Codice Civile art. 2348 - Categorie di azioni (1).Categorie di azioni (1). [I]. Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti. [II]. Si possono tuttavia creare, con lo statuto o con successive modificazioni di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi anche per quanto concerne la incidenza delle perdite. In tal caso la società, nei limiti imposti dalla legge, può liberamente determinare il contenuto delle azioni delle varie categorie. [III]. Tutte le azioni appartenenti ad una medesima categoria conferiscono uguali diritti. (1) Articolo sostituito dall' art. 1 d.lg. 17 gennaio 2003, n. 6 , con effetto dal 1° gennaio 2004. La legge ha modificato l’intero capo V, ed è stata poi modificata e integrata dal d.lg 6 febbraio 2004, n. 37, la cui disciplina transitoria è dettata dall'art. 6. Il testo dell'articolo recitava: «[I]. Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro possessori uguali diritti. [II]. Si possono tuttavia creare categorie di azioni fornite di diritti diversi, con l'atto costitutivo o con successive modificazioni di questo». InquadramentoLa disposizione è dedicata all'individuazione delle categorie delle azioni, ciascuna delle quali consiste in una partecipazione sociale ed attribuisce al titolare un complesso unitario di diritti e poteri collocati sia dal versante amministrativo che da quello e patrimoniale (Campobasso, 204). L'art. 2437 c.c., nel riferirsi ai «diritti di partecipazione» in endiadi con i «diritti di voto», non esclude dal numero dei diritti di partecipazione i diritti di partecipazione «amministrativi» per includervi solo quelli di partecipazione «patrimoniali», ma utilizza un ampio nomen iuris, che non trova riscontro in altre sedi del codice, così legittimando l'inclusione nella formula normativa di entrambe le categorie sia dei «diritti patrimoniali» sia dei «diritti amministrativi», le quali, in altri articoli dello stesso capo del codice, sono individuate congiuntamente (artt. 2346, comma 6 e 2349, comma 2 c.c.) ovvero separatamente (art. 2350, comma 2 c.c.). Pertanto, le modificazioni statutarie concernenti i diritti di partecipazione dei soci vanno individuate non solo nelle modificazioni statutarie incidenti sui diritti di partecipazione patrimoniale ma anche in quelle incidenti sui diritti di partecipazione amministrativa, diritti tra i quali va senz'altro ricompreso il diritto del socio di presentazione di lista per la nomina dell'organo amministrativo, tale presentazione risolvendosi non già in una mera modalità di regolamentazione della procedura di voto rilevante solo sul piano organizzativo, ma nella facoltà, riconosciuta statutariamente ad ogni socio, di concorrere alla nomina dell'organo gestorio secondo uno schema estraneo alla regola di maggioranza e, dunque, di «partecipare» più incisivamente rispetto alla regola di base ad una delle scelte organizzative vitali per l'ente (Trib. Milano 31 luglio 2015). In particolare, il primo comma dell'art. 2348 c.c. stabilisce che le azioni conferiscono ai loro possessori uguali diritti. Nondimeno, emerge dalla norma che il principio di eguaglianza così sancito incontra limiti. Si tratta infatti di uguaglianza relativa perché la norma consente di creare categorie di azioni fornite di diritti diversi (Campobasso, op. cit., 204). Sicché, in presenza di una pluralità di categorie di azioni, il rispetto del principio di uguaglianza va commisurato non già alla generalità indistinta delle azioni, bensì alle azioni appartenenti alla categoria (Notari, 597; Mascagni, in ilsocietario.it, § 1). Ne discende, inoltre, che l'uguaglianza attiene ai diritti che l'azione attribuisce, non ai diritti di cui ciascun azionista globalmente dispone (Campobasso, 204). GLa clausola statutaria in base alla quale, in presenza di determinate situazioni specificamente individuate, i soli soci divenuti tali in un momento successivo all'inserimento in statuto della medesima clausola, sottostanno ad un diritto di riscatto a favore degli altri soci, viola il principio di parità di trattamento tra i soci poiché introduce una ingiustificata discriminazione tra i soci originari ed i soci aventi causa da questi (soci sopravenuti) (Trib. Milano 14 marzo 2012, in Soc., 2012, 582). Oltre alle azioni ordinarie alle quali spettano sia i diritti patrimoniali (in primo luogo il diritto agli utili, nonché il diritto alla quota del patrimonio netto risultante dalla liquidazione), sia diritti amministrativi (in primo luogo il diritto di voto), il legislatore ha disciplinato distinte tipologie di azioni, quali le azioni di godimento (art. 2353 c.c.); le azioni di risparmio (art. 145 TUF); le azioni privilegiate (art. 2350, comma 1 c.c.); le azioni postergate (art. 2348, comma 2 c.c.); le azioni correlate (art. 2350, comma 2 c.c.); le azioni prive del diritto di voto o a voto limitato, subordinato o plurimo (art. 2351, commi 2 e 4 c.c.); i titoli riscattabili (art. 2437-sexies c.c.). Categorie speciali di azioni.Il comma 2 dell'art. 2348 c.c. consente che lo statuto, al momento della sua formazione o con successive modificazioni, possa prevedere categorie di azioni fornite di «diritti diversi», anche con riguardo alla incidenza delle perdite. Come si diceva, però, la disuguaglianza tra azioni contemplata dall'art. 2348 c.c. si colloca su un piano oggettivo, e concerne cioè la partecipazione in se stessa considerata, e non riguarda il profilo soggettivo dei soci. L'autonomia negoziale posta a base dello statuto non può difatti comportare la creazione di distinte figure di soci, perché tale assetto della partecipazione si porrebbe in contrasto con la connotazione tipologica del modello a base azionaria (Cian, Sandei, 2015, 909). In tale prospettiva è stato escluso che possa essere attribuito ad un socio, quale «diritto diverso», il diritto di veto sulle deliberazioni assembleari (Trib. Verona 8 dicembre 1991, in Soc., 1992, 813). Neppure può ricomprendersi tra tali diversi diritti la facoltà di procedere alla nomina degli amministratori e dei sindaci con modalità contrastanti con le disposizioni dettate da norme inderogabili: è, dunque, nulla la clausola che consente di procedere separatamente alla nomina degli amministratori e che sottrae, quindi, all'assemblea dei soci il potere di procedere alla nomina delle cariche sociali posto che tale incombente compete esclusivamente ad essa (Trib. Verona 18 dicembre 1987, in Soc., 1988, 403). Parimenti non è omologabile lo statuto di una società per azioni contenente una clausola che prevede la facoltà di emettere azioni privilegiate nella partecipazione alle perdite (nel senso che la partecipazione alle perdite viene postergata interamente rispetto alle azioni ordinarie) ed azioni privilegiate nel caso di liquidazione della società (nel senso che alle stesse spetta, con priorità rispetto alle azioni ordinarie, il rimborso di quanto residui del patrimonio sociale dopo il pagamento dei creditori sociali con esclusione del diritto di voto nelle assemblee ordinarie) ed, inoltre, attribuisce agli azionisti ordinari, in caso di riduzione parziale o totale del capitale per perdite, la facoltà di sottoscrivere, con preferenza sugli azionisti titolati delle azioni privilegiate, gli aumenti di capitale deliberati a seguito della riduzione, in quanto contrastante con il principio fissato dall'art. 2348, comma 2 c.c. il quale prevede la sola creazione di categorie di azioni fondate su diritti diversi, mentre la postergazione nelle perdite non è un diritto, ma un elemento essenziale nella struttura del fenomeno associativo (Trib. Udine 5 dicembre 1997, in Vita not., 1998, 1047). È stato altresì osservato che gli azionisti di categoria non hanno un «diritto al rango» e quindi a mantenere la stessa incidenza percentuale sul capitale rispetto agli azionisti ordinari, se non s'è realizzato alcun pregiudizio ai diritti di categoria (Trib. Milano 8 luglio 2004, in Giur. it., 2005, 307). Anche la riscattabilità delle azioni può concretare una caratteristica idonea alla creazione di una categoria azionaria: il concetto di «diritti diversi» contenuto nell'art. 2348, comma 2 c.c., si, riferisce a qualsiasi situazione giuridica soggettiva spettante al possessore delle azioni (Trib. Perugia 25 giugno 2008, in Riv. not., 2013, 1212). In tema di recesso da società di capitali, laddove le azioni possedute dal socio receduto siano quotate nel mercato dei titoli, il valore di rimborso a lui spettante deve tener conto esclusivamente delle indicazioni di prezzo fornite dal mercato stesso in relazione a quelle azioni, non potendo, quindi, il titolare di azioni di risparmio dolersi del fatto che, in tal modo, si possa pervenire ad una determinazione di rimborso inferiore a quello spettante ai titolari di azioni ordinarie, non sussistendo alcuna violazione dell'art. 2348 c.c., atteso che il principio secondo cui tutte le azioni emesse dalla società attribuiscono uguali diritti trova espressa deroga, nel caso delle azioni di risparmio, nel disposto dell'art. 14, comma 4 l. n. 216/1974 (Cass. n. 6207/2013). La clausola di covendita (cd. «drag along», in base alla quale il socio ha il diritto di procurare la vendita al terzo delle azioni dell'altro socio): i) non viola il principio di eguaglianza delle azioni appartenenti alla stessa categoria; ii) non è assimilabile al diritto di riscatto e non deve pertanto assicurare ex ante la certezza di una valutazione equa o non inferiore a quella garantita dalla norma sulla liquidazione delle azioni dei recedenti (Coll. arb. 29 luglio 2008, in Banca, borsa, tit. cred., 2009, II, 493). In tema di fusione per incorporazione di s.p.a., il rapporto di cambio tra le azioni di risparmio dell'incorporata e quelle ordinarie dell'incorporante deve calcolarsi tenendo conto che il valore delle prime non è necessariamente coincidente con quello delle azioni ordinarie della medesima incorporata, giacché il valore delle azioni, che può essere desunto anche dalle quotazioni di mercato dei titoli, dipende dai diritti, non solo di natura patrimoniale, ma anche di natura amministrativa, da esse conferiti Cassazione civile sez. I, 20 aprile 2020, n.7920. BibliografiaV. sub art. 2346. |