Codice Civile art. 1711 - Limiti del mandato.

Francesco Agnino

Limiti del mandato.

[I]. Il mandatario non può eccedere i limiti fissati nel mandato. L'atto che esorbita dal mandato resta a carico del mandatario [1717], se il mandante non lo ratifica [1398, 1399, 1712 2].

[II]. Il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione.

Inquadramento

Se il mandatario agisce oltre i limiti dell'incarico conferito, l'attività ulteriore è posta in essere in carenza di potere e, pertanto, è imputabile solo al mandatario stesso. Nel comma 2 il legislatore consente al mandatario di discostarsi dalle istruzioni formali quando è presumibile che ciò rispetti la effettiva volontà del mandante.

In applicazione di quanto previsto dall'art. 1711 c.c., il negozio stipulato dal mandatario eccedente i limiti del mandato, è assunto nella sfera giuridica di quest'ultimo. Pertanto, il mandatario è obbligato a tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio possa al medesimo derivare dalla stipula o esecuzione di tale negozio (Trib. Salerno 6 novembre 2010, n. 2082).

Violazione delle istruzioni impartite

In tema di esecuzione del mandato, quando il mandatario si discosti dalle specifiche e rigide istruzioni ricevute è superflua la verifica della conformità dell'atto allo scopo e agli interessi del mandante, attesane la contrarietà all'espressa volontà di questi. In tale ipotesi, quando la difformità riguardi una clausola del contratto concluso dal mandatario con rappresentanza, alla quale, secondo l'incensurabile apprezzamento del giudice di merito, debba riconoscersi carattere essenziale, l'inefficacia nei confronti del mandante non è limitata alla sola clausola difforme ma riguarda il contratto nella sua globalità. Tuttavia, quando la domanda sia anche diretta a ottenere la dichiarazione di invalidità parziale del negozio, questa si estende all'intero contratto soltanto se risulta che i contraenti non lo avrebbero concluso senza quella parte del suo contenuto che è colpita da nullità (Cass. n. 18535/2003, fattispecie relativa a procura speciale rilasciata per la vendita di una porzione di appartamento seguita da alienazione dell'intera unità immobiliare).

Ne discende che il mandatario che esegua un pagamento ad un terzo per conto del mandante, non osservando le condizioni stabilite, non è assimilabile al terzo che adempie per il debitore ai sensi dell'art. 1180, poiché, vigendo tra le parti del rapporto di mandato la regola secondo cui il mandatario non può, nell'esecuzione dell'incarico, discostarsi dalle istruzioni ricevute dal mandante, l'atto giuridico compiuto dal mandatario medesimo oltre i limiti del mandato resta a carico dello stesso a norma dell'art. 1711, comma 1, né rileva che il mandante sia tenuto ad anticipare i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato, poiché la disciplina di cui all'art. 1719 è derogabile mediante patto che, pur senza escludere l'obbligo del mandante di fornire al mandatario i mezzi necessari per l'esecuzione del mandato, ne disciplini diversamente i tempi di attuazione (Cass. n. 9472/2004, fattispecie relativa a rapporto trilaterale nell'ambito di contratto di produzione cinematografica: la S.C. ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso l'inadempimento della mandante, poiché i pagamenti erano stati eseguiti senza rispettare lo stato di avanzamento del cortometraggio).

Inoltre, l'obbligo del mandatario di discostarsi dalle istruzioni ricevute, nella situazione prevista dall'art. 1711, comma 2 c.c. non sorge nel caso in cui l'impossibilità di comunicare tempestivamente con il mandante o comunque di provocare un eventuale mutamento delle istruzioni ad opera del mandante medesimo sia imputabile ad un colposo comportamento di quest'ultimo, contrario ai doveri di cooperazione cui egli è tenuto (Cass. n. 12647/1995).

Ad ogni modo, il negozio stipulato dal mandatario eccedente i limiti del mandato non è annullabile, ma unicamente inefficace nei confronti del mandante, come resta confermato dal rilievo che esso è suscettibile di ratifica (art. 1711 c.c.). Ne consegue che, in mancanza di ratifica, il negozio compiuto dal mandatario eccedente dai poteri ricevuti dal mandante non è né nullo, né annullabile, ma solo inopponibile nei confronti del mandante ed i suoi effetti si producono nel patrimonio del mandatario, che li assume a suo carico ed ha l'obbligo di tenere indenne il mandante da qualsiasi pregiudizio che possa derivare per il suo patrimonio dalla stipulazione e dalla esecuzione di quel negozio (Cass. n. 2802/1995).

Il mandato per arbitrato libero ha natura di un mandato congiuntivo il quale dà vita ad un rapporto che interessa entrambe le parti compromittenti, dato che solo dal concorso della volontà di entrambe le parti viene conferito al collegio arbitrale il mandato a definire la controversia con il proprio dictum, e può essere, pertanto, revocato, ai sensi degli artt. 1723 e 1726 c.c., solo di comune accordo fra tutti gli interessati, a meno che non vi sia una giusta causa, la quale ricorre in tutti i casi in cui circostanze obiettive rendono pregiudizievole per il mandante la continuazione del rapporto; e che la giusta causa di revoca del mandato può anche dipendere da una violazione, da parte degli arbitri, delle obbligazioni nascenti dal mandato, da valutare, quanto alla gravità, con riferimento alla globalità del comportamento della parte inadempiente ed all'interesse del creditore alla prestazione (Cass. n. 8243/1995).

È noto pure che la cd. revoca del mandato per giusta causa integra fattispecie di recesso unilaterale dal medesimo, con efficacia ex nunc, il quale ha la capacità di paralizzare l'efficacia del rapporto stesso per il futuro, ossia da quando la relativa dichiarazione di volontà sia stata indirizzata al mandatario (Cass. n. 10739/2000).

Dunque, ciò che può dirsi è solo che, in assenza di giusta causa, la revoca, ad opera di alcuni dei mandanti, del mandato collettivo conferito agli arbitri irrituali è improduttiva di effetti (Cass. n. 9727/1993).

Come in tutti i casi in cui, parimenti, l'esercizio di un diritto, o comunque una conseguenza giuridica, è subordinato alla presenza o all'assenza della giusta causa, spetta al giudice di accertare ex post se tale presupposto esisteva e, quindi, se si sia o no verificato — per quanto ora interessa — l'effetto estintivo del rapporto contrattuale.

La domanda di accertamento della legittimità della revoca unilaterale del mandato collettivo per giusta causa, se accolta, conduce poi alla dichiarazione di nullità di tutti gli atti posti in essere dai periti successivi alla revoca, ivi compresa la loro finale determinazione peritale. Ma non costituisce affatto la condizione di efficacia della revoca stessa.

Inoltre, giova ricordare che con la perizia contrattuale le parti devolvono al terzo, o ai terzi, scelti per la loro particolare competenza tecnica, la formulazione di un apprezzamento tecnico che preventivamente si impegnano ad accettare come diretta espressione della loro determinazione volitiva (Cass. n. 13436/2005; Cass. n. 9996/2004).

Ne deriva che il perito, il quale viene scelto proprio per la sua particolare competenza, non ha facoltà di nominare a sua volta un vero esperto, ove egli non si reputi tale. Costituisce, dunque, necessariamente un'eccezione detta ulteriore nomina, mediante sub-delega dell'incarico ricevuto.

In tal senso, provvedono l'art. 1708 c.c., che indica il contenuto del mandato, l'art. 1710 c.c., sulla diligenza del mandatario, che al comma 2 impone al mandatario di rendere note al mandante le circostanze sopravvenute che possano determinare la revoca o la modificazione del mandato, e l'art. 1711 c.c., secondo cui il mandatario può discostarsi dalle istruzioni ricevute, solo qualora circostanze ignote al mandante, e tali che non possano essergli comunicate in tempo, facciano ragionevolmente ritenere che lo stesso mandante avrebbe dato la sua approvazione. Prima ancora, ciò riposa sul fondamentale principio di correttezza nei rapporti interpretativi (art. 1175 c.c.), applicato a quel particolare negozio costituito dalla perizia contrattuale (Cass. n. 17443/2016).

Bibliografia

Baldi, Venezia, Il contratto di agenzia. La concessione di vendita. Il franchising, Milano, 2015; Bavetta, Mandato (negozio giuridico) (dir. priv.), in Enc. dir., XXV, Milano, 1975; Bile, Il mandato, la commissione, la spedizione, Roma, 1961; Campagna, La posizione del mandatario nel mandato ad acquistare beni mobili, in Riv. dir. civ. 1974, I, 7 ss.; Ferri, Manuale di diritto commerciale, Torino, 1976; Formiggini, Commissione, in Enc. dir., VII, Milano, 1960; Minervini, Commissione, in N.ss. Dig. it., III, Torino, 1967; Natoli, La rappresentanza, Milano, 1977; Pugliatti, Studi sulla rappresentanza, Milano, 1965; Romano, Vendita. Contratto estimatorio, Milano, 1961; Rotondi, Rotondi, L'agenzia nella giurisprudenza, Milano, 2004; Santoro Passarelli, Dottrine generali del diritto civile, Napoli, 1997; Saracini, Toffoletto, Il contratto di agenzia, artt. 1742-1753, Milano, 2014.

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