] avvocati per le soluzioni consensuali di separazione personale, di cessazione degli effetti civili o di scioglimento del matrimonio, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, di affidamento e mantenimento dei figli nati fuori del matrimonio, e loro modifica, e di alimenti 1(A).
1. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte puo' essere conclusa tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio nei casi di cui all'articolo 3, primo comma, numero 2), lettera b), della legge 1° dicembre 1970, n. 898, e successive modificazioni, di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio 2. 1-bis. La convenzione di negoziazione assistita da almeno un avvocato per parte può essere conclusa tra i genitori al fine di raggiungere una soluzione consensuale per la disciplina delle modalità di affidamento e mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori del matrimonio e per la modifica delle condizioni già determinate. Può altresì essere conclusa tra le parti per raggiungere una soluzione consensuale per la determinazione dell'assegno di mantenimento richiesto ai genitori dal figlio maggiorenne economicamente non autosufficiente e per la determinazione degli alimenti, ai sensi dell'articolo 433 del codice civile, e per la modifica di tali determinazioni3. 2. In mancanza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ai sensi dell'articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita e' trasmesso al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente il quale, quando non ravvisa irregolarita', comunica agli avvocati di tutte le parti il nullaosta per gli adempimenti ai sensi del comma 3. In presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave ovvero economicamente non autosufficienti, l'accordo raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita deve essere trasmesso entro il termine di dieci giorni al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, il quale, quando ritiene che l'accordo risponde all'interesse dei figli, lo autorizza e lo comunica a tutte le parti. Quando ritiene che l'accordo non risponde all'interesse dei figli o che è opportuno procedere al loro ascolto, il procuratore della Repubblica lo trasmette, entro cinque giorni, al presidente del tribunale, che fissa, entro i successivi trenta giorni, la comparizione delle parti e provvede senza ritardo. All'accordo autorizzato si applica il comma 3 4(B). 2-bis. L'accordo è trasmesso con modalità telematiche, a cura degli avvocati che assistono le parti, al procuratore della Repubblica per il rilascio del nullaosta o per l'autorizzazione. Il procuratore della Repubblica, quando appone il nullaosta o rilascia l'autorizzazione, trasmette l'accordo sottoscritto digitalmente agli avvocati delle parti 5. 3. L'accordo raggiunto a seguito della convenzione produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono, nei casi di cui ai commi 1 e 1-bis, i procedimenti di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio e di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio. Gli eventuali patti di trasferimento immobiliari contenuti nell'accordo hanno effetti obbligatori. Nell'accordo si da' atto che gli avvocati hanno tentato di conciliare le parti e le hanno informate della possibilita' di esperire la mediazione familiare e che gli avvocati hanno informato le parti dell'importanza per il minore di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. L'avvocato della parte e' obbligato a trasmettere, entro il termine di dieci giorni, all'ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, copia, autenticata dallo stesso, dell'accordo munito delle certificazioni di cui all'articolo 5, di affidamento e di mantenimento dei figli minori nati fuori del matrimonio, nonché i procedimenti per la disciplina delle modalità di mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti e per la modifica delle condizioni già determinate, per la determinazione degli alimenti e per la loro modifica6. 3-bis. Quando la negoziazione assistita ha ad oggetto lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento dell'unione civile, le parti possono stabilire, nell'accordo, la corresponsione di un assegno in unica soluzione. In tal caso la valutazione di equità è effettuata dagli avvocati, mediante certificazione di tale pattuizione, ai sensi dell'articolo 5, ottavo comma, della legge 1° dicembre 1970, n. 898 7. 3-ter. L'accordo, munito di nullaosta o di autorizzazione, è trasmesso senza indugio a mezzo posta elettronica certificata o con altro sistema elettronico di recapito certificato qualificato, a cura degli avvocati che lo hanno sottoscritto, con le modalità previste dall'articolo 11, comma 1, al Consiglio dell'ordine presso cui è iscritto uno degli avvocati, che ne cura la conservazione in apposito archivio. Il Consiglio dell'ordine, se richiesto, rilascia copia autentica dell'accordo alle parti e ai difensori che lo hanno sottoscritto. La conservazione ed esibizione dell'accordo è disciplinata dall'articolo 43 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 828. 4. All'avvocato che viola l'obbligo di cui al comma 3, terzo periodo, e' applicata la sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro 10.000. Alla irrogazione della sanzione di cui al periodo che precede e' competente il Comune in cui devono essere eseguite le annotazioni previste dall'articolo 69 del decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396 9. 5. Al decreto del Presidente della Repubblica 3 novembre 2000, n. 396, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all'articolo 49, comma 1, dopo la lettera g) e' inserita la seguente: "g-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o piu' avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di cessazione degli effetti civili del matrimonio e di scioglimento del matrimonio"; b) all'articolo 63, comma 2, dopo la lettera h) e' aggiunta la seguente: "h-bis) gli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o piu' avvocati conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio, nonche' di modifica delle condizioni di separazione o di divorzio"; c) all'articolo 69, comma 1, dopo la lettera d) e' inserita la seguente: "d-bis) degli accordi raggiunti a seguito di convenzione di negoziazione assistita da uno o piu' avvocati ovvero autorizzati, conclusi tra coniugi al fine di raggiungere una soluzione consensuale di separazione personale, di cessazione degli effetti civili del matrimonio, di scioglimento del matrimonio" 10
--------------- (A) In riferimento al presente articolo vedi: Circolare del Ministero dell'Interno 10 ottobre 2014, n. 2107; Circolare del Ministero dell'interno 28 novembre 2014, n. 19; Circolare del Ministero della Giustizia 16 marzo 2015, n. 2309; Circolare del Ministero dell'Interno 24 aprile 2015, n. 6; Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate 16 luglio 2015, n. 65/E; Risposta Agenzia delle Entrate 28 maggio 2020 n. 158. (B) In riferimento al presente comma vedi: Circolare del Ministero della Giustizia 29 luglio 2015, n. 111920. [1] Rubrica modificata dall'articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162, in sede di conversione e successivamente dall'articolo 1, comma 35, lettera a), della Legge 26 novembre 2021, n. 206. Vedi anche l'articolo 1, comma 37 della Legge 206/2021 medesima. Da ultimo modificata dall'articolo 9, comma 1, lettera i), numero 6), del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 3) della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. [2] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162, in sede di conversione. [3] Comma inserito dall'articolo 1, comma 35, lettera b), della Legge 26 novembre 2021, n. 206. Vedi anche l'articolo 1, comma 37 della Legge 206/2021 medesima. [4] Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162, in sede di conversione e successivamente modificato dall'articolo 29, comma 5, del D.Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, modificato dall'articolo 6, comma 10, lettera c), del D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, con effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo e dall'articolo 9, comma 1, lettera i), numeri 1) e 2), del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 3) della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. [5] Comma modificato dall'articolo 9, comma 1, lettera i), numero 3), del Dlgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 3) della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. [6] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162, in sede di conversione, dall'articolo 1, comma 35, lettera c), della Legge 26 novembre 2021, n. 206. Vedi anche l'articolo 1, comma 37 della Legge 206/2021 medesima. Da ultimo modificato dall'articolo 9, comma 1, lettera i), numero 4), del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 3) della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. [7] Comma inserito dall'articolo 9, comma 1, lettera i), numero 5), del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 3) della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. [8] Comma inserito dall'articolo 9, comma 1, lettera i), numero 5), del D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, con applicazione a decorrere dal 28 febbraio 2023, come stabilito dall'articolo 35, comma 1, del D.Lgs. 149/2022 medesimo, come modificato dall'articolo 1, comma 380, lettera c), punto 3) della Legge 29 dicembre 2022, n. 197. Comma successivamente modificato dall'articolo 2, comma 1, lettera c), del D.Lgs. 27 dicembre 2024, n. 216. [9] Comma modificato dall'articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162, in sede di conversione. [10] Comma sostituito dall'articolo 1, comma 1, della Legge 10 novembre 2014, n. 162, in sede di conversione. InquadramentoLa norma in commento prevede la possibilità per i coniugi di concludere una convenzione di negoziazione assistita al fine di pervenire alla separazione consensuale o al divorzio congiunto (nei casi di cui all'art. 3, primo comma, n. 2 lett. b), della l. n. 898/1970) o alla modifica congiunta delle condizioni di separazione e divorzio già stabilite, qualunque sia stata la modalità di definizione di queste ultime (quindi sia nel corso di separazione o divorzio giudiziali, sia in sede di divorzio congiunto o di separazione consensuale, sia, pro futuro, tramite convenzione di negoziazione assistita). La disposizione è in vigore dal 13 settembre 2014 ma il suo ambito di operatività è stato ampliato in sede di conversione del decreto legge. Infatti mentre in un primo momento l'istituto era utilizzabile soltanto nel caso in cui la coppia non avesse avuto figli minorenni ovvero maggiorenni incapaci o in condizioni di disabilità con necessità di sostegno intensivo ai sensi dell'art. 3, l. n. 104/1992 o (così come modificato dal d.lgs. n. 62/2024), ancora, maggiorenni non economicamente autosufficienti, dal 12 novembre 2014 alla procedura possono ricorrere anche i coniugi che abbiano dei figli rientranti in una delle suddette categorie. L'art. 1, comma 25, l. n. 76/2016 estende l'ambito di applicazione della procedura di negoziazione assistita anche allo scioglimento delle unioni civili. La dottrina (Tommaseo, 993) ritiene che il procedimento possa essere promosso decorsi tre mesi dalla dichiarazione congiunta delle parti di scioglimento dell'unione davanti all'ufficiale di stato civile, prevista dal comma 24 della stessa legge. L'art. 6, comma 1-bis, introdotto dall'art. 1, comma 35, lett. b), l. n. 206/2021, nel tentativo di concretizzare l'equiparazione dello status di figlio proclamata dalla l. n. 219/2012, estende ulteriormente l'ambito di applicazione della negoziazione assistita in ambito familiare. Infatti, la negoziazione assistita può avere ad oggetto anche le modalità di affidamento e di mantenimento dei figli nati fuori dal matrimonio. Si tratta di una alternativa al procedimento giudiziale proposto con domanda congiunta dai genitori del minore (Lombardi, 388-389). L'estensione operata dall'art. 6, comma 1-bis riguarda anche, da un lato, la domanda relativa al mantenimento dei figli maggiorenni non economicamente autosufficienti nati fuori dal matrimonio, la modifica delle condizioni relative al mantenimento determinate in altra sede e la domanda proposta direttamente dal figlio maggiorenne, dall'altro lato, la domanda relativa la determinazione degli alimenti e la modifica di tali determinazioni. La negoziabilità della domanda alimentare secondo parte della dottrina (Lombardi, 392 ss.) andrebbe letta in relazione all'art. 1, comma 65, l. n. 76/2016 in forza del quale il convivente, a seguito della fine della convivenza, è legittimato a richiedere all'altro un assegno alimentare laddove versi in uno stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento. Alla luce del combinato disposto delle norme appena richiamate, l'art. 6, comma 1-bis, ultimo periodo, consentirebbe ai conviventi di pervenire ad una soluzione consensuale e stragiudiziale in tema di assegno alimentare. Posto che la giurisprudenza, almeno nell'assetto previgente alla c.d. Riforma Cartabia (Trib. Milano, 23 gennaio 2017, in Guida al dir., 2017, f. 19, 56 con nota di Finocchiaro) escludeva la possibilità di cumulo della domanda relativa alla regolamentazione dell'esercizio della responsabilità genitoriale (e, dunque, relativa all'affidamento ed al mantenimento dei figli) con la domanda relativa all'assegno alimentare, la negoziazione assistita – che non poneva preclusioni in tale senso – si dimostrava uno strumento che consentiva agli ex conviventi di pervenire ad una soluzione consensuale di entrambe le domande, non giudizialmente cumulabili. La negoziazione assistita non può essere utilizzata per tutti gli altri casi di scioglimento e cessazione degli effetti civili del matrimonio contemplati dall'art. 3 l. n. 898/1970 (Trib. Torino 1 giugno 2018, che, sulla base del principio richiamato, non ha autorizzato l'accordo di negoziazione assistita con cui due ex coniugi avevano regolato il loro divorzio diretto, previsto da legge straniera loro comune). Per quanto riguarda il divorzio è escluso il ricorso alla negoziazione assistita per le ipotesi che non conseguano ad una pronuncia di separazione con sentenza passata in giudicato o all'omologa della separazione consensuale prima del decorso del termine di legge dalla comparizione dei coniugi dinnanzi al presidente del tribunale. Esso non trova quindi applicazione relativamente alle altre cause di scioglimento immediato del vincolo coniugale per fattispecie particolari o per l'applicazione di leggi straniere (Crescenzi, 4). Per un avallo di questa impostazione interpretativa v. Trib. Torino, sez. VII, 1 giugno 2018, in Ilfamiliarista.it, 15 ottobre 2018, con nota di Calabrese. Nella materia familiare, pertanto, a differenza delle altre contemplate dall'art. 3 d.l. n. 132/2014, la procedura di negoziazione, oltre ad essere solo facoltativa, non è finalizzata ad un accordo conciliativo ma ad una soluzione consensuale della crisi coniugale quasi equivalente, quanto agli effetti, a quella offerta dai corrispondenti provvedimenti giudiziali (cfr. art. 6, comma 3). In dottrina (D'Alessandro, 1278, nota n. 5), si è osservato giustamente che la fungibilità non è piena poiché, solo ricorrendo allo strumento processuale, i coniugi possono: beneficiare del patrocinio a spese dello Stato; farsi assistere da un solo rappresentante tecnico; domandare il divorzio in base ad una legge diversa da quella italiana, eventualmente scelta di comune accordo ai sensi del reg. 1259/2010. Tale soluzione peraltro, e in ciò consiste quello che è forse il tratto maggiormente distintivo di questa forma di negoziazione, può avere ad oggetto, sia pure nei casi di cui si è detto, una materia che fino ad oggi era sottratta alla disponibilità delle parti come quella del divorzio, e probabilmente anche la questione della addebitabilità della separazione (Cass. n. 7998/2014 l'aveva qualificata come indisponibile), e ciò in deroga sia alla regola posta dall'art. 3, comma 1, lett. b), l. n. 898/1970 sia al tradizionale principio secondo cui le declaratorie costitutive di status sono appannaggio dell'Autorità Giudiziaria dello Stato (secondo D'Alessandro, 1280, in tal modo è stata creata, sotto il profilo del diritto sostanziale, una categoria di diritti intermedia tra quella dei diritti disponibili e quella dei dritti indisponibili). Proprio questa caratteristica ha indotto un autore (Lupoi, 3) ad affermare, in maniera convincente, che non si tratta di una specie del genus negoziazione assistita ma di un istituto autonomo, anche se complementare a quello. Sulla base di tale impostazione il legislatore ha previsto che il conseguimento dello status di divorziato non dipenda più dalla valutazione da parte del giudice sull'avvenuto dissolvimento del menage familiare ma sia invece rimesso ad un mero controllo formale, senza attività ponderativa alcuna, della sussistenza dei presupposti di legge da parte del procuratore della Repubblica. Parte della dottrina (Trapuzzano, 60) però ha anche sollevato dubbi sulla legittimità costituzionale della scelta di aver demandato all'accordo delle parti anche le statuizioni, personali ed economiche, che, riguardando la prole, minorenne o incapace o in condizioni di disabilità con necessità di sostegno intensivo, devono essere ispirate dall'esigenza prioritaria di tutelare l'interesse materiale e morale di quei soggetti, di per sé deboli, e dovrebbero quindi essere rimesse al giudice, a prescindere dalla esistenza di una corrispondente domanda (per Luiso, 35, l'eventuale «domanda» di uno dei coniugi nei confronti dell'altro non è una vera e propria domanda, ma una richiesta al giudice di provvedere, nell'interesse dei soggetti sopra indicati, nei modi suggeriti dall'istante).
La parziale applicabilità della disciplina generale in tema di negoziazione assistitaGli interpreti si sono interrogati sul rapporto esistente tra la disciplina in tema di negoziazione assistita su diritti disponibili e quella di cui all'art. 6, stante la mancanza di un espresso richiamo alla prima da parte della seconda. È innanzitutto incontroverso che non sono applicabili alla procedura in esame le norme (art. 3 e art. 4, ultimo comma) che riguardano la negoziazione assistita obbligatoria. Nessun dubbio può invece porsi sulla applicabilità ad essa delle prescrizioni di cui agli artt. 2, commi 2, 5 e 7-bis sui requisiti di forma e di contenuto minimo della convenzione di negoziazione assistita (Poliseno, col. 35 e Simeone, 283), sull'obbligo informativo dell'avvocato (non anche il comma 6 poiché sul punto l'art. 6 prevede una disciplina speciale) nonché di quelle che fissano ulteriori obblighi per gli avvocati e le parti (artt. 9 -11). Risulta applicabile anche la disciplina contenuta nell'art. 2, comma 2-bis, lett. c) e d) e l'art. 2-bis. Pertanto, anche in tema di negoziazione assistita in ambito familiare, le parti possono prevedere di svolgere la negoziazione assistita con modalità telematiche, mediante incontri con collegamenti audiovisivi a distanza, assicurando la contestuale effettiva e reciproca udibilità e visibilità delle persone collegate. Risulta ammissibile anche la modalità mista, con alcune parti in presenza ed altre in collegamento da remoto. Nonostante il tenore letterale della norma, si ritiene che le parti possano, sempre previo accordo, optare per la negoziazione assistita a distanza anche nelle more del procedimento stragiudiziale, purché tale previsione sia contenuta in un addendum alla convenzione originale e ne rispetti i requisiti di forma (Simeone, 286). Si noti che anche la disposizione generale sulla durata della procedura di cui all'art. 2, comma 2, lett. a), è compatibile con i tempi della negoziazione assistita familiare, derivanti dal coinvolgimento di organi giudiziari (procuratore della Repubblica ed eventualmente anche presidente del Tribunale), poiché questa fase è successiva alla conclusione dell'accordo di separazione o divorzio, che, a sua volta, segue l'eventuale convenzione di negoziazione assistita (contra Carratta, 1290 e Tommaseo, 1143). Parimenti è a dirsi per l'art. 4, primo comma, nella parte in cui prevede la possibilità di concludere la convenzione di negoziazione assistita mediante invito rivolto da una parte all'altra e la sua successiva accettazione e, di conseguenza, anche per la disposizione (art. 8) che riconosce a quel momento efficacia interruttiva di prescrizione e decadenza. Quanto alle conseguenze della mancata accettazione o del rifiuto dell'invito a concludere la convenzione di negoziazione assistita non si ravvisano ostacoli ad attribuire rilievo a tali evenienze nel successivo giudizio, sia ai fini della regolamentazione delle spese del medesimo che ai fini dell'applicazione dell'art. 96 c.p.c. (Vaccari, 181. Contra Danovi, 950 e Parini, 606). Si è invece escluso che lo stesso comportamento possa rilevare anche ai sensi dell'art. 642, primo comma, (rectius secondo comma) c.p.c. poiché non ci sarebbe spazio per l'utilizzazione del procedimento ingiuntivo nella materia familiare (Carratta, 1290). Secondo l'opinione dottrinale prevalente (D'Alessandro, 1281, Carratta, 1290 e Lupoi, 10. Contra Danovi, 950, che parla di un difetto di coordinamento tra l'art. 5 e l'art. 6) alla luce dell'espresso, seppur parziale, rinvio all'art. 5, da parte dell'art. 6, comma 3, d.l. n. 132/2014 i requisiti di forma e di efficacia stabiliti dalla prima di tali norme valgono anche per l'accordo, conseguente a negoziazione assistita, di risoluzione dei conflitti coniugali. Secondo l'opinione prevalente, risultano applicabili alla negoziazione assistita in materia famiglia anche gli artt. 4-bis – in tema di acquisizione di dichiarazione da parte di terzi con valore testimoniale durante la negoziazione assistita – e 4-ter – relativo alle dichiarazioni confessorie delle parti –. L'art. 4-bis potrebbe trovare applicazione nei confronti dei figli maggiorenni (Lombardi, 347-348 e Lupoi, § 3). L'applicabilità dell'art. 4-ter appare di scarso rilievo pratico nella misura in cui in materia di diritti indisponibili la confessione non è ammessa, fermo restando la possibilità di considerare le dichiarazioni come indizi e argomenti di prova liberamente valutabili (Simeone, 291). Risulta invece esclusa la possibilità per le parti non abbienti di accedere al patrocinio a spese dello Stato. Infatti, l'art. 11-bis – introdotto dal d.lgs. n. 149/2022 – assicura la possibilità di accesso al gratuito patrocinio solo nel caso in cui la negoziazione assistita sia prevista come condizione di procedibilità della domanda giudiziale ai sensi di quanto prevede l'art. 3, comma 1. La mancata possibilità di accedere al gratuito patrocinio cristallizata nell'art. 11-bis trovava conferma anche nella giurisprudenza precedente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022 (Cass., II n. 3888/2023). Forma e contenuto dell'accordo conseguente alla convenzione di negoziazione assistita matrimoniale familiareAnche la negoziazione in tema di crisi coniugali esige l'assistenza necessaria degli avvocati. A seguito di una modifica apportata al primo comma dell'art. 6 in sede di conversione del d.l. in legge, è stata prevista espressamente l'assistenza di almeno un avvocato per parte. La scelta è stata giustamente criticata da parte della dottrina (Giabardo, 119-120) che ne ha evidenziato l'irragionevolezza, sia sotto il profilo dell'incidenza dei costi del procedimento, sia perché diversa da quella compiuta per la negoziazione assistita ordinaria, sebbene in questa le possibilità che l'avvocato si trovi in conflitto di interessi siano maggiori di quelle che si verificano in una negoziazione in materia familiare (secondo Lupoi, 3, invece la necessità di un avvocato per parte è giustificata dal fatto che il procuratore della Repubblica, diversamente da quanto si verifica in sede giudiziale, non ha alcun contatto con i coniugi). In considerazione della già evidenziata applicabilità dell'art. 5 del d.l. 132/2014 anche all'accordo conseguente a negoziazione assistita in materia familiare, deve essere sottoscritto dalle parti e dai loro avvocati i quali devono anche certificare l'autografia delle firme e la conformità dell'accordo alle norme imperative ed all'ordine pubblico. In concreto, si è detto, potrà procedersi a redigere due originali dell'atto che definisca la crisi coniugale, uno per ciascun coniuge o anche un solo originale ma in quest'ultimo caso si dovrà aver cura di precisare nello stesso accordo quale dei due coniugi sia tenuto a custodirlo (accortezza questa necessaria anche in vista della successiva fase di verifica da parte dell'autorità giudiziaria). La convenzione deve soddisfare anche alcuni specifici requisiti di forma poiché deve contenere la triplice attestazione che: gli avvocati hanno tentato di (ri)conciliare le parti; le hanno informate della possibilità di esperire la mediazione familiare e, in presenza di figli minori, anche dell'importanza per gli stessi di trascorrere tempi adeguati con ciascuno dei genitori. Secondo una tesi (Giabardo, 119 e 134), pur in mancanza di una espressa previsione, nell'accordo gli avvocati dovrebbero dar conto anche di aver proceduto all'ascolto del minore in osservanza del disposto dell'art. 315-bis c.c. A fronte del divieto posto dall'art. 56, comma 2, del codice deontologico forense, è preferibile però l'opinione secondo cui, ferma la necessità di una simile attestazione, l'ascolto può avvenire a cura di un consulente nominato congiuntamente dalle parti, anche in virtù di uno specifico impegno assunto nella convenzione di negoziazione assistita (Dosi, 90). Con riguardo alla prescrizione relativa all'informativa sulla mediazione familiare è opportuno precisare che essa va fornita nello stesso momento in cui devono essere date quelle sulla negoziazione, ovvero all'atto del conferimento dell'incarico (art. 2, comma 7). Nella prassi si è posta la questione se all'accordo possano partecipare, sottoscrivendolo, anche soggetti diversi dai coniugi, ed in particolare i figli maggiorenni privi di risorse economiche. In dottrina (Tommaseo, 1144) è stata riconosciuta anche a costoro la possibilità di sottoscrivere l'accordo, raggiunto dai loro genitori e contenente disposizioni che li riguardano, a condizione che gli stessi abbiano partecipato alla relativa negoziazione, di loro iniziativa o su richiesta degli stessi genitori, facendovi valere un diritto che avrebbero potuto azionare in via principale o con l'intervento nei giudizi di separazione o divorzio. Di contrario avviso è quella dottrina (Lombardi, 392) che ritiene che il figlio maggiorenne non possa partecipare alla formazione dell'accordo, ma debba attivarsi, in via diretta ed autonoma. Da ciò deriva anche che il figlio maggiorenne non risulta vincolato dall'accordo raggiunto dai genitori in sede di negoziazione assistita e, pertanto, potrà agire, giudizialmente o stragiudizialmente, in via automona per ottenere l'erogazione diretta del mantenimento. L'unico precedente edito (Trib. Torino 20 aprile 2015) che ha affrontato la questione ha escluso la partecipazione del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, sulla base del duplice rilievo che l'ambito soggettivo dell'accordo di cui all'art. 6 d.l. 132/2014 è limitato ai coniugi e che gli accordi raggiunti con l'assistenza dei loro avvocati sono esercizio esclusivo della loro autonomia negoziale. Tali obiezioni potrebbero però essere superate ammettendo che il figlio sottoscriva una dichiarazione unilaterale, che potrebbe anche essere allegata all'accordo, in cui esprima il proprio assenso alle condizioni pattuite dai coniugi (Vaccari, 185). L'art. 6 non contiene indicazioni specifiche sul contenuto dell'accordo poiché la sua individuazione è rimessa alla autonomia negoziale dei coniugi, i quali sono pertanto liberi di devolvere ad esso anche profili diversi da quelli che avrebbero potuto essere oggetto di un procedimento di separazione consensuale o di un divorzio a domanda congiunta. Parimenti essi potrebbero optare per regolare convenzionalmente la loro separazione o la revoca o modifica delle condizioni di separazione o divorzio sulla base di una legge straniera (possibilità preclusa invece, come si è detto, nel caso in cui con la negoziazione si regoli il divorzio). Secondo un autore (Crescenzi, 5), sebbene la norma non lo richieda, rientra tra i compiti degli avvocati esplicitare le premesse logiche dell'accordo, e quindi anche le condizioni reddituali e patrimoniali delle parti, e ciò allo scopo principale di evitare che l'accordo possa essere impugnato per vizi della volontà. Il significativo ampliamento dell'autonomia dei coniugi che il nuovo istituto favorisce ha indotto qualche interprete (Sesta, 305; Crescenzi, 9) a riconoscere agli stessi la possibilità non solo di pattuire l'entità dell'assegno di mantenimento ma anche di prevederne la corresponsione in un'unica soluzione (facoltà finora prevista in relazione alla corresponsione del solo assegno divorzile dall'art. 5, comma 8 l. 898/1970), e anche in un importo comprensivo del futuro assegno di divorzio. La soluzione si pone in controtendenza rispetto all'orientamento prevalente della giurisprudenza che finora ha invece negato la possibilità di estinguere, in sede di separazione, con la corresponsione una tantum ogni obbligo relativo al futuro eventuale divorzio (Cass. n. 1084/2012; Cass. n. 4424/2014). Tale possibilità è stata recepita dalla legge delega per la riforma del processo civile (l. 26 novembre 2021, n. 206 ) e successivamente dal d.lgs. n. 149/2022, il quale ha introdotto una specifica disposizione sul punto. Infatti, l'art. 6, comma 3-bis prevede– laddove la negoziazione assistita abbia ad oggetto lo sciolgimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o lo scioglimento dell'unione civile – la possibilità per le parti di stabilite la corresponsione di un assegno in un'unica soluzione. La valutazione di equità, prevista dall'art. 5, comma 8, l. n. 898/1970, è effettuata dagli avvocati mediante certificazione. Ne discende che il controllo del Pubblico Ministero dovrà riguardare anche la formulazione della valutazione di equità, i criteri osservati e la provenienza di essa da entrambi gli avvocati. Pertanto, il nulla osta o l'autorizzazione potrebbero essere negati laddove manchi o risulti erronea la valutazione di equità (Lombardi, 345) . È pacifico invece che nell'accordo possano essere inserite clausole che riguardino trasferimenti immobiliari, sebbene l'art. 6 non dica alcunché in proposito. Lo si ricava infatti dal rinvio che tale norma fa all'art. 5 comma 3, e, a contrario, da quanto dispone l'art. 12 che esclude che gli accordi di separazione e divorzio raggiunti davanti all'ufficiale di stato civile, possano contenere «patti di trasferimento patrimoniale» (Carratta, 1290; Tommaseo, 1144; Poliseno, col. 36.). In tal caso saranno fruibili le esenzioni fiscali di cui tali trasferimenti godono quando sono effettuati in sede di separazione e divorzio (art. 19 l. n. 74/1987), visto che l'accordo concluso a seguito di convenzione di negoziazione assistita tiene luogo dei provvedimenti giudiziali che definiscono i giudizi (sul punto si veda la risoluzione dell'Agenzia delle Entrate 16 luglio 2015, n. 65). L'accordo potrà quindi contenere specifici patti sulla divisione dei beni in comunione, sulla ripartizione delle spese relative ai beni rimasti indivisi e, in mancanza di prole, sulla costituzione di diritti reali o personali di godimento sulla casa familiare (Trapuzzano, 164). Nell'iniziale elaborazione interpretativa della giurisprudenza di merito era invece controverso se, l'accordo di negoziazione assistita sia titolo idoneo ai fini della trascrizione di un atto di trasferimento di un bene immobile nonostante il nulla osta del Pubblico Ministero. Secondo un indirizzo ai fini della sua trascrizione nei registri immobiliari, va osservata la formalità richiesta dall'art. 5, comma 3, (in tal senso Trib. Genova 8 aprile 2016; Trib. Catania 24 novembre 2015 e Trib. Napoli, 29 gennaio 2016; Corte appello Trieste, sez. I, 6 giugno 2017, n. 207) mentre secondo altra opinione, invero minoritaria, se le sottoscrizioni delle parti possano essere autenticate dagli stessi avvocati che le hanno assistite nella negoziazione (in tali termini Trib. Pordenone 16-17 marzo 2017 e Trib. Roma 17 marzo 2017 e 17 novembre 2015, che ne evidenzia la piena equipollenza con il verbale di separazione consensuale omologato). La prima tesi è stata suffragata dalla giurisprudenza di legittimità: Cass. n. 1202/2020 ha infatti enunciato il principio per il quale ogni qualvolta l'accordo stabilito tra i coniugi, al fine di giungere ad una soluzione consensuale di separazione personale, ricomprenda anche il trasferimento di uno o più diritti di proprietà su beni immobili, la disciplina di cui al d.l. n. 132 del 2014, art. 6, convertito in Legge n. 162 del 2014, deve necessariamente integrarsi con quella di cui al medesimo d.l. n. 132 del 2014, art. 5, comma 3, con la conseguenza che per procedere alla trascrizione dell'accordo di separazione contenente anche un atto negoziale comportante un trasferimento immobiliare, è necessaria l'autenticazione del verbale di accordo da parte di un pubblico ufficiale a ciò autorizzato, ai sensi dell'art. 5, comma 3. Tuttavia, la riformulazione dell'art. 6, comma 3, ad opera del d.lgs. n. 149/2022, segna un decisivo arretramento sul punto. Infatti, nell'attuale formulazione normativa gli eventuali patti di trasferimento immobiliari contenuti nell'accordo hanno effetti obbligatori. Da ciò deriva che le parti, nell'accordo di negoziazione assistita, potranno limitarsi ad impegnarsi a trasferire o a cedere un bene immobile, rendendo necessario successivamente al conclusione di un atto avanti ad un pubblico ufficiale. Pertanto, l'accordo di negoziazione assistita, non potendo più produrre effetti reali, non risulta trascrivibile. Si deve notare che l'adesione ad una siffatta interpretazione potrebbe disincentivare il ricorso alla procedura stragiudiziale, anche considerando che, in sede giudiziale, è ammissibile il trasferimento immobiliare con effetti reali (Lombardi, 404-405, Nardone, 736-738 e Diozzi, 112). Di diverso avviso risultano essere coloro che (SIMEONE, 296-298) evidenziano come la modifica dell'art. 6, comma 3 non consenta di escludere l'applicabilità dell'art. 5 che, essendo valevole per tutti gli accordi di negoziazione assistita, consente alle parti di concludere accordi aventi efficacia traslativa immediata. Da ciò deriva che le parti potranno concludere sia patti di trasferimento immobiliare con effetti meramente obbligatori sia patti aventi ad oggetto il trasferimento immediato dei diritti reali su beni immobili. La dottrina ritiene che la stipula della convenzione di negoziazione assistita valga ad inibire alle parti la facoltà di rivolgersi all'Autorità Giudiziaria sino all'esaurimento del procedimento negoziale (Montanari, Baroncini, 178-179). Tuttavia, sarebbe sempre possibile azionare la negoziazione assistita nelle more del procedimento giudiziario (Trapuzzano, 126). Il vaglio del p.m. sull'accordo conciliativoPresupposti applicativi e competenza In tutte le ipotesi in cui è ammessa la negoziazione assistita in materia familiare l'accordo, per poter produrre gli effetti di cui all'art. 6, comma 1, deve superare il vaglio del p.m. competente per territorio. A tal fine esso, in qualunque luogo d'Italia sia stato concluso, va trasmesso, di regola da parte di uno degli avvocati che assistono le parti in quel momento (non necessariamente da quello che lo abbia sottoscritto), al procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, da individuarsi secondo i criteri di competenza delle corrispondenti azioni giudiziali , da individuarsi, alla luce di quanto prevede l'art. 473-bis.51, comma 1, c.p.c., nel luogo di residenza o di domicilio di una delle parti, salvo si tratti di domande aventi ad oggetto la somministrazione degli alimenti o il mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, per i quali la competenza dovrà essere individuata facendo riferimento agli artt. 18 e 20 c.p.c.. La specifica individuazione dell'organo giudiziario non pare casuale, cosicchè si deve ritenere si tratti di una attribuzione esclusiva del capo dell'ufficio del pubblico ministero competente per territorio. Sebbene l'art. 6, comma 2, preveda l'invio del solo accordo, va segnalata la tendenza di molte procure a richiedere la trasmissione anche degli ulteriori documenti che sarebbero stati allegati al corrispondente ricorso giurisdizionale (es. in caso di separazione, certificato di stato di famiglia e certificato di residenza dei coniugi e, in caso di divorzio, la trasmissione del precedente provvedimento di separazione e, per il futuro, il precedente accordo negoziato). Non è invece richiesto, né normativamente previsto, che insieme all'accordo venga inviata la convenzione di negoziazione, che peraltro, non va nemmeno allegata all'accordo (contra Tommaseo, 158, per il quale la valutazione della regolarità formale dell'accordo, rende, se non necessario, quantomeno utile, consultare anche la convenzione preparatoria). Secondo parte della dottrina (Simeone, 300-301) risulta auspicabile, alla luce di quanto prevede l'art. 473-bis.51 c.p.c. in tema di ricorso giurisdizionale sui medesimi oggetti della negoziazione assistita in ambito familiare, allegare all'accordo la descrizione riassuntiva relativa alle disponibilità reddituali e patrimoniali delle parti relativamente all'ultimo triennio e degli oneri a loro carico, l'indicazione dei procedimenti riguardanti in minori che abbiano un oggetto coincidente, anche solo parzialmente, con la domanda proposta in sede di negoziazione assistita ed i provvedimenti, anche provvisori, eventualmente emessi dall'Autorità Giudiziaria. La norma non definiva le modalità della trasmissione dell'accordo, ma si riteneva che esso potesse essere consegnato a mani presso gli uffici della procura competente, nel quale caso vi si dovrà apporre la attestazione di depositato, o inviato mediante raccomandata con ricevuta di ritorno (D'Alessandro, 1282). La lacuna normativa è stata superata dal d.lgs. n. 149/2022. Infatti, l'art. 6, comma 2-bis prevede che l'accordo venga trasmesso al Pubblico Ministero con modalità telematiche, a cura degli avvocati che assistono le parti. Tale norma deve essere letta in combinato disposto con l'art. 2-bis, comma 1 con la conseguenza che, laddove la negoziazione assistita si sia svolta in modalità telematica, le parti dovranno scambiarsi l'accordo a mezzo di posta elettronica certificata e successivamente procedere alla trasmissione al Pubblico Ministero. La norma prevede anche l'obbligo del Pubblico Ministero di trasmettere l'accordo, munito di nulla osta o di autorizzazione, sottoscritto digitalmente ad entrambi gli avvocati. Si richiama la nota del Dipartimento per l'Amministrazione della Giustizia del Ministero della giustizia, datata 28 febbraio 2023 ove si legge in attesa che venga strutturato il flusso telematico che consentirà le comunicazioni previste dall'art. 6, comma 2-bis, gli uffici competenti sono autorizzati ad accettare il deposito in forma cartacea. Il procedimento davanti al p.m. nelle due forme ammesse, non richiede il pagamento di alcun contributo unificato e non soggiace alla sospensione feriale dei termini processuali (i due profili sono stati chiariti dalla nota del Ministero della Giustizia - Dipartimento degli affari di giustizia del 13 marzo 2015 che ha precisato come il procuratore svolga un'attività di controllo e verifica di natura amministrativa, in linea con la finalità di degiurisdizionalizzazione dell'intervento normativo). Dal momento in cui l'accordo, e l'eventuale documentazione ad esso relativa, vengono ricevute dall'ufficio di procura competente la procedura ha uno sviluppo differente a seconda che la coppia non abbia figli (o abbia figli maggiorenni ed economicamente autosufficienti) oppure abbia figli minori di età ovvero incapaci, in condizioni di disabilità con necessità di sostegno intensivo (riconosciuto e certificato ai sensi dell'art. 3, l. n. 104/1992, così come modificato dal d.lgs. n. 62/2024) o figli maggiorenni economicamente non autosufficienti. Le due procedure vanno quindi esaminate partitamente. L'iter in assenza di figli minori o in presenza di figli maggiorenni autonomi In caso di coppia senza figli o con figli maggiorenni autosufficienti sotto il profilo economico la norma, che riguarda anche le unioni civili, atteso che, allo stato, nel nostro ordinamento non è riconosciuto alla coppia omosessale un diritto alla genitorialità, non prevede né il termine per l'invio dell'accordo al procuratore della repubblica né quello entro il quale lo stesso deve provvedere. Per ovviare a tale lacuna in dottrina (Danovi, 1141; Lupoi, 12) si è suggerito di fare riferimento ai corrispondenti termini stabiliti nell'ambito della procedura da seguire in presenza di figli minorenni e, quindi, rispettivamente, a quello di dieci giorni dalla data della conclusione dell'accordo ed a quello, invero pacificamente ordinatorio, di cinque giorni previsto per la trasmissione dell'accordo al presidente del tribunale. Altri (Luiso, 38) sul punto ha osservato che la mancata previsione del primo dei predetti termini è priva di conseguenze pratiche, poiché è inevitabile che gli avvocati provvederanno quanto prima all'adempimento e la medesima considerazione vale per il termine entro cui deve provvedere il pubblico ministero. Il legislatore non ha nemmeno precisato quali rimedi abbiano le parti a fronte del diniego di nulla osta da parte del p.m., fermo restando che in tal caso l'accordo non produrrà effetti. Orbene, esclusa qualsiasi possibilità di una sua impugnativa, dal momento che si tratta di un provvedimento non giurisdizionale, le parti per regolare il loro contrasto avranno una duplice alternativa: ripresentare un accordo, emendato dei profili oggetto di censura da parte del p.m. o utilizzare i corrispondenti strumenti di tutela giurisdizionale (Luiso, 38; Giabardo, 126). La valutazione demandata al p.m., invece, consiste in una verifica meramente formale del rispetto dei requisiti sia di forma che di contenuto di cui all'art. 6 d.l. n. 132/2014. In particolare il controllo ha ad oggetto le seguenti circostanze: – se l'accordo sia stato inviato alla procura munita di giurisdizione e territorialmente competente; – se sia stato raggiunto con l'assistenza di almeno un avvocato per parte ed in presenza di rapporto di coniugio e in assenza di figli; – se contenga le attestazioni di cui all'art. 6, comma 3; – se in caso di accordo di divorzio sia integrata la fattispecie di cui all'art. 3, lett. b, l. n. 898/1970 (separazione consensuale omologata o pronunciata con sentenza passata in giudicato e decorrenza di tre anni ininterrotti dalla udienza presidenziale); – se in presenza di figli maggiorenni che gli stessi risultino economicamente autosufficienti, ferma restando la possibilità per essi di far valere il loro diritto al mantenimento impugnando l'accordo per ottenerne la caducazione (contra D'Alessandro, 1283); – se in caso di unione civile che sia stato preceduto dalla dichiarazione congiunta di scioglimento davanti all'ufficiale di stato civile e sia decorso il termine di tre mesi da quel momento. Secondo un autore (Crescenzi, 7) il procuratore della repubblica potrebbe spingersi fino a verificare che si verta prima facie in presenza di un effettivo accordo di separazione /divorzio o di scioglimento della unione civile e non di accordi di tale natura «fittizi», nonché a valutare la congruenza degli impegni assunti dalle parti rispetto ai redditi dichiarati. È poi piuttosto controverso in dottrina se il nulla osta del procuratore postuli anche la verifica della non contrarietà dell'accordo all'ordine pubblico o a norme imperative (per la risposta negativa D'Alessandro, 1282; per quella affermativa invece: Giabardo, 123 e Crescenzi, 6). Al riguardo può però osservarsi che un'indagine di tal fatta non pare richiesta dalla norma che, come si è detto, attribuisce al procuratore il compito di sindacare solo le eventuali irregolarità dell'accordo (Vaccari, 192). Tuttavia nella prassi applicativa si è affermato, ad esempio, postulando un vaglio di «merito» del pubblico ministero in sede di concessione del nulla osta che poiché i coniugi, anche senza figli minorenni, maggiorenni non autosufficienti o in condizione di disabilità con necessità di sostegno intensivo, non possono effettuare cessioni di quote di s.r.l. con gli accordi di negoziazione assistita familiare, essendo ammissibile solo un impegno a trasferire, il Procuratore della Repubblica, cui l'accordo sia stato trasmesso ex art. 6, d.l. n. 132/2014, può legittimamente rifiutarsi di apporre il nulla osta (Trib. Torino, 6 dicembre 2017, in Ilfamiliarista.it, con nota di Simeone). D'altro canto occorre anche considerare che sul punto la disciplina in esame non è difforme da quella in tema di mediazione. Infatti l'art. 12, comma 1, secondo periodo, d. lgs. n. 28/2010 attribuisce identico compito agli avvocati delle parti che concludano un accordo conciliativo in sede di mediazione, senza prevedere che esso sia poi sottoposto al vaglio del presidente del tribunale sul punto. È evidente peraltro che, qualora il p.m. neghi il nulla osta sulla base di una valutazione negativa circa i profili da ultimo menzionati, le parti non potranno che procedere con le modalità di cui si è detto sopra. L'iter in presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti Se la coppia ha figli minori, maggiorenni incapaci o in condizione di disabilità con necessità di sostegno intensivo o economicamente non autosufficienti il procuratore della repubblica dovrà autorizzare l'accordo dopo aver verificato, oltre ai profili formali sopra evidenziati, che lo stesso risponda all'interesse dei figli. Il controllo del Pubblico Ministero non concerne esclusivamente la regolarità dell'accordo, ma si estende anche all'opportunità ed al merito degli accordi raggiunti dalla parti. In questa prospettiva due sono i principali profili che vanno controllati dal p.m.: quello della regolamentazione dell'affidamento e quello della congruità del mantenimento. Con riguardo al primo si è affermato (Crescenzi, 8) che il p.m. può sindacare un affidamento esclusivo non adeguatamente giustificato perché il legislatore ha individuato nell'affidamento condiviso quello maggiormente rispondente all'interesse dei figli. Parimenti possono essere censurate modalità di frequentazione non coerenti con il principio di bigenitorialità o che sacrifichino troppo i minori, con spostamenti troppo frequenti e gravosi. Sempre con riguardo a questo ambito di verifica ci si è chiesti se il procuratore della Repubblica, prima di concedere l'autorizzazione, possa provvedere all'ascolto del minore. Pressoché unanime è l'opinione che il dato normativo, che attribuisce tale potere solo al giudice, non lo consenta (secondo Carratta, 1293, invece, qualora non si ammetta che all'ascolto del minore possano procedere gli avvocati delle parti, esso compete al procuratore della repubblica o al presidente del tribunale nel caso in cui davanti a lui le parti addivengano ad un nuovo accordo). Sulla base di tale premessa si è sostenuto (D'Alessandro, 1284) che, qualora il procuratore ritenga opportuno un simile atto, debba trasmettere l'accordo entro cinque giorni al Presidente del Tribunale perché vi provveda. Tale opzione interpretativa ha trovato conferma successivamente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 149/2022. Infatti, l'art. 6, comma 2, prevede che il Pubblico Ministero debba trasmettere l'accordo al Presidente del Tribunale, non solo quando lo ritenga non rispondente all'interesse del minore, ma anche quando ritenga opportuno procedere all'ascolto del minore. Il Presidente del Tribunale non risulta vincolato alla valutazione del Pubblico Ministero e, di conseguenza, se riterrà di procedere all'ascolto dovrà farlo nel rispetto di quanto previsto dagli artt. 473-bis.4 e 473-bis.5 c.p.c. e, laddove ritenga l'ascolto contrastante con l'interesse del minore o manifestamente supefluo, dovrà, invece, procedere senza disporre l'ascolto del minore. Qualora il pubblico ministero non acconsenta all'accordo è tenuto a trasmetterlo al presidente del Tribunale entro cinque giorni dal diniego. È dubbio però se lo debba fare anche nel caso in cui il diniego dipenda da una mera irregolarità. Chi propende per la risposta affermativa (Tommaseo, 899) valorizza il fatto che l'art. 6, comma 2, ricollega il potere del pubblico ministero di negare il proprio nulla osta in presenza di irregolarità alla mancanza di figli minori o non autonomi. A tale argomento può però obiettarsi, sempre sotto il profilo normativo, che il comma successivo prevede la trasmissione dell'accordo al presidente del tribunale solo se l'accordo non risponde all'interesse dei figli, da ciò potendo desumersi che, in caso di irregolarità, il p.m. possa limitarsi a negare l'autorizzazione. A conforto di tale soluzione milita poi l'ulteriore considerazione che essa, evitando il coinvolgimento dell'organo giudicante, pare maggiormente rispondente alla finalità di degiuridsizionalizzazione che ha inteso realizzare il legislatore. In giurisprudenza si è affermato che il criterio dell'interesse dei figli, in base al quale il P.M. deve effettuare la propria valutazione, va inteso in senso ampio (Trib. Torino 1° giugno 2018 cit.). La ristrettezza del termine per l'invio dell'accordo al presidente del tribunale, a fronte della mancata previsione di un termine per il caso in cui il p.m. conceda il nulla osta, si giustifica con la necessità di far intervenire celermente il giudice. Peraltro la norma non precisa il dies a quo, cosicchè è dubbio se esso coincida con il momento il cui l'accordo è stato depositato o è pervenuto presso l'ufficio di procura ovvero con quello in cui il procuratore ha adottato il provvedimento di diniego. Per quanto attiene al contenuto di esso è poi opportuno, se non addirittura doveroso che in ogni caso, e vieppiù qualora venga negata l'autorizzazione, che vi vengano esplicate, sia pure sinteticamente, le ragioni per cui l'accordo non è stato ritenuto rispondente all'interesse dei figli. La giurisprudenza ha affermato che l'accordo di negoziazione assistita dal momento del suo deposito presso il PM non è più revocabile da una sola delle parti, in quanto si tratta di un atto negoziale integrante un negozio giuridico perfetto e autonomo (Trib. Milano 18 giugno 2018). Nel caso in cui, la negoziazione assistita abbia ad oggetto il mantenimento del figlio maggiorenne non economicamente autosufficiente, il vaglio del Pubblico Ministero dovrà effettuare una valutazione in relazione alle condizioni economiche del figlio. La nozione di autosufficienza economica è definita nella giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 23596/2006; Cass. 21773/2008; Cass. 17183/2020; Cass. 18451/2022; Cass. 23132/2022; Cass. 358/2023) Per parte della dottrina (Crescenzi, 5) essa dipende da una pluralità di fattori, costituiti non solo dall'età, dal tipo di lavoro e dalla retribuzione ma anche dal percorso di studi e dal livello sociale della famiglia di appartenenza. La fase presidenzialeLa disciplina relativa alla fase successiva al momento in cui l'accordo giunge presso il tribunale è estremamente sintetica, consistendo nella sola duplice previsione che il presidente del tribunale fissa entro i successivi trenta giorni la comparizione delle parti e provvede senza ritardo (non è chiaro se il termine sia dato al presidente per deliberare sulla fissazione dell'udienza ovvero se riguardi la data dell'udienza ma date le esigenze di celerità del procedimento è preferibile la seconda esegesi). Secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale, la fase presidenziale ha natura pienamente giurisdizionale (Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015; Trib. Torino, 13 maggio 2016, Trib. Palermo, 1 dicembre 2016 e Trib. Milano, 4 febbraio 2020). In particolare restano oscuri l'ambito dei poteri del presidente del tribunale e le modalità di svolgimento dell'udienza presidenziale. Con riferimento a quest'ultimo aspetto gli scenari processuali che sono stati prospettati sono almeno differenti. Secondo un primo orientamento, la fase presidenziale si svolge nelle forme dei procedimenti in camera di consiglio (artt. 737 ss. c.p.c.) e si conclude, sentite le parti, con ordinanza (Simeone, 27 e Nardone, 735, la quale qualifica il procedimento on termini di volontaria giurisdizione) Secondo il diverso orientamento (delineato da Luiso, 39; Lupoi, 15; Dosi, 81) l'udienza presidenziale equivarrebbe a quella che si tiene nei casi in cui la separazione o il divorzio siano richiesti al tribunale, ed essendovi accordo tra i coniugi, si seguirà il rito della separazione consensuale o del divorzio a domanda congiunta (modalità questa che vale anche per lo scioglimento dell'unione civile). Ciò comporterebbe che, in ipotesi di separazione consensuale, l'omologazione dell'accordo spetta al collegio, mentre se all'udienza gli ex coniugi non raggiungono un accordo si devono applicare le regole dei corrispondenti procedimenti ordinari. Tale ricostruzione si è esposta al duplice rilievo che in questi casi mancherebbe una domanda ex art. 99 c.p.c introduttiva del procedimento giurisdizionale (Giabardo, 124) e, ancora, che l'udienza presidenziale non si giustificherebbe in un procedimento di divorzio su domanda congiunta nel quale l'udienza è invece collegiale (Crescenzi, 9). Proprio per superare tali criticità in giurisprudenza (Trib. Torino 15 gennaio 2015) è stata seguita una diversa opzione, invero piuttosto creativa, secondo la quale il presidente del tribunale, dopo aver ricevuto l'accordo, nel fissare l'udienza, invita le parti che non intendano aderire ai rilievi del procuratore a depositare prima di essa, a seconda dei casi, un ricorso per separazione consensuale o un ricorso congiunto per la cessazione degli effetti civili o per la revisione delle condizioni, scelte che comporterebbero una implicita rinuncia alla procedura di negoziazione assistita. Sempre secondo il succitato orientamento, all'udienza, che si svolgerebbe davanti al presidente solo se l'accordo avesse ad oggetto la separazione, mentre sarebbe collegiale in caso di divorzio o di accordo di revisione, qualora le parti recepissero i rilievi del procuratore, il presidente dovrebbe prenderne atto e dare quella autorizzazione che la parte pubblica aveva rifiutato. In caso contrario il presidente dovrebbe limitarsi a negare l'autorizzazione, stante l'impossibilità di riformulare gli accordi riguardanti i figli senza l'approvazione del p.m. che non potrebbe essere coinvolto in quella fase. Secondo una diversa lettura (Crescenzi, 10; Tommaseo, 1147), è il presidente e solo lui che ha il potere di autorizzare l'accordo, qualunque sia il suo oggetto, con la conseguenza che la sua autorizzazione equivarrebbe alla omologa presidenziale dell'accordo raggiunto in sede di mediazione, prevista dall'art. 12 del d. lgs. 28/2010 (così D'Alessandro, 1282). Stando a questa ricostruzione in giurisprudenza (Trib. Termini Imerese, 24 marzo 2015; rib. Palermo, 1 dicembre 2016 ) si è affermato che all'udienza presidenziale le parti potrebbero mantenere fermo l'accordo originario e l'autorità giudiziaria potrà autorizzarlo, se lo reputi rispondente all'interesse dei figli, non essendo in nessun modo vincolato dalla valutazione precedentemente espressa dal p.m. Secondo la medesima esegesi potrebbe anche accadere che le parti, di loro iniziativa o su sollecitazione dello stesso presidente, che potrà giovarsi a tal fine della preventiva audizione dei coniugi, apportino all'accordo modifiche o integrazioni, anche diverse rispetto a quelle indicate dal p.m., anche modificando il ricorso per separazione proposto sulla base dell'accordo originario non approvato dal p.m. (Trib. Pistoia 16 marzo 2015). A fronte di tali modifiche, si è chiarito che il presidente del Tribunale può autorizzare l'accordo senza necessità di operare una «conversione», tra l'altro d'ufficio, del rito in separazione consensuale o in divorzio congiunto o in revisione delle condizioni di separazione o di divorzio (Trib. Milano 4 febbraio 2020). Secondo un ulteriore indirizzo (Trib. Torino 20 aprile 2015), invece la possibilità del presidente di autorizzare conclusioni differenti rispetto a quelle depositate in procura non può ritenersi illimitata per non svuotare la funzione di tale ufficio. In quest'ultima ipotesi sarà necessario acquisire il parere dell'organo inquisitorio che potrà renderlo nella stessa udienza presidenziale, qualora si ammetta che la sua partecipazione ad essa sia necessaria, anche in applicazione analogica dell'art. 70 n. 2 c.p.c. (Carratta, 1292 e Tommaseo, 1147). È evidente poi, sebbene anche sul punto la legge taccia, che il presidente, qualora ritenga che l'accordo non risponda all'interesse dei figli, potrà negare l'autorizzazione richiesta, eventualmente anche a seguito del rifiuto dei coniugi di apportarvi le modifiche da lui suggerite e approvate dal pubblico ministero (secondo Tommaseo, 1147 il fondamento normativo di tale potere è rinvenibile nell'art. 158, comma 2, c.c.) Rispetto a tale esito è dubbio quale sia rimedio attivabile dalle parti. Tre sono le alternative ipotizzabili . La prima (D'Alessandro, 1285) consiste nel ritenere che la richiesta di autorizzazione sia liberamente riproponibile, ma questa opzione è la meno convincente, perché risulta incompatibile con la previsione di un termine per la trasmissione dell'accordo. In alternativa si è sostenuto che il provvedimento presidenziale sia reclamabile secondo le disposizioni generali di cui agli artt. 737 ss. c.p.c. (Tommaseo, 899 e Montanari, Baroncini, 250, i quali ritenfono che non risulta reclamabile il solo provvedimento di diniego dell'autorizzazione, stante la pacifica riproponibilità della negoziazione assistita), e quindi anche da parte del p.m. ai sensi dell'art. 740 c.p.c., nel caso in cui il presidente del tribunale avesse disatteso il suo parere. Ancora, si è detto (Carratta, 1292) che le parti possono optare per i rimedi giurisdizionali che, secondo alcuni (Trapuzzano, 178), andrebbero proposti già in sede di udienza presidenziale. È evidente peraltro che, anche a voler aderire a tale indicazione, la procedura di negoziazione dovrà comunque concludersi con un provvedimento negativo del presidente. Con riguardo alle modalità di svolgimento dell'udienza presidenziale è opportuno infine precisare che le parti possono anche non comparirvi o rinunciare preventivamente alla procedura, con la conseguenza che il presidente dovrà adottare una pronuncia di non luogo a provvedere. Condivisibile l'opzione interpretativa che ritiene ammissibili, avverso l'accordo raggiunto in sede di negoziazione assistita autorizzato dall'Autorità Giudiziaria, le azioni di nullità e di annullamento per i vizi del consenso e l'azione dichiarativa della simulazione dell'accordo (Montanari, Baroncini, 261 e Poliseno, 199). L'accordo raggiunto in sede di negoziazione assistita potrà, al variare delle condizioni di fatto o di diritto, essere modificato attraverso le procedure giurisdizionali ovvero attivando una nuova procedura di negoziazione assistita. Gli effetti dell’accordo e la loro decorrenza (e l'eventuale cessazione) e la trasmissione dell’accordo all'ufficiale dello stato civileL'art. 6, comma 3, primo periodo, prevede che l'accordo raggiunto in sede di negoziazione assistita produce gli effetti dei provvedimenti giudiziali. Tale equiparazione presuppone che l'accordo abbia superato il vaglio del P.M. ed, eventualmente, del Presidente del Tribunale – risultano irrilevante il successivo momento di trasmissione all'ufficiale dello Stato civile – e comporta che l'accordo rappresenti titolo esecutivo e di iscrizione di ipoteca giudiziale. La dottrina (Montanari, Baroncini, 260) precisa che l'accordo è idoneo a sorreggere qualsiasi species di esecuzione forzata, comprese quelle in forma specifica, ed a giustificare l'erogazione di misure di coercizione indiretta ex art. 614-bis c.p.c. La scarsa chiarezza del dato normativo fa sì che la questione del momento di efficacia dell'accordo sia piuttosto controversa tra gli interpreti. Se infatti l'art. 6, comma 3, afferma che l'accordo produce gli effetti e tiene luogo dei provvedimenti giudiziali di separazione e divorzio, l'art. 12, comma 4, dello stesso d.l. n. 132/2014 stabilisce che il termine per chiedere il divorzio decorre «dalla data certificata nell'accordo di separazione raggiunto in sede di negoziazione assistita ovvero dalla data dell'atto contenente l'accordo di separazione concluso davanti all'ufficiale dello stato civile». Sul punto tace anche la disciplina di cui alla l. n. 55/2015 che manca di coordinamento con il d.l. n. 132/2014. Orbene, per alcuni (Dosi, 84 e anche Danovi, 952 che peraltro evidenzia la criticità di una simile lettura) il testo normativo ricollega la produzione degli effetti alla sola conclusione dell'accordo, (più precisamente dalla data certificata dagli avvocati delle parti), indipendentemente quindi dal nulla osta del pubblico ministero o dall'autorizzazione del presidente del tribunale (opta per l'immediata efficacia dell'intesa anche la circolare del Ministero degli Interni n. 16/2014). Per altri (Carratta, 1292) invece tutti gli effetti si verificano soltanto a far data dai predetti provvedimenti, con la precisazione che essi operano, non diversamente dall'omologa dello accordo raggiunto in sede di separazione consensuale, come condizioni sospensive il cui avveramento opera ex tunc, vale a dire a decorrere dalla data indicata nell'accordo. La conseguenza di quest'ultima ricostruzione sarebbe che il riferimento che l'art. 6, comma 3, d.l. 132 fa all'accordo raggiunto dalle parti non riguarda la data in cui le parti abbiano raggiunto l'accordo ma quella in cui esso è in grado di produrre gli effetti voluti. Per la soluzione da ultimo riportata ha optato l'unico precedente giurisprudenziale edito che ha esaminato la questione, con riguardo alla negoziazione assistita in presenza di figli minori o maggiorenni non economicamente autosufficienti (Trib. Torino 1 ottobre 2018). Nell'eventualità di una successiva riconciliazione tra i coniugi l'accordo potrà essere posto nel nulla mediante una sorta di risoluzione per mutuo consenso, con conseguenti obblighi restitutori (Sesta, 305). Il legislatore ha previsto che la trasmissione all'ufficiale di stato civile del comune ove il matrimonio è stato iscritto (in caso di matrimonio civile) o trascritto (in caso di matrimonio concordatario), di copia autentica dell'accordo, costituisce il dies a quo del termine fissato per la sua annotazione nell'atto di matrimonio. La trasmissione dell'accordo, nonché del nulla osta del pubblico ministero o dell'autorizzazione del presidente del tribunale, va effettuata nel termine di dieci giorni che, in difetto di una espressa previsione, la circolare del Ministero degli Interni n. 6/2015 ha chiarito decorra dalla data di comunicazione alle parti del provvedimento del procuratore della Repubblica o del presidente del tribunale, a cura rispettivamente della segreteria o della cancelleria. Lo stesso provvedimento ha anche precisato che è sufficiente che all'adempimento provveda uno degli avvocati delle parti, così fugando il dubbio, generato dalla norma, che esso gravasse sull'avvocato di ciascuna parte. Altro dubbio riguarda le modalità di trasmissione dell'accordo, tanto che vi è chi ritiene preferibile, per esigenze di certezza, una formale notificazione (Danovi, 352) e chi, invece, nel silenzio della legge, reputa utilizzabili tutte le forme di comunicazione (quindi anche raccomandata a/r e p.e.c) idonee ad assicurare la certezza dell'adempimento (Carratta, op. cit., 1291; D'Alessandro, 286). Ancora, si è osservato che la norma non chiarirebbe chi sia il beneficiario della sanzione, variabile da un minimo di euro 2.000,00 ad un massimo di euro 10.000,00, da comminarsi in caso di omissione ovvero anche di ritardo nella trasmissione dell'accordo né a chi spetti l'iniziativa al riguardo (Danovi, 952). Peraltro il particolare che la sanzione sia stata qualificata come «amministrativa» dal legislatore induce a ritenere che l'irrogazione e l'incasso di essa spettino al Comune che ben potrebbe attivarsi su segnalazione di uno dei coniugi in caso di omissione della trasmissione (così anche Giabardo, 128). Con riferimento alla sorte dell'originale dell'accordo, munito del nulla osta o della autorizzazione, nella prassi si sono formate due diverse tendenze. La prima prevede che la procura trattenga l'originale dell'accordo e che ne consegni all'avvocato una copia con il nulla osta o l'autorizzazione. Secondo altro indirizzo, invece, l'originale dell'accordo andrebbe restituito all'avvocato richiedente e in tal caso egli non avrà alcun obbligo di conservarlo e potrà invece consegnarlo a quello tra i coniugi che nell'accordo stesso sia stato incaricato di custodirlo (sul punto si veda il par.3). È evidente che, qualora l'accordo sia stato autorizzato dal presidente del tribunale, le due alternative appena esposte vanno riferite alla cancelleria del tribunale. La questione interpretativa è stato risolta dall'art. 6, comma 3-ter in forza del quale l'accordo, munito di nulla osta o di autorizzazione, venga trasmesso, senza indugio, a mezzo PEC – od altro sistema elettronico qualificato – al Consiglio dell'Ordine degli Avvocati presso cui è iscritto uno degli avvocati che hanno assistito le parti. L'adempimento grava su entrambi gli avvocati che hanno sottoscritto l'accordo e, nel caso in cui gli avvocati risulti iscritti ad Ordini differenti, dovranno individuare di comune accordo a quale Consiglio dell'Ordine effettuare la trasmissione (Simeone, 302). Il Consiglio dell'Ordine cura la conservazione dell'accordo in apposito archivio e, se richiesto, rilascia copia autentica dell'accordo alle parti ed agli avvocati che lo hanno sottoscritto. Alla conservazione ed all'esibizione si applica l'art. 43 d.lgs. n. 82/2005. Si ritiene che gli avvocati che hanno sottoscritto l'accordo potranno continuare a conservarlo ed a rilasciare copie, attenstandone la conformità all'originale (Simeone, 303) . 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