Codice Civile art. 448 bis - Cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla responsabilità genitoriale sui figli (1) (2).

Francesco Bartolini

Cessazione per decadenza dell'avente diritto dalla responsabilità genitoriale sui figli (1) (2).

[I]. Il figlio, anche adottivo, e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all'adempimento dell'obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale (2) e, per i fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all'articolo 463, possono escluderlo dalla successione.

(1) Articolo inserito dall'art. 1, l. 10 dicembre 2012, n. 219.

(2) L'art. 66, d.lg. 28 dicembre 2013, n. 154, ha sostituito, nella rubrica e nel testo, la parola: «potestà» con le parole: «responsabilità genitoriale». Ai sensi dell’art. 108, d.lg. n. 154 del 2013, la modifica è entrata in vigore a partire dal 7 febbraio 2014.

Inquadramento

L'art. 448-bis è stato introdotto dalla l. n. 219/2012, e poi modificato dal d.lgs. n. 154/2013, nel contesto di una ampia riforma della disciplina della filiazione. Esso si articola in due disposizioni: dopo la decadenza dei genitori dalla responsabilità genitoriale, il figlio e, in sua mancanza, i suoi discendenti prossimi sono esonerati dall'obbligo di prestar loro gli alimenti; gli stessi soggetti possono escludere i genitori dalla successione, per fatti che non integrano indegnità ai sensi dell'art. 463 c.c.

La limitazione al diritto agli alimenti e ai diritti successori costituisce una sanzione che aggrava le condizioni dei genitori decaduti dalla responsabilità nei confronti dei figli, anche adottivi. Essa è stata voluta per affermare, anche sotto il profilo dell'obbligo alimentare, della solidarietà familiare e dei rapporti successori, la rilevanza delle responsabilità che i genitori assumono per effetto della filiazione. La norma predispone conseguenze di tipo afflittivo in una ottica che si è voluto assumesse anche un valore di prevenzione e di rafforzamento dei doveri familiari.

La dottrina ha accolto le disposizioni di cui al citato art. 448-bis con scetticismo. Si è osservato che il potere deterrente di queste disposizioni è, in realtà, assai scarso e che la loro efficacia si riduce ad operare sul piano sanzionatorio, secondo un metro di coscienza collettiva: alla quale ripugna che il figlio, nei cui confronti il genitore ha gravemente mancato, resti obbligato a mantenerlo (De Filippis, 299; Sesta, 235). Si osserva che la nuova norma contraddice, con la sua durezza, lo spirito della riforma, rivolta a valorizzare i rapporti affettivi nel nucleo familiare con l'affermazione di principi di solidarietà e di responsabilizzazione (Palazzolo, 2). Essa si rivela di problematico coordinamento con le altre disposizioni dettate a proposito della filiazione ed è ispirata ad inutili intenti punitivi, in un ambito del quale si è voluto rinsaldare i vincoli di coesione familiare (Paradiso, 558). Le critiche più penetranti giungono da coloro che rilevano la definitività dell'esclusione dall'obbligo alimentare e dai diritti successori a fronte di una situazione (la decadenza dalla responsabilità genitoriale) che, per contro, è suscettibile di essere rivista e revocata (Sesta, 17). Si rileva, inoltre, che l'esclusione dall'obbligo alimentare che fa capo ai figli altera l'ordine degli obbligati di cui all'art. 433 c.c., e che l'attribuzione al figlio del potere di escludere dalla propria successione il genitore, per fatti non meglio precisati dal legislatore (dei quali si dice soltanto che devono essere diversi da quelli che cagionano indegnità a succedere), determina effetti sulla quota di legittima e, soprattutto, introduce per la prima volta nel nostro ordinamento la diseredazione, che vi era sconosciuta.

Il figlio

L'art. 448-bis indica tra i soggetti, ai quali esso si riferisce, in primo luogo il figlio, anche adottivo. La disposizione è superflua per quanto concerne l'adottato con adozione di personaminorenne; ma la precisazione che essa contiene è in funzione di una riaffermazione di unicità di status che costituiva il punto fondante della riforma del 2012. In conseguenza di questa unicità di status, sancita dagli artt. 315 e 74 c.c., per figli debbono intendersi indifferentemente i nati entro il matrimonio e i nati fuori dal matrimonio.

L'adozione di persone maggiorenni non crea vincolo di parentela, non crea rapporti di responsabilità dell'adottante e neppure crea diritti successori dell'adottante verso l'adottato. È da escludere che la norma in esame si riferisca agli adottati ai sensi degli artt. 291 e ss. c.c.

I discendenti prossimi

L'art. 448-bis utilizza la stessa indicazione «discendenti prossimi» che si legge nel testo dell'art. 433, n. 2. Una parte della dottrina osserva che l'espressione va interpretata con significati diversi, se riferita all'obbligo alimentare o se riguardante i diritti successori. Soltanto con riferimento all'obbligo alimentare, si afferma, il contenuto precettivo è il medesimo di quello di cui al detto art. 433, così da far sussistere una precisa corrispondenza tra i soggetti cui fa capo, di regola, l'obbligo alimentare e i soggetti che, per effetto della dichiarazione di decadenza dei genitori dalla loro responsabilità genitoriale, sono esentati dall'obbligazione. Per quanto riguarda i diritti successori, si fa rilevare che l'espressione legislativa assume caratteri di indeterminatezza, non consentendo di individuare la nozione di prossimità. La norma affida, lungo le generazioni, un potere di esclusione che non è stato esercitato direttamente dal figlio e che acquista il sapore di una possibile vendetta (Paradiso, 563). Ciò che, comunque, appare paradossale è che l'alimentando, non potendo pretendere l'assegno dal figlio e dai di lui discendenti, deve rivolgersi agli obbligati di grado successivo, tra i quali sono chiamati i generi e le nuore: vale a dire, i coniugi dei figli esonerati dall'obbligo alimentare (Palazzolo, 4).

L'esonero dall'obbligo alimentare

La decadenza dalla responsabilità genitoriale, pronunciata a norma dell'art. 330 c.c. ovvero conseguita, come pena accessoria, ad alcune condanne penali, comporta la perdita del diritto alimentare verso i figli. L'art. 448-bis indica questo effetto di esclusione come direttamente collegato alla decadenza ma non chiarisce se esso costituisce una conseguenza di applicazione automatica, una volta che la decadenza è stata pronunciata, oppure se richiede un provvedimento che abbia mantenuto la sua attualità e non sia stato revocato o annullato su impugnazione nel momento in cui sorge l'obbligo alimentare. La dottrina prevalente è orientata nel senso dell'attualità dell'esistenza del provvedimento, nel momento in cui dovrebbe sorgere l'obbligazione alimentare: un provvedimento, cioè, che non è stato contraddetto dalla reintegrazione nella responsabilità genitoriale o dal suo annullamento (De Filippis, 301).

L'esclusione dell'obbligo alimentare a favore del figlio determina quello che la dottrina ha indicato come un grave sbilanciamento nella disciplina dei diritti e dei doveri reciproci nel rapporto tra genitori e figli. I genitori, infatti, pur se dichiarati decaduti dalla loro responsabilità genitoriale, rimangono tenuti ad osservare tutti i loro doveri verso la prole, tra essi compresi quelli di contenuto alimentare, e questo anche quando il figlio fosse stato dichiarato indegno verso di loro per la perpetrazione di uno dei reati indicati nei primi tre numeri dell'art. 463 c.c.

La Corte cost. n. 34/2016 ha dichiarato manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 448-bis, censurato per violazione dell'art. 3 Cost., nella parte in cui, nel disporre che il figlio e, in sua mancanza, i discendenti prossimi non sono tenuti all'adempimento dell'obbligo di prestare gli alimenti al genitore nei confronti del quale è stata pronunciata la decadenza dalla responsabilità genitoriale, non esclude la permanenza di detto obbligo anche nei casi in cui non risulti essere stata emessa detta pronuncia di decadenza, e ciò malgrado vi siano state reiterate violazioni dei doveri inerenti detta responsabilità da parte del genitore. Infatti, l'incidenza della invocata declaratoria di incostituzionalità, ai fini della decisione da adottare nel giudizio principale, risultava solo ipotetica e virtuale, avendo il giudice rimettente omesso qualsiasi accertamento in ordine alla (anche solo potenziale) sussistenza, nel caso concreto, sia dello stato di bisogno e dell'impossibilità di farvi fronte, sia della «indegnità» del genitore. Comunque, la pronuncia additiva richiesta neppure si prospettava a contenuto «obbligato», essendo possibili diversi tipi di intervento (peraltro ampliativi di una deroga al generale dovere di solidarietà) tra i quali la scelta resta, comunque, riservata alla discrezionalità del legislatore.

L'esclusione dalla successione

Quale effetto della decadenza dalla responsabilità genitoriale, il figlio acquista la facoltà (De Filippis, 297) di escludere il genitore dalla propria successione. L'effetto di esclusione non è automatico ma presuppone una manifestazione di volontà, rivelata all'esterno. La facoltà così attribuita integra un diritto potestativo, il cui esercizio ha carattere negoziale (e può essere effettuato anche con il testamento: Paradiso, 558). L'esonero dalla successione è rimesso ad un atto discrezionale del soggetto obbligato, del quale non sono indicati i criteri da valere come guida regolatrice.

Il soggetto legittimato alla dichiarazione di esclusione è il figlio, nato oppur no nel matrimonio. Ad esso è equiparato il figlio adottivo, adottato con l'adozione piena dei soggetti minorenni. La disposizione non si rivolge al caso dell'adozione di persone di età maggiore, atteso che l'adottante non acquista diritti successori nei confronti dell'adottato.

L'esonero dalla successione è ricollegato dall'art. 448-bis a fatti che non integrano i casi di indegnità di cui all'art. 463. L'ambito di individuazione di questi fatti, che non integrano casi di indegnità, è ritenuto in dottrina di non agevole determinazione. Può darsi per certo che debba trattarsi di fatti pregiudizievoli per il figlio: ma l'art. 463 pare esaurire il novero delle circostanze fattuali che possono assumere rilievo ai fini della perdita dei diritti successori.

Come si è accennato, la dottrina rileva che il potere attribuito al figlio e ai discendenti rappresenta una fattispecie innovativa di diseredazione volontaria (Sesta, Sesta, L'unicità dello stato di filiazione, 17; Paradiso, 579, che accenna ad un potere di «diseredazione per giusta causa»).

La Suprema Corte di cassazione, con una netta inversione rispetto al pregresso orientamento, ha affermato la validità della clausola di diseredazione meramente negativa inserita in un testamento, in forza della quale il testatore manifesta la propria volontà di escludere dalla propria successione uno o più eredi legittimi non legittimari, senza che la stessa sia accompagnata da disposizioni attributive a favore di altri soggetti (Cass. n. 8352/2012). L'affermazione rende dunque meno innovativo il dettato dell'art. 448-bis, che ora si inserisce in un quadro reso più ampio di poteri discrezionali privati. La detta pronuncia, in particolare, ha precisato esser valida la clausola del testamento con la quale il testatore manifesti la volontà destitutiva — che può includersi nel «disporre», di cui all'art. 587 comma 1 c.c. — diretta ad escludere dalla propria successione legittima alcuni dei successibili ed a restringerla così ai non diseredati, costituendo detta clausola di diseredazione espressione di un regolamento di rapporti patrimoniali, rientrante nel contenuto tipico dell'atto di ultima volontà e volta ad indirizzare la concreta destinazione «post mortem» delle proprie sostanze, senza che per diseredare sia, quindi, necessario procedere ad una positiva attribuzione di bene, né occorra prova di un'implicita istituzione.

Bibliografia

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