Codice Civile art. 1873 - Determinazione della durata.

Caterina Costabile

Determinazione della durata.

[I]. La rendita vitalizia può costituirsi per la durata della vita del beneficiario o di altra persona [1876].

[II]. Essa può costituirsi anche per la durata della vita di più persone.

Inquadramento

I soggetti del contratto di rendita vitalizia sono il debitore obbligato alla prestazione periodica e il creditore cui spetta il diritto, nonché il soggetto — che potrebbe coincidere con il creditore, ma non necessariamente — la cui vita è stata presa in considerazione quale punto di riferimento per la determinazione della durata della rendita (c.d. «vita contemplata»).

La giurisprudenza reputa che nella rendita vitalizia la «vita contemplata» (dies certus an incertus quando) costituisca il termine essenziale dell'obbligazione (Cass. III, n. 385/1965).

La rendita può essere commisurata, oltre che alla vita del beneficiario, anche alla vita del debitore o di un terzo, ma sono ipotesi meno frequenti, specie ove si consideri che la vita del terzo estraneo, quand'anche sia richiamata nel negozio ai fini della durata del rapporto, non può assumere alcun rilievo negoziale autonomo, in quanto il terzo non è destinatario degli effetti dell'atto (Valsecchi, in Tr. C. M. 1961, 125).

La durata del rapporto può essere altresì commisurata alla vita di più persone, cd. vita contemplata plurima, ed in tal caso la rendita si estingue soltanto alla morte della più longeva delle persone (Dattilo, 863).

In dottrina è stato osservato che nella rendita vitalizia il fattore tempo rileva sotto un duplice profilo: esso concerne la durata del rapporto sottoposto al termine finale della cessazione della vita umana contemplata, nonché imprime il carattere della periodicità ai singoli atti esecutivi in conformità dell'interesse dedotto nel contratto (Lener, 1020).

La vita contemplata

In difetto di indicazioni sulla vita contemplata secondo una parte della dottrina si ha la nullità del contratto per mancanza di un elemento essenziale (Torrente, in Comm. S.B. 1955, 118).

Ad avviso di altri autori, invece, si esclude la comminatoria della nullità quando, sulla base del principio di conservazione del contratto (art. 1367), può legittimamente ritenersi che il riferimento sia fatto alla vita del creditore (Lener, 1020; Valsecchi, ult. cit.).

La giurisprudenza ha evidenziato che il riferimento alla vita della persona, che ha carattere essenziale per il contratto di cui all'art. 1872 e per ogni altra fattispecie atipica di rendita vitalizia, può essere implicito e desumersi dal complesso della regolamentazione negoziale (Cass. III, n. 4025/1995).

Effetti dell'evento morte

La morte della persona fisica la cui vita è contemplata nel vitalizio costituisce il termine finale della obbligazione di rendita.

La dottrina rileva che diverse sono le conseguenze della morte a seconda che la vita contemplata sia quella del creditore, del debitore o di un terzo.

Laddove la «vita considerata» sia quella del creditore, alla sua morte il rapporto si estinguerà, ma in caso di premorienza del debitore i suoi eredi subentreranno nella titolarità del diritto di credito; in caso la «vita contemplata» sia quella del debitore, sarà alla sua morte che il rapporto si estinguerà, ma fino ad allora l'ipotesi di premorienza del creditore, i creditori di questo potranno esigere la prestazione dal debitore ancora vivo; infine, in caso di vita contemplata di un terzo, e in caso di premorienza del creditore e/o del debitore, le prestazioni dovranno continuare a carico o a favore degli eredi rispettivamente dell'uno o dell'altro (Valsecchi, in Tr. C. M. 1961, 126).

La S.C., con riferimento all'ipotesi in cui la «vita contemplata» sia quella del debitore, ha precisato che alla sua morte gli effetti del negozio e degli inadempimenti verificatisi anteriormente alla morte del vitaliziato passano agli eredi, così come il credito per il mancato pagamento delle somme in cui si sono convertite le prestazioni in natura non corrisposte, dovute prima di tale evento (Cass. I, n. 330/1966).

Vitalizio successivo

La dottrina si è interrogata in ordine alla ammissibilità del vitalizio successivo, ovvero del vitalizio in cui è previsto il susseguirsi di una pluralità di persone per tutta la durata della vita contemplata.

In proposito, è opportuno distinguere l'ipotesi in cui il vitalizio successivo sia stato costituito inter vivos, ed allora non si dubita della sua validità, dall'ipotesi di costituzione tramite legato a cui osterebbe la disposizione dell'art. 698 che limita la costituzione successiva di un usufrutto, di una rendita o di altra annualità, in ragione dello sfavore delle sostituzioni fedecommissarie (Marini, in Tr. Res. 1985, 41).

Peraltro, l'ammissibilità del legato di vitalizio successivo è riconosciuta da alcuni autori prevalentemente sulla base di considerazioni fatte in ordine alla corrispondente norma del codice abrogato, sostanzialmente riprodotta da quello vigente (Valsecchi, in Tr. C. M. 1961, 174).

La giurisprudenza ha individuato nella convenzione con cui una parte si obbliga, come corrispettivo della cessione di un'azienda commerciale e del trasferimento della relativa gestione, a corrispondere una determinata somma mensile alla altra parte fino al decesso di costui e, successivamente, una rendita in danaro ad un terzo, vita natural durante, sottoposta alla condizione risolutiva dei suo eventuale matrimonio, una costituzione di rendita vitalizia a titolo oneroso con costituzione di un vitalizio successivo e, nella parte in cui è assicurata la rendita al terzo, una donazione indiretta (Cass. III, n. 3394/1982).

Bibliografia

Calò, Contratto di mantenimento e proprietà temporanea, in Foro it., 1989, I, 1, 1165; Dattilo, voce Rendita (dir. priv.), in Enc. dir., XXXIX, Milano, 1988; Gardella Tedeschi, Vitalizio, in Dig. civ., Torino, 1999; Lener, voce Vitalizio, in Nss. D.I., Torino, XX, 1975.

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