Codice Civile art. 2346 - Emissione delle azioni (1).

Mauro Di Marzio

Emissione delle azioni (1).

[I]. La partecipazione sociale è rappresentata da azioni; salvo diversa disposizione di leggi speciali lo statuto può escludere l'emissione dei relativi titoli o prevedere l'utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione.

[II]. Se determinato nello statuto, il valore nominale di ciascuna azione corrisponde ad una frazione del capitale sociale; tale determinazione deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società.

[III]. In mancanza di indicazione del valore nominale delle azioni, le disposizioni che ad esso si riferiscono si applicano con riguardo al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse.

[IV]. A ciascun socio è assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento. Lo statuto (2) può prevedere una diversa assegnazione delle azioni.

[V]. In nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale.

[VI]. Resta salva la possibilità che la società, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opere o servizi, emetta strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniali o anche (3) di diritti amministrativi, escluso il voto nell'assemblea generale degli azionisti. In tal caso lo statuto ne disciplina le modalità e condizioni di emissione, i diritti che conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento delle prestazioni e, se ammessa, la legge di circolazione.

(1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo recitava: «[I]. Le azioni non possono emettersi per somma inferiore al loro valore nominale».

(2) Le parole «Lo statuto» sono state sostituite alle parole «L'atto costitutivo» dall'art. 7 d.lg. 28 dicembre 2004, n. 310.

(3) V. Avviso di rettifica in G.U. 4 luglio 2003, n. 153.

Inquadramento

Le azioni sono porzioni singole del capitale delle società per azioni: l'azionista, dunque, possiede un frammento di dette società, le quali, attraverso l'emissione e il collocamento delle azioni, finanziano la propria attività. Esse hanno natura di titolo di credito, ossia di strumenti che incorporano un diritto e ne facilitano la circolazione. Dalla veste di azionista discendono però non solo diritti, ma anche obblighi. L'azionista, difatti, è come tale socio della società per azioni, e non creditore di essa, sicché partecipa all'attività economica della società medesima, sopportandone i rischi in caso di perdite, rischi, peraltro, limitati al valore delle azioni possedute. Costituiscono diritti dell'azionista: i) percezione dei dividendi, se distribuiti dalla società; ii) la possibilità di esprimere il proprio voto nelle assemblee; iii) la possibilità di consultare i libri sociali previsti; iv) la possibilità di impugnare le delibere assembleari invalide.

Più in specifico, nelle società per azioni il capitale sociale sottoscritto è diviso in un numero predeterminato di parti di identico valore, ciascuna delle quali costituisce un'azione ed attribuisce identici diritti nella società e verso la società (Campobasso, 199). L'azione è l'unità minima di partecipazione al capitale sociale e, come tale, indivisibile. Il congegno di creazione delle azioni consiste in ciò che, fissata con lo statuto l'entità del capitale sociale, si procede in via preventiva alla determinazione delle sue frazioni ideali, le azioni, le quali, successivamente, vengono assegnate ai soci e tra loro ripartite. In dipendenza di tale assegnazione, e dunque dal numero delle azioni attribuite a ciascuno, discende il quantum dei loro diritti (Angelici, 29). Nelle società per azioni, le azioni costituiscono dunque un prius rispetto al socio (Angelici, 31). In ciò l'azione si distingue dalla quota sociale nella società a responsabilità limitata laddove il capitale sociale viene ad essere diviso in ragione del numero dei soci che compongono la compagine sociale.

Valore nominale delle azioni

Se determinato nello statuto, il valore nominale delle azioni rappresenta una frazione del capitale sociale e deve riferirsi senza eccezioni a tutte le azioni emesse dalla società (art. 2346, comma 2 c.c.).

Detto valore, come quello del capitale sociale nominale, è “slegato” dalle vicende patrimoniali della società, e rimane invariato nel tempo (Campobasso, 200). Il valore nominale delle azioni può dunque essere elevato o diminuito esclusivamente mediante una modificazione dell'atto costitutivo, ad es., attraverso un aumento nominale del capitale, una riduzione del capitale ovvero attraverso un raggruppamento o frazionamento delle azioni.

La riforma del diritto societario ha introdotto la possibilità di emettere azioni senza valore nominale. Queste ultime si caratterizzano perché il loro valore non è determinato in riferimento alla frazione del capitale sociale che rappresentano, bensì al loro numero in rapporto al totale delle azioni emesse: tali azioni, in altri termini, non esprimono un valore assoluto, ma un valore percentuale. Nell'ipotesi considerata lo statuto deve indicare solo il capitale sottoscritto ed il numero delle azioni emesse, fermo restando che, anche in tale ipotesi, le azioni senza valore nominale costituiscono frazioni uguali del capitale sociale (Campobasso, 200). Ne consegue che il valore nominale di ciascuna azione deve in tal caso essere desunto dividendo l'ammontare del capitale sociale nominale per il numero delle azioni emesse.

Comune ad entrambe le ipotesi è che il concreto peso quantitativo dei diritti esercitati dall'azionista risulta da un rapporto tra il numero delle azioni ad egli riferite ed il numero di quelle in totale emesse (Angelici, 30).

L'art. 2346, comma 4 c.c. fissa il principio di proporzionalità tra il valore dei conferimenti ed il numero delle azioni. Si tratta di un principio tuttavia derogabile mediante apposita previsione introdotta nello statuto che, cioè, può prevedere un'assegnazione delle azioni per valore diverso, maggiore o minore, rispetto a quello del conferimento, sempre che il valore complessivo dei conferimenti non sia inferiore a quello del capitale sociale. La diversa assegnazione ha la funzione di assicurare a determinati soci, la cui presenza è considerata dalla compagine societaria particolarmente vantaggiosa per la società, una maggiore influenza nell'assemblea, ovvero quella di impedire a taluni soci una eccessiva influenza nell'assemblea. L'assegnazione di azioni di valore non proporzionale al conferimento va però coordinata con il principio, di natura inderogabile, di effettiva formazione del capitale sociale. Il quinto comma prevede, infatti, che, in nessun caso il valore dei conferimenti può essere complessivamente inferiore all'ammontare globale del capitale sociale. L'esplicazione di tale principio implica che in caso di assegnazione più che proporzionale altri soci conferiscano beni per un valore superiore a quello delle azioni che ricevono (Cian, 895). La violazione non comporta tuttavia la nullità della sottoscrizione delle azioni, ma solo la nullità della clausola relativa con la conseguenza che i sottoscrittori saranno egualmente tenuti a conferire l'intero valore nominale (Campobasso, 201).

Gli strumenti finanziari

L'art. 2346, comma 6 c.c. stabilisce inoltre che la società può emettere strumenti finanziari forniti di diritti patrimoniale diritti amministrativi, senza diritto di voto nell'assemblea degli azionisti, a seguito dell'apporto da parte dei soci o di terzi anche di opere o servizi.

Detta disposizione è volta ad ampliare la possibilità di acquisizione di elementi utili — quali l'apporto di opere e servizi — per il vantaggioso svolgimento dell'attività sociale, ma, avuto riguardo alla normativa di fonte comunitaria che fa divieto del conferimento di opere e servizi, senza che tali apporti possano essere imputati a capitale (Stagno d'Alcontres, Art. 2346, 2004, 261). I menzionati apporti, non costituendo capitale sociale, non sono assoggettati alla disciplina propria dei conferimenti sebbene concorrano ad incrementare il patrimonio sociale (Campobasso, 220).

In giurisprudenza è stato osservato che, se lo statuto di una s.p.a. prevede che la riserva relativa all'apporto da strumenti finanziari partecipativi possa essere erosa da perdite, la loro conversione in azioni, benché prevista come automatica ad una certa scadenza temporale, deve essere attuata tenendo conto delle perdite maturate al momento della conversione stessa, con formazione di un apposito bilancio infrannuale (Trib. Napoli 25 febbraio 2016, in Banca, borsa, tit. cred., 2017, II, 483).

Nel piano di concordato è riconosciuta la possibilità di inserire la realizzazione di operazioni di carattere straordinario, come l'affitto d'azienda, l'aumento di capitale con conversione forzosa in equity dei crediti, l'emissione di titoli obbligazionari, operazioni di fusione o scissione societaria; nello specifico, ai sensi dell'art. 160, comma 1, l.fall. e dell'art. 2346 c.c., deve ritenersi che anche gli strumenti finanziari partecipativi siano strumenti finanziari cedibili, aventi natura intermedia fra i titoli azionari e quelli obbligazionari (Trib. Ravenna 29 maggio 2020).

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