Codice Civile art. 1455 - Importanza dell'inadempimento.

Cesare Taraschi

Importanza dell'inadempimento.

[I]. Il contratto non si può risolvere se l'inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza [24 3, 1522 2, 1525, 1564, 1565, 1668 2, 1901, 2286], avuto riguardo all'interesse dell'altra.

Inquadramento

La risoluzione per inadempimento esige che l'inadempimento della prestazione sia di non scarsa importanza, ossia grave . A contrario, ove l'inadempimento sia di scarsa importanza, la domanda di risoluzione non può essere accolta. Secondo la dottrina, la non scarsa importanza dell'inadempimento costituisce un presupposto obiettivo per lo scioglimento del contratto e il parametro fondamentale della mancata attuazione dell'equilibrio sinallagmatico tra le prestazioni. Secondo alcuni la norma in esame sarebbe inutile, poiché il principio in essa contenuto sarebbe comunque ricavabile dal sistema, qualora si ritenga che il rimedio della risoluzione persegua uno scopo sanzionatorio (Belfiore, 1321).

La valutazione sull'importanza dell'inadempimento riguarda non solo la risoluzione giudiziale ma anche la risoluzione per diffida ad adempiere; ciò spiega la collocazione sistematica della disposizione in esame dopo le norme dedicate alla disciplina della risoluzione giudiziale e della diffida ad adempiere e prima delle norme che regolano le altre ipotesi di risoluzione di diritto, ossia la clausola risolutiva espressa ed il termine essenziale, per le quali non opera tale giudizio (Sacco, De Nova, in Tr. Res., 1988, 521).

Criteri di valutazione particolari sono posti dalle norme concernenti i singoli contratti, come le vendite a rate, le locazioni di immobili urbani e i contratti agrari, e in tema di devoluzione del fondo enfiteutico. In queste fattispecie, l'apprezzamento del giudice è alquanto attenuato, poiché le condizioni di gravità sono prefissate (Dalmartello, 133). Sotto altro profilo, tali fattispecie possono costituire un adeguato criterio di riferimento per la ponderazione della gravità dell'inadempimento nelle ipotesi in cui il giudizio di gravità rientra nella previsione generale (Mirabelli, in Comm. UTET, 1984, 607).

Ad es., in tema di risoluzione del contratto di locazione di immobili urbani ad uso diverso da quello abitativo, benché il criterio legale di predeterminazione della gravità dell'inadempimento, ex art. 5 l. n. 392/1978, non trovi diretta applicazione (essendo applicabile per le sole locazioni ad uso abitativo), cionondimeno esso può essere tenuto in considerazione quale parametro di orientamento per valutare in concreto, ai sensi art. 1455 c.c., se l'inadempimento del conduttore sia stato o meno di scarsa importanza (Cass. III, n. 30730/2019Cass. III, n. 1428/2017).

Il requisito di gravità dell'inadempimento sfugge alle regole di ripartizione dell'onere della prova, dovendo essere accertato d'ufficio dal giudice (Cass. II, n. 4476/2022; Cass. III, n. 23148/2013; Cass. II, n. 16084/2007; Cass. II, n. 1507/1994). In ogni caso, il rigetto della domanda di risoluzione, determinato dalla scarsa importanza dell'inadempimento, non comporta necessariamente il rigetto della contestuale domanda di risarcimento, giacché anche un inadempimento inidoneo ai fini risolutori può aver cagionato un danno risarcibile (Cass. II, n. 12466/2016). In proposito, si è precisato che gli artt. 11811455 c.c. si riferiscono a due distinte sfere di applicabilità: il primo attiene alla facoltà del creditore di rifiutare la prestazione parziale e di agire, quindi, per il conseguimento dell'intero, donde la legittimità del rifiuto di un adempimento inesatto; l'art. 1455 riguarda, invece, il potere del contraente di risolvere il contratto a prestazioni corrispettive nel caso d'inadempimento di non lieve entità dell'altra parte. Ne consegue che, dato il diverso ambito di operatività delle due discipline, la condanna del debitore inadempiente al risarcimento del danno può essere pronunziata anche quando, per la scarsa importanza dell'inadempimento, non possa farsi luogo alla risoluzione del contratto (Cass. II, n. 2223/2022). Inoltre, anche l'eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c. opera su un piano differente dal criterio dell'importanza dell'inadempimento rilevante ex art. 1455 c.c. ai fini della risoluzione del contratto, atteso che la prima involge una valutazione di confronto tra i due inadempimenti, mentre l'art. 1455 c.c. importa la oggettiva considerazione del singolo inadempimento, apprezzato non comparatisticamente ma nel suo significato di impedimento alla realizzazione del sinallagma (Cass. III, n. 26334/2019). E' opportuno precisare che la norma in esame richiama la non scarsa importanza dell'inadempimento come limite alla domanda di risoluzione del contratto e non a quella volta ad ottenere il suo adempimento, stante l'esigenza di prevedere l'operatività del rimedio della risoluzione solo nel caso in cui il comportamento di una parte produca un effettivo pregiudizio all'interesse della parte non inadempiente, alterando il sinallagma funzionale (Cass. II, n. 18200/2020). L'art. 1455 c.c. trova applicazione anche nel caso di previa diffida ad adempiereex art. 1454 c.c. (Cass. II, n. 40325/2021; Cass. II, n. 18696/2014).

La valutazione dell'importanza

Secondo una parte della dottrina, la gravità dell'inadempimento deve essere valutata esclusivamente alla luce della funzione del contratto, in relazione alla sua attitudine a turbare l'equilibrio sinallagmatico (Mirabelli, in Comm. UTET, 1984, 606; Mosco, 48). In senso contrario, altro autore rileva che la valutazione di specie implica un giudizio di equità, da cui non possono essere escluse considerazioni anche di carattere soggettivo (Dalmartello, 133). In base ad altro orientamento, la gravità dell'inadempimento deve essere valutata secondo un principio di buona fede oggettiva, considerando l'interesse all'esatta esecuzione delle prestazioni con riferimento al momento in cui esse sono dovute (Spallarossa, Importanza dell'inadempimento e risoluzione del contratto, in Riv. dir. civ., 1972, II, 452). A tale indirizzo aderiscono altri autori, i quali ritengono che in questo ambito può trovare ampia e opportuna applicazione la regola della correttezza nell'esecuzione del contratto e nell'adempimento dell'obbligazione; altrimenti non solo sarebbe lesa un'esigenza di giustizia, ma si favorirebbe l'arbitrio di chi cercasse il minimo pretesto per sottrarsi a vincoli non più graditi (Bigliazzi Geri, Breccia, Busnelli, Natoli, 866).  Si è poi rilevato che, in alcuni casi, un comportamento doloso o colposo della parte può essere di per sé sufficiente a qualificare come importante il conseguente inadempimento (si pensi al caso di un contraente che intenzionalmente non esegue la prestazione cui era tenuto per favorire un concorrente della controparte) e che , in generale, il contegno del soggetto può costituire un indice per valutare la mancata esecuzione della prestazione nell'economia complessiva del contratto (Cherti, 189).

Anche la giurisprudenza ha statuito che il principio sancito dall'art. 1455 c.c. va adeguato anche ad un criterio di proporzione fondato sulla buona fede contrattuale. Pertanto, la gravità dell'inadempimento di una delle parti contraenti non va commisurata all'entità del danno, che potrebbe anche mancare, ma alla rilevanza della violazione del contratto con riferimento alla volontà manifestata dai contraenti, alla natura e alla finalità del rapporto, nonché al concreto interesse dell'altra parte all'esatta e tempestiva prestazione, ossia all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del negozio (Cass. I, n. 8212/2020; (Cass. III, n. 15363/2010; Cass. II, n. 14034/2005). Ad es., la parte contraente che, di fronte all'inadempienza dell'altra, anziché ricorrere alla domanda di risoluzione (o all'eccezione di inadempimento), preferisce comunque dare esecuzione al contratto, dimostra con tale comportamento di attribuire scarsa importanza, nell'economia del negozio, all'inadempimento della controparte (Cass. II, n. 4630/1994). Invece, il legittimo rifiuto dell'adempimento parziale ex art. 1181 c.c. non può costituire elemento giustificativo della risoluzione del contratto e non esime dal valutare l'importanza dell'inadempimento imputabile alla controparte (Cass. I, n. 20893/2019).

 Secondo la dottrina, inoltre, la valutazione di gravità non appare necessaria nei casi di inadempimento totale (Dalmartello, 133) oppure qualora l'inadempimento riguardi le obbligazioni essenziali nei contratti tipici, mentre occorre procedere alla valutazione di importanza nei contratti atipici (Spallarossa, cit., 472). Nell'ipotesi di inadempimento inesatto o parziale la gravità deve essere ponderata secondo un criterio di proporzionalità. Anche l'inadempimento di un'obbligazione accessoria, come quella di consegnare i documenti di regolarità giuridica necessari per l'uso del bene, può essere considerato di non scarsa importanza (Bianca, 1994, 271). Nel caso di ritardo, la gravità si riscontra quando la tardiva esecuzione della prestazione sia incompatibile con la natura della prestazione stessa o con l'interesse del creditore a riceverla. Nell'ipotesi di inadempimenti reciproci occorre una valutazione comparativa delle condotte dei contraenti. La valutazione della gravità spetta al giudice di merito e deve essere adeguatamente motivata. La scarsa importanza dell'inadempimento non esclude, però, né l'azione di esatto adempimento né la rettifica del prezzo e il risarcimento del danno.

 La giurisprudenza osserva che il giudice deve tener conto di tutte le circostanze, oggettive e soggettive, dalle quali sia possibile desumere l'alterazione dell'equilibrio contrattuale (Cass. III, n. 7187/2022; Cass. VI-III, n. 8220/2021;  Cass. II, n. 10995/2015). In particolare, la gravità dell'inadempimento deve essere valutata avendo riguardo all'operazione complessiva sulla base di un duplice criterio (Cass. II, n. 4314/2016; Cass. III, n. 22346/2014; Cass. III, n. 21237/2012; Cass. III, n. 7083/2006): in primo luogo, il giudice deve verificare (criterio oggettivo) che l'inadempimento abbia inciso in misura apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto, in astratto, per la sua entità e, in concreto, in relazione al pregiudizio effettivamente causato all'altro contraente, sì da creare uno squilibrio sensibile del sinallagma contrattuale (Cass. II, n. 6548/2010; Cass. III, n. 1708/2010; Cass. II, n. 3851/2008); sotto altro profilo, complementare al primo (criterio soggettivo), invece, il giudicante deve considerare il comportamento di entrambe le parti, quali un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione ad opera dell'una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell'altra, che può, in relazione alla particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità, nonostante la rilevanza della prestazione mancata o ritardata (Cass. II, n. 9314/2007). La valutazione della non scarsa importanza dell'inadempimento deve ritenersi implicita, ove l'inadempimento stesso si sia verificato con riguardo alle obbligazioni primarie ed essenziali del contratto (Cass. II, n. 4476/2022Cass. I, n. 22521/2011; Cass. III, n. 1227/2006; contra Cass. III, n. 10844/1997 e Cass. III, n. 4772/1980, secondo cui anche l'inadempimento totale di un'unica obbligazione non può considerarsi in senso assoluto ed automatico come determinante la risoluzione; secondo Cass. III, n. 2829/1972, l'inadempimento totale esclude necessariamente la scarsa importanza delle sue conseguenze). L'inadempimento di una prestazione accessoria può essere rilevante nella misura in cui faccia venir meno l'utilità della prestazione principale (Cass. II, n. 8064/1992), come nel caso di mancata consegna, nella vendita di un autoveicolo, dei documenti relativi alla proprietà e all'uso del bene (Cass. II, n. 1472/1999) ovvero nell'ipotesi di violazione dell'obbligo accessorio di prestare fideiussione (Cass. II, n. 8064/1992). Di recente, si è ribadito che vanno preliminarmente distinte le violazioni delle obbligazioni costitutive del sinallagma contrattuale, che possono essere apprezzate ai fini della valutazione della gravità di cui all'art. 1455 c.c., rispetto a quelle che incidono sulle obbligazioni di carattere accessorio, che non sono idonee, in sé sole, a fondare un giudizio di gravità dell'inadempimento, potendosi dare rilievo alla violazione degli obblighi generali di informativa ed avviso imposti dalla cd. buona fede integrativa soltanto in presenza di un inadempimento grave incidente sul nucleo essenziale del rapporto giuridico, ovvero di una ipotesi di abuso del diritto da parte di uno dei paciscenti (Cass. II, n. 19579/2021). Anche l'inosservanza di un termine non essenziale può costituire inadempimento grave quando il ritardo ecceda ogni normale limite di tolleranza (Cass. II, n. 5644/1995). Si è, altresì, precisato che la gravità dell'inadempimento va commisurata all'interesse che la parte adempiente aveva o avrebbe potuto avere alla regolare esecuzione del contratto e non alla convenienza, per detta parte, della domanda di risoluzione rispetto a quella di condanna all'adempimento, la cui valutazione è riservata esclusivamente alla parte, senza che il giudice possa intervenirvi  (Cass. III, n. 4022/2018  in relazione alla risoluzione di una transazione).

Nel caso di parziale o inesatto adempimento della prestazione, l'indagine circa la gravità della inadempienza deve tenere conto del valore, determinabile mediante il criterio di proporzionalità, della parte dell'obbligazione non adempiuta rispetto al tutto, nonché considerare se, per effetto dell'inadempimento, si sia verificata, ai danni della controparte, una sensibile alterazione dell'equilibrio contrattuale (Cass. II, n. 15052/2018; Cass. II, n. 3742/2006). Nelle obbligazioni ad esecuzione periodica, anche un inadempimento iniziale di scarso rilievo può rivestire i caratteri della serietà e della gravità, se si protrae nel tempo e se persiste malgrado il ricorso alle vie giudiziali (Cass. I, n. 20/1987). In ipotesi di collegamento negoziale, la gravità dell'inadempimento di un singolo contratto non deve essere apprezzata per ciascuna pattuizione, ma all'interno della complessiva struttura negoziale (Cass. II, n. 17148/2019).La valutazione in esame non è condizionata dal mancato invio di una costituzione in mora o di una diffida ad adempiere (Cass. L, n. 635/1978).

Nella valutazione della gravità dell'inadempimento, inoltre, il giudice deve tenere conto, ai sensi dell'art. 1227, comma 1 c.c., delle circostanze che avrebbero ridotto le conseguenze dell'inadempimento e che la parte non inadempiente conosceva o avrebbe potuto conoscere con l'ordinaria diligenza (Cass. VI-III, n. 20182/2013). Nell'ipotesi di pluralità di inadempienze, la gravità va desunta non da una loro considerazione isolata, ma unitaria e globale, sì da poter ricavare la prova di un comportamento che nel suo complesso è tale da costituire un rilevante ostacolo alla prosecuzione del rapporto (Cass. III, n. 5776/1983). In ordine all'ipotesi di inadempimenti reciproci, vedi subart. 1453 c.c., 8. In ogni caso, la valutazione della gravità dell'inadempimento ai fini della risoluzione di un contratto a prestazioni corrispettive costituisce questione di fatto, la cui valutazione è rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito, ed è insindacabile in sede di legittimità ove sorretta da motivazione congrua ed immune da vizi logici e giuridici (Cass. II, n. 15309/2024; Cass. II, n. 24179/2021; Cass. VI-II, n. 12182/2020).

In particolare, il giudice, in caso di accoglimento della domanda di risoluzione contrattuale, è tenuto ad indicare il motivo per cui, nel caso concreto, ritiene l'inadempimento di non scarsa importanza, a meno che non si tratti, come già detto, di inadempimento definitivo delle obbligazioni primarie o essenziali di una delle parti (Cass. II, n. 4476/2022). Si è, di recente, ribadito che la norma in esame è falsamente applicata laddove il giudice non individui i parametri sulla base dei quali viene affermato che l'inadempimento non può essere giudicato di scarsa importanza, avuto riguardo all'interesse dell'altro contraente, senza poter prescindere dalle emergenze di causa; sicché un tal giudizio non può essere espresso in termini astratti o, comunque, incompatibili con esse (Cass. II, n. 13784/2024).

Il momento della verifica

La valutazione della gravità dell'inadempimento deve essere ancorata al momento in cui la prestazione avrebbe dovuto essere eseguita, tenendo anche conto delle circostanze eventualmente sopravvenute alla conclusione del contratto, che abbiano influito sull'interesse a ricevere la prestazione (Mirabelli, in Comm. UTET, 1984, 609). Tra tali circostanze assume un peso specifico la persistenza dell'inadempimento anche dopo la domanda ovvero l'offerta della prestazione dovuta.

Anche secondo la giurisprudenza, la valutazione della gravità dell'inadempimento deve essere riferita al tempo in cui doveva essere eseguita la prestazione (Cass. II, n. 7937/1994). In particolare, nell'ipotesi di solo ritardo nell'adempimento, l'importanza di esso va stabilita con riferimento al tempo del ritardo, nel senso che si deve accertare se il creditore abbia interesse a ricevere la prestazione dopo un certo tempo, ovvero se egli sia danneggiato in modo irreparabile o rilevante dal ritardo della controparte, parzialmente o totalmente inadempiente (Cass. II, n. 1427/1984).

Secondo altra tesi, la gravità dell'inadempimento è condizione dell'azione di risoluzione e, in quanto tale, deve esistere al momento della decisione e non necessariamente al momento della proposizione della domanda (Cass. II, n. 14649/2013; Cass. III, n. 4052/1969): pertanto, l'adempimento successivo alla proposizione della domanda di risoluzione del contratto non ne arresta gli effetti, ma deve essere preso in esame dal giudice nella valutazione dell'importanza dell'inadempimento, potendo condurre ad escluderne la gravità e, quindi, a rigettare la suddetta domanda (Cass. II, n. 14011/2017)

Casistica

La mancata consegna all'acquirente del certificato di abitabilità implica un inadempimento che, sotto il profilo della gravità, non necessariamente dà luogo a risoluzione del contratto (dovendo essere verificata in concreto l'importanza e la gravità dell'omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene), ma può comunque essere fonte di un danno risarcibile, configurabile anche nel solo fatto di aver ricevuto un bene che presenta problemi di commerciabilità (Cass. II, n. 30950/2017; Cass. II, n. 29090/2017).

La mancata esecuzione della prestazione lavorativa costituisce giustificato motivo di licenziamento, ai sensi degli artt. 1 e 3 l. n. 604/1966, potendo essere ricondotta alla più generale nozione di inadempimento di non scarsa importanza di cui alla norma in commento (Cass. L, n. 8720/2009).

In tema di contratto d'appalto, le disposizioni specifiche previste dagli artt. 1667 e 1668 c.c., applicabili nel caso di opera completa ma affetta da vizi o difformità, integrano e non escludono i principi generali in tema di inadempimento contrattuale, applicabili, questi ultimi, quando non ricorrono i presupposti delle norme speciali. Rimangono, perciò, applicabili i principi riguardanti la responsabilità dell'appaltatore secondo gli artt. 1453 e 1455 c.c.nel caso in cui l'opera non sia stata eseguita o non sia stata completata o l'appaltatore abbia realizzato l'opera con ritardo o, pur avendo eseguito l'opera, si rifiuti di consegnarla (Cass. III, n. 9198/2018).

In tema di intermediazione mobiliare, le valutazioni dell'adeguatezza delle operazioni al profilo di rischio del cliente ed alla sua buona conoscenza del mercato finanziario non escludono la gravità dell'inadempimento degli obblighi informativi posti a carico dell'intermediario finanziario, sicché il fatto che l'investitore propenda per investimenti rischiosi non toglie che egli selezioni tra questi ultimi quelli, a suo giudizio, aventi maggiori probabilità di successo, grazie alle informazioni che l'intermediario è tenuto a fornirgli (Cass. I, n. 8333/2018). 

Pertanto, in materia di compravendita di strumenti finanziari, l'investitore, a seguito dell'inadempimento dell'intermediario ai propri obblighi di informazione, imposti dalla normativa di legge e di regolamento Consob e derivanti dalla stipula del cd. contratto quadro, può domandare la risoluzione non solo di quest'ultimo, ma anche dei singoli ordini di investimento – aventi natura negoziale e tra loro distinti e autonomi – quando il relativo inadempimento sia di non scarsa importanza (Cass. I, n. 2530/2023). In tema di gestione di portafogli su base individuale, la violazione dell'obbligo di comunicare ai clienti il benchmark e la loro classificazione, previsto per i contratti in corso alla data di entrata in vigore del regolamento Consob n. 16190/2007, costituisce inadempimento ad obblighi legali dell'intermediario, che tuttavia, ai fini della risoluzione del contratto, non si sottrae alla valutazione di gravità prevista dall'art. 1455 c.c. (Cass. I, n. 34936/2022).

A fronte di una domanda di risoluzione del contratto di locazione per morosità del conduttore, il giudice deve tener conto, nella valutazione della gravità dell'inadempimento, del suo comportamento anche successivo alla proposizione della domanda, dal momento che, non potendo il locatore sospendere a sua volta l'adempimento della propria obbligazione (trattandosi di un contratto di durata), permane in capo allo stesso l'interesse alla percezione del corrispettivo convenuto, dovutogli, ai sensi dell'art. 1591 c.c., fino al momento della riconsegna del bene (Cass. III, n. 36494/2023).

In tema di compravendita di beni mobili, la mancanza del certificato di qualità, contrattualmente previsto, rileva, ex art. 1497 c.c., sotto il profilo del difetto delle qualità promesse e dà all'acquirente il diritto alla risoluzione del contratto per inadempimento, dovendosi escludere che la mancanza della certificazione di qualità, ove non siano dimostrati specifici vizi della cosa, possa essere ritenuta di scarsa importanza ex art. 1455 c.c. (Cass. II, n. 29450/2023).

Bibliografia

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