Codice Civile art. 1333 - Contratto con obbligazioni del solo proponente.

Gian Andrea Chiesi
aggiornato da Nicola Rumìne

Contratto con obbligazioni del solo proponente.

[I]. La proposta diretta a concludere un contratto da cui derivino obbligazioni solo per il proponente è irrevocabile appena giunge a conoscenza della parte alla quale è destinata [1335].

[II]. Il destinatario può rifiutare la proposta nel termine richiesto dalla natura dell'affare o dagli usi. In mancanza di tale rifiuto il contratto è concluso.

Inquadramento

Come chiarito sub art. 1326 c.c., esistono casi in cui il procedimento di formazione del contratto e di raggiungimento dell'in idem placitum devia dallo schema «ordinario» dello scambio espresso proposta-accettazione: rientra tra tali ipotesi la fattispecie regolata dall'art. 1333 c.c., disciplinante i contratti unilaterali (o con obbligazioni a carico del solo proponente) che, pur potendosi concludere in maniera ordinaria, possono, nondimeno, fondare sul silenzio dell'oblato, il quale non respinga la proposta indirizzatagli nel termine fissato dal proponente o, in mancanza, dalla natura dell'affare o dagli usi. Si versa, dunque, in presenza di uno dei casi in cui la legge conferisce valore positivo al silenzio di una delle parti. Non si tratta, peraltro dell'unica peculiarità disciplinare dell'istituto giacché dall'esplicata modalità di conclusione del contratto derivano le ulteriori «deviazioni» rispetto al procedimento ordinario delineato dall'art. 1326 c.c. in tema di luogo e tempo di conclusione del contratto, coincidenti, rispettivamente, con il luogo in cui l'oblato ha conoscenza della proposta e, in mancanza di accettazione espressa, con il momento della scadenza del termine entro cui il destinatario della proposta può accettare

La natura giuridica

Molto discussa, in dottrina, è la natura del contratto con obbligazioni a carico del solo proponente, nel senso che è controverso se la fattispecie vada ricondotta all'area del contratto (quale negozio giuridico almeno bilaterale) ovvero se non se ne debba discutere, piuttosto, in termini di negozio unilaterale, indipendentemente dalla terminologia usata dal legislatore nella rubrica dell'art. 1333 c.c.

Secondo una prima impostazione (cd. contrattualistica), l'art. 1333 c.c. non disciplina altro che una particolare modalità di formazione del contratto. La tesi si articola, a propria volta, in alcune sotto argomentazioni, alla cui stregua il mancato rifiuto equivarrebbe, sì, ad un'accettazione, sia pure diversamente qualifica in termini di accettazione tacita (Osti, 516) ovvero implicita o presunta (Panuccio, 268). Per una diversa ricostruzione, ancora, non si potrebbe di dichiarazione tacita o nel comportamento concludente, ma di comportamento con valore e significato legalmente tipico, nel senso che, in presenza di una proposta qualificata nei termini previsti dall'art. 1333, comma 1 c.c., è la legge stessa a conferire valore di accettazione ad un comportamento silente, altrimenti inidoneo ad esprimere una volontà negoziale (Scognamiglio, 165). Deriva da quanto precede, in ogni caso, l'integrale applicabilità, alla fattispecie, della disciplina giuridica del contratto (Sacco, 21-39). Secondo una diversa impostazione, al contrario, la norma — e le fattispecie ricadenti sotto il suo ambito di operatività — non sarebbe riconducibile al procedimento di formazione del contratto e disciplinerebbe, piuttosto, un negozio unilaterale soggetto a rifiuto (cd. negozio unilaterale a rilievo bilaterale) (Benedetti, 121). Si osserva, in proposito, che la proposta ex art. 1333 c.c. non può essere sovrapposta né assimilata alla proposta irrevocabile ex art. 1329 c.c., sia perché l'irrevocabilità non dipende dalla volontà del proponente, sia perché anche in questo caso, come nell'ipotesi dell'opzione (cfr. l'art. 1332 c.c.) non è richiesta, quale elemento essenziale della proposta, la fissazione di un termine per l'accettazione da parte dell'oblato sia, ancora, perché un atto di accettazione coincidente con una condotta di mera astensione appare logicamente incompatibile con la struttura della accettazione, che per propria natura richiede, al contrario, un atto positivo e commissivo di adesione ad opera dell'oblato

Le caratteristiche disciplinari

Come anticipato in precedenza, lo schema di raggiungimento del consenso delineato dall'art. 1333 c.c. devia sensibilmente da quello ordinario ex art. 1326 c.c. in relazione al tempo e luogo di conclusione del contratto.

Quanto al luogo di conclusione del contratto, è possibile identificare due orientamenti tra loro diametralmente opposti.

Si oscilla, infatti, tra chi ritiene doversi fare applicazione della regola generale posta dall'art. 1326 c.c. (per cui il contratto si deve ritenere concluso nel luogo in cui il proponente ha notizia dell'accettazione da parte dell'oblato) e chi, al contrario, ritiene che proprio le peculiarità disciplinari che presidiano al raggiungimento dell'in idem placitum consentono, in questo caso particolare, di individuare tale luogo con quello ove si trova il destinatario della proposta (cfr., in generale, Messineo, 356).

In senso favorevole allo «spostamento» del luogo di conclusione del contratto in quello dove si trova l'oblato è Cass. I, n. 2861/1982 che, sia pure con riferimento alla fideiussione, specifica che, essendo la stessa un contratto unilaterale, la stessa si perfeziona nel momento e nel luogo in cui il destinatario della proposta la riceva, senza rifiutarla nel termine richiesto dalla natura degli affari o dagli usi.

Del pari divisi sono gli orientamenti in relazione alla individuazione del tempo di conclusione del contratto.

Riverbera su tale materia i propri effetti la disquisizione circa la natura del contratto unilaterale, giacché, ove si ravvisi in esso un negozio unilaterale, valendo il principio della recettizietà ex art. 1334 c.c., esso deve ritenersi efficace dal momento in cui la proposta giunge a conoscenza dell'oblato: con la conseguenza che ne deriva per cui questi acquisirebbe il fin dal momento dell'arrivo della proposta al proprio indirizzo, salva la possibilità di opporre il proprio rifiuto. Diversamente, per chi ravvisa nell'istituto in esame una forma particolare di conclusione del contratto, se ne deve trarre la inevitabile conseguenza per cui la fattispecie si completa e perfeziona unicamente con l'accettazione dell'oblato, da identificarsi, al più tardi, con l'inutile lasso del termine previsto per il rifiuto (cfr., in linea generale sull'argomento, Scognamiglio, 169).

Aderisce a tale ultima ricostruzione, come prima evidenziato, la giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. I, n. 2861/1982, cit.).

Quanto, poi, ad eventuali limiti applicativi dell'istituto, in conseguenza dell'eventuale forma scritta richiesta ad substantiam per il contratto a concludersi, molto si è discusso in dottrina ed in giurisprudenza.

Secondo la migliore dottrina (Sacco, 27 ss.), l'art. 1333 c.c. trova applicazione anche in relazione ai negozi a forma vincolata giacché, non essendo richiesta all'oblato alcuna accettazione, il rispetto del requisito della forma deve riguardare la sola proposta. Sotto altro profilo, non sussisterebbe alcuna ragione per interpretare restrittivamente la norma, che non distingue fra contratto formale e non.

La giurisprudenza, invece, oscilla tra la posizione di chi esclude che lo schema del contratto con obbligazioni del solo proponente possa essere utilizzato per i negozi che richiedono la forma scritta ad substantiam (Cass. II, n. 2630/1979) e chi, al contrario, si «accontenta» del rispetto del requisito formale in relazione alla proposta (Cass. I, n. 1921/1952). In questo secondo filone interpretativo si collocano Cass. II, 9500/1987 (allorché un coniuge, in sede di separazione consensuale, assume l'obbligo nei confronti dell'altro coniuge di provvedere al mantenimento del figlio minore, impegnandosi a tal fine a trasferirgli un bene immobile, pone in essere con il detto coniuge un contratto preliminare a favore del figlio, con la conseguenza che l'atto scritto con cui il coniuge obbligato in esecuzione di tale contratto, dichiara di trasferire al figlio quel bene, essendo privo dello spirito di liberalità, non configura una donazione, ma una proposta di contratto unilaterale, gratuito ed atipico, che, ai sensi dell'art. 1333 c.c., in mancanza del rifiuto del destinatario in un termine adeguato (alla natura dell'affare o stabilito dagli usi), determina l'irrevocabilità della proposta e quindi la conclusione del contratto, nonostante che la volontà di accettazione non risulti da atto scritto, dovendosi ritenere assolto l'obbligo della forma attraverso le modalità con cui è stata formulata la proposta) e Cass. I, n. 1338/2012 per la quale nel contratto con obbligazioni del solo proponente non rileva l'avvenuta sottoscrizione ad opera di una o di più parti, ma l'unilateralità dell'obbligazione in esso prevista, che è posta a carico di una sola parte obbligata ad adempiere, mentre l'oblato ha facoltà di adempiere. Ne consegue che, fondandosi l'impegno sull'unica dichiarazione proveniente dall'obbligato, la sottoscrizione dell'atto che lo contiene da parte del beneficiario della prestazione, su cui grava l'onere del rifiuto, non incide sullo schema tipico, né sul contenuto, valendo soltanto quale espressa accettazione dell'altrui obbligazione, pur non necessaria, dal momento che il contratto di perfeziona per il solo fatto del mancato rifiuto).

Nonostante la sua «naturale» irrevocabilità, le parti possono previamente concordare che il proponente si possa riservare la facoltà di revoca della proposta, anche dopo che questa sia giunta al destinatario (Scognamiglio, 169).

Argomento immediatamente connesso, infine, a quello della forma — e che consente di introdurre anche il successivo paragrafo — è quello della compatibilità dello schemaexart. 1333 c.c. con la conclusione dei contratti ad efficacia reale.

Anche in tal caso la dottrina oscilla tra chi nega tale possibilità, sulla scorta del rilievo per cui la richiamata disposizione contempla obbligazione a carico del solo proponente, mentre non consente di imporre all'oblato obblighi manutentivi di beni, conseguentemente al loro trasferimento mediante invio della semplice proposta (Sacco, 26) e chi, al contrario, la ammette (Scognamiglio, 166), considerando, da un lato, la presenza di diverse disposizioni che prevedono atti unilaterali ad effetti reali (quale, ad esempio, l'art. 1070 c.c.) e, dall'altro, la possibilità che il contratto a favore di terzo possa produrre effetti reali.

La recente giurisprudenza di legittimità, accogliendo una posizione mediana tra le due tesi proposte, risolve il problema affermando l'applicabilità dell'art. 1333 c.c. anche ai contratti con effetti traslativi da una sola parte, purché si tratti di attribuzioni traslative che non comportino alcun onere od obbligo a carico del beneficiario, in quanto la presenza di un pregiudizio anche solo potenziale — oneri di custodia, gestione o tributari — impone la necessaria accettazione del destinatario (Cass. II, n. 15997/2018). Si veda inoltre Cass. II, n. 12967/2023, secondo cui il negozio unilaterale di trasferimento del diritto di proprietà su di un immobile non è suscettibile di essere perfezionato con la modalità di cui all'art. 1333 c.c., qualora essa consista esclusivamente in una manifestazione unilaterale da parte di colui che assume gli obblighi derivanti dal contratto e non sia stata in alcun modo indirizzata al destinatario dei suoi effetti.

Segue. Le obbligazioni a carico del proponente

Quanto al contenuto della proposta, mentre tradizionalmente si ritiene che essa debba fare riferimento ad obbligazioni di facere o non facere, più divisa è la dottrina relativamente alla sussumibilità all'interno della proposta di obbligazioni di dare (cfr. il paragrafo che precede).

Sotto un profilo diverso da quelli già analizzati si evidenzia che, ove la proposta abbia ad oggetto un'obbligazione di dare, il contratto si cristallizza come una donazione obbligatoria, per il cui perfezionamento è necessaria l'accettazione, non solo espressa, ma formale, del destinatario (Carresi, 90).

Ritiene invece il Sacco, 27, che la disposizione non vada letta in maniera restrittiva, sicché tra le obbligazioni assumibili dal proponente dovrebbero rientrare anche la concessione di diritti potestativi in genere o di una prelazione. Questa lettura amplia della norma preside anche a quell'opinione dottrinaria che ritiene che, previo accordo delle parti, con il meccanismo delineato dall'art. 1333 c.c. possano essere conclusi anche contratti a prestazioni corrispettive (Carresi, 91).

Il meccanismo di perfezionamento del contratto di cui all'art. 1333 c.c. non è applicabile quando la dichiarazione unilaterale con la quale il preponente assume l'obbligazione nei confronti del destinatario non è costitutiva di un rapporto contrattuale, ma si inserisce in un preesistente programma negoziale come modifica ad un contratto bilaterale con obbligazioni a carico di entrambe le parti (nella specie, un contratto di assicurazione per infortuni sul lavoro, in cui l'assicuratore proponeva al datore di lavoro di coprire anche il danno biologico di non lieve entità senza aumento del premio), atteso che, in tal caso, l'assenza di pesi economici per il destinatario della proposta, cui è ispirata la ratio della norma, non può essere misurata rispetto al singolo patto modificativo, ma va valutata nell'ambito del contratto in cui esso si inserisce ed il meccanismo agevolativo di formazione del consenso non è operante se esso preveda obbligazioni non solo per il preponente (Cass. L, n. 19707/2016).

Segue. Il rifiuto dell'oblato

Chiarisce Cass. I, n. 1338/2012 che, nel contratto con obbligazioni del solo proponente, non rileva l'avvenuta sottoscrizione ad opera di una o di più parti, ma l'unilateralità dell'obbligazione in esso prevista, che è posta a carico di una sola parte obbligata ad adempiere, mentre l'oblato ha facoltà di adempiere: ne consegue che, fondandosi l'impegno sull'unica dichiarazione proveniente dall'obbligato, la sottoscrizione dell'atto che lo contiene da parte del beneficiario della prestazione, su cui grava l'onere del rifiuto, non incide sullo schema tipico, né sul contenuto, valendo soltanto quale espressa accettazione dell'altrui obbligazione, pur non necessaria, dal momento che il contratto di perfeziona per il solo fatto del mancato rifiuto. Anzi, osserva a tale riguardo Cass. II, n. 26325/2008 che, ove risulti che il destinatario della proposta abbia comunque ritenuto di accettarla per iscritto, il giudice di merito può desumere da tale circostanza che le parti abbiano inteso concludere un contratto a prestazioni corrispettive, e non un contratto con obbligazioni a carico del solo proponente.

Si trae da quanto precede, dunque, l'importanza, nello schema delineato dall'art. 1333 c.c., del silenzio del destinatario della proposta o, più correttamente, del mancato rifiuto dell'obbligazione assunta, in proprio favore, dal proponente.

Rimandando a quanto già esposto nel precedente paragrafo 2 circa la natura giuridica del silenzio, preme in questa sede unicamente evidenziare l'inefficacia della proposta possa conseguire non solo al rifiuto espresso ma anche ad un comportamento incompatibile con la volontà di accettarla. Così, anche un atteggiamento dell'oblato indifferente alla dichiarazione del proponente, ove protratto nel tempo, potrebbe intendersi, dunque, alla stregua come rifiuto, rilevando in proposito i criteri di correttezza e buona fede, che vietano all'oblato di abusare della sua prerogativa e di pretendere di esercitare i propri diritti dopo aver tenuto per lungo tempo un atteggiamento disinteressato, tale da poter essere ragionevolmente inteso dalla controparte come rifiuto.

Estremamente chiara è, in proposito, Cass. I, n. 11391/2001 per cui, pur sottraendosi la fattispecie del cd. contratto unilaterale allo schema generale di formazione contrattuale, derivante dall'incontro delle volontà delle parti, per il fatto di perfezionarsi in virtù del mancato rifiuto della proposta, il fine, cui sovrintende la disposizione di cui al comma 2 dell'art. 1333 c.c., di evitare che la sfera giuridica del soggetto possa essere interessata da una manifestazione di volontà altrui, consente che l'inefficacia della proposta possa desumersi, oltre che da un rifiuto espresso, anche da un comportamento del destinatario della proposta, inequivocabilmente apprezzabile come dettato dalla volontà di non avvalersene (nella specie è stato ritenuto tale il ricorso alla procedura espropriativa, da parte di un comune, pur in presenza di una proposta di cessione del bene a prezzo simbolico, formulata dal proprietario)..

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