Codice Civile art. 1496 - Vendita di animali.Vendita di animali. [I]. Nella vendita di animali la garanzia per i vizi è regolata dalle leggi speciali o, in mancanza, dagli usi locali. Se neppure questi dispongono, si osservano le norme che precedono [1490 ss.]. InquadramentoLa norma in esame stabilisce una gerarchia obbligatoria fra tre fonti di norme, dando prevalenza alle leggi speciali e agli usi locali. Invero, l'art. 1496 c.c. costituisce un aspetto particolare della previsione generale contenuta nell'art. 1490 c.c., avendo voluto il legislatore disciplinare la compravendita degli animali in aderenza alle diverse e mutevoli consuetudini locali, subordinando l'applicazione delle norme proprie dell'azione redibitoria in genere — le quali avrebbero potuto turbare il normale andamento dei mercati nelle diverse regioni — all'applicazione delle leggi speciali, ed, in mancanza, degli usi locali, stabilendo che l'azione di garanzia per i vizi redibitori sia disciplinata in primo luogo dalle leggi speciali e dagli usi locali e, ove questi non provvedano, dalle disposizioni del codice civile (Cass. III, n. 604/1971). L'esclusione della disciplina dettata dal codice civile avviene, però, solo quando le leggi speciali o gli usi regolino per intero il vizio, non essendo sufficiente che esse contemplino per qualche aspetto la materia (Greco-Cottino, 296; contra Macario, 28). Usi e leggi speciali non sono, infatti, estensibili per analogia a categorie di animali o a vizi diversi da quelli in essi previsti (Rubino, 868). Pur potendo derogare alle specifiche norme cogenti, gli usi incontrano il limite dei principi dell'ordine pubblico e del buon costume (Cass. III, n. 595/1969). Inoltre, nell'applicare la disciplina dettata dagli usi occorre tener presente che l'uso locale prevale su quello nazionale ed è quello del luogo di conclusione del contratto (Rubino, 869). Il rinvio alla disciplina codicistica, contenuto nella norma in esame, non può ritenersi circoscritto alla fissazione dei termini entro cui deve essere fatta la denuncia dei vizi o difetti degli animali; ciò sia in base ad un principio ermeneutico generale (ubi lex non distinguit), sia perché il rinvio di terzo grado è fatto non al solo art. 1495 c.c., ma alle «norme che precedono», e quindi a tutte quelle, fra dette norme, che riguardano la stessa azione, ossia che dispongono per quali vizi e con quali effetti la garanzia può essere fatta valere (Cass. II, n. 3929/1982). Per quanto attiene, invece, ai rapporti tra disciplina codicistica e codice del consumo, di recente si è precisato che la persona fisica che acquista un animale da compagnia (o d'affezione), per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all'attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, va qualificato a tutti gli effetti «consumatore», così come va qualificato «venditore», ai sensi del codice del consumo, chi, nell'esercizio del commercio o di altra attività imprenditoriale, venda un animale da compagnia che, a sua volta, in quanto «cosa mobile» in senso giuridico, costituisce «bene di consumo». Ne consegue che la denuncia del difetto della cosa venduta è soggetta, ai sensi dell'art. 132 cod. cons., al termine di decadenza di due mesi dalla data di scoperta del difetto, e non al più breve termine di otto giorni di cui all'art. 1495 c.c. (Cass. II, n. 22728/2018). Vizi e mancanza di qualitàLa norma in esame si estende anche alla mancanza di qualità, non essendovi ragione di operare una distinzione tra fattispecie soggette alla medesima disciplina (Cass. III, n. 684/1962, in relazione alla vendita di un bovino affetto da «sfregamento pleurico di natura tubercolare»; contra Cass. III, n. 179/1962). Secondo la giurisprudenza, se gli animali sono indicati in contratto con riferimento al loro numero, il difetto di qualità può costituire «vizio» se si riferisca alle dimensioni, peso, misura od alle caratteristiche dei singoli capi; quando invece gli animali, pur avendo le caratteristiche pattuite, vengano consegnati in numero inferiore a quello convenuto, il venditore incorre in inadempimento parziale ed il compratore ha diritto, a seconda delle particolarità concrete, o alla consegna del quantitativo mancante o alla risoluzione del contratto o alla riduzione del prezzo, ferma restando l'eccezione d'inadempimento di cui all'art. 1460 c.c., senza che a dette azioni siano applicabili le condizioni ed i termini di cui all'art. 1495 c.c. (Cass. II, n. 11834/1991). Secondo la dottrina, gli usi ravvisano nei vizi quelle imperfezioni che si manifestano anche in una produttività inferiore alla media (Bianca, 931) e che, comunque, incidono apprezzabilmente sull'interesse creditorio. Oltre ad individuare i vizi tipici, gli usi si occupano anche dei rimedi, concedendo in taluni casi solo la riduzione del prezzo e regolando i termini della denunzia e della prescrizione, purché non rendano eccessivamente difficile al compratore l'esercizio della garanzia (Bianca, ibidem). La giurisprudenza ha chiarito che non configura condotta di occultamento dei vizi della cosa venduta l'omessa consegna al compratore della certificazione veterinaria di sanità relativa all'animale, atteso che non sussiste un obbligo in tal senso per il venditore, né esso può essere ricondotto a quello generale avente ad oggetto i titoli ed i documenti di cui all'art. 1477 c.c. (Cass. II, n. 7134/1993), posto che, peraltro, solo ove l'animale risulti affetto da una delle malattie contagiose per le quali è previsto l'isolamento od il sequestro si può ipotizzare una sua incommerciabilità, salva diversa previsione contrattuale (Cass. II, n. 4278/2011). Di recente, si è sostenuto che, nel caso di vendita di animale affetto da malattia infettiva e diffusiva, il contratto è nullo per incommerciabilità del bene solo nel caso in cui la patologia sia espressamente prevista dal regolamento di polizia veterinaria o da altra disposizione normativa per il tipo di animale oggetto della vendita, dovendosi negli altri casi fare applicazione, ai fini dell'eventuale responsabilità del venditore ai sensi dell'art. 1496 c.c., della disciplina relativa ai vizi della cosa venduta, ovvero alla mancanza delle qualità promesse o essenziali, ovvero alla consegna di aliud pro alio (Cass. II, n. 17930/2020). Anche in caso di vendita di animali, la garanzia per vizi, di cui all'art. 1490 c.c., è dovuta dal venditore per il solo fatto oggettivo della loro esistenza, indipendentemente dalla sussistenza o meno della colpa del venditore, che rileva per l'esercizio dell'azione di risarcimento danni. L'operatività della garanzia può essere esclusa solo ove si verifichino le condizioni di cui all'art. 1491 c.c., cioè la conoscenza dei vizi da parte dell'acquirente o la loro facile riconoscibilità, salvo, in tal caso, che il venditore abbia dichiarato che l'animale ne era esente (Cass. II, n. 9330/2004, secondo cui, qualora l'animale sia risultato affetto da malattia, manifestatasi alcuni giorni dopo la consegna, costituisce onere probatorio posto a carico del venditore dimostrare che la malattia sia stata provocata dalla ingestione accidentale di sostanze tossiche). Alla luce dell'orientamento consolidato di legittimità, ai fini della decorrenza del termine per la denuncia di vizi della cosa venduta, il dies a quo coincide con il giorno di ricevimento del bene soltanto per il vizio apparente, mentre per gli altri vizi, ovvero per quelli non rilevabili attraverso un rapido e sommario esame della cosa, il termine decorre dal momento della scoperta, che ricorre allorché il compratore abbia acquisito la certezza oggettiva dell'esistenza del vizio (Cass. II, n. 11452/2000, secondo cui, nella vendita di animali, il termine per la denuncia dei vizi decorre non dalla consegna dei capi, ma solo da quando il morbo che li ha colpiti si sia manifestato con sintomi inequivocabili). Il Regolamento di polizia veterinaria (d.P.R. n. 320/1954), legge speciale che precede gli usi locali nella vendita di animali, prevede la nullità del contratto per illiceità dell'oggetto, qualora il vizio possa determinare conseguenze gravi per l'economia pubblica, come nell'ipotesi di animale affetto da malattia contagiosa (Cass. n. 3402/1956). Il divieto di alienazione sussiste anche se l'incommerciabilità di cui trattasi non è espressamente disposta dal regolamento predetto (Cass. II, n. 3690/1977). Tali malattie, ai sensi del medesimo regolamento, impongono al compratore un onere di denunzia alla pubblica amministrazione ed influiscono sulla trasferibilità e commerciabilità dell'animale (Greco-Cottino, 301). In sostanza, quindi, mentre la malattia infettiva dell'animale configura la mancanza nell'oggetto dei requisiti di cui all'art. 1346 c.c., con la conseguente nullità del contratto ai sensi dell'art. 1418, comma 2 c.c., l'esistenza di altri vizi, originari o sopravvenuti, pone i presupposti per l'azione redibitoria, nei termini di cui all'art 1492 c.c. (Cass. III, n. 4221/1981). È, altresì, possibile che la vendita di un animale configuri consegna di aliud pro alio, la quale dà luogo ad un'ordinaria azione di risoluzione contrattuale, svincolata dai termini e dalle condizioni di cui all'art. 1495 c.c. (Cass. II, n. 28419/2013, che ha riformato la sentenza di merito la quale, in relazione alla vendita di un toro rivelatosi infertile, aveva negato la ricorrenza dell'aliud pro alio, affermando che l'animale potesse trovare altre utilizzazioni, senza considerare che anche alla stregua degli usi, richiamati dall'art. 1496 c.c., l'acquisto di un toro è finalizzato proprio alla riproduzione; Cass. II, n. 10916/2011, in relazione ad animali affetti da brucellosi). In ogni caso, la pronuncia della nullità della compravendita di animali affetti da una delle malattie indicate nel regolamento di polizia veterinaria non comporta per se stessa l'obbligo del venditore di risarcire i danni all'acquirente, atteso che il venditore è tenuto a risarcire i danni sofferti dall'acquirente soltanto quando, conoscendo o dovendo conoscere la cennata causa di nullità del contratto, non ne abbia dato notizia al compratore e questi abbia confidato, senza sua colpa, nella validità del contratto (Cass. II, n. 3690/1977). BibliografiaAngelici, Consegna e proprietà nella vendita internazionale, Milano, 1979; Auricchio, La individuazione dei beni immobili, Napoli, 1960; Bianca, La vendita e la permuta, in Tr. Vas., 1993; Bonfante, Il contratto di vendita, in Tr. Galgano, 1991; De Tilla, La vendita, Milano, 1999; Greco, Cottino, Vendita, in Comm. S.-B., 1981; Luminoso, I contratti tipici e atipici, in Tr. I.-Z., 1995; Macario, voce Vendita, Profili generali, in Enc. giur., 1994; Mengoni, Profili di una revisione della teoria sulla garanzia per i vizi nella vendita, in Studi in onore di De Gregorio, Città di Castello, 1955; Mirabelli, Della vendita, in Comm. UTET, 1991; Oliviero, La riduzione del prezzo nel contratto di compravendita; Romano, Vendita, in Trattato Grosso e Santoro-Passarelli, 1960; Rubino, La compravendita, in Tr. Cicu-Messineo, 1971 |