Codice Civile art. 1603 - Clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione.Clausola di scioglimento del contratto in caso di alienazione. [I]. Se si è convenuto che il contratto possa sciogliersi in caso di alienazione della cosa locata [2923 5], l'acquirente che vuole valersi di tale facoltà deve dare licenza al conduttore rispettando il termine di preavviso stabilito dal secondo comma dell'articolo 1596. In tal caso al conduttore licenziato non spetta il risarcimento dei danni, salvo patto contrario (1). (1) Per le locazioni di immobili urbani v. art. 7 l. 27 luglio 1978, n. 392 che sancisce la nullità di questa clausola. InquadramentoIl trasferimento a titolo particolare della cosa locata comporta, sul piano sostanziale ed in applicazione dell'art. 1599, il subentro – a latere locatoris – dell'acquirente all'alienante nel rapporto locatizio, producendo altresì, sul piano processuale, gli effetti previsti e disciplinati dall'art. 111 c.p.c.: l'acquirente si surroga nella posizione dell'originario locatore, acquistando, dal momento dell'acquisto, i medesimi diritti ed obblighi verso il conduttore, che aveva il cedente. All'ipotesi di compravendita va equiparata – in base all'interpretazione fornita a proposito dell'art. 1599 c.c. in relazione al concetto di “terzo acquirente” – quella della donazione (Cass. III, n. 13833/2013; Trib. Bari 3 luglio 2018), della permuta (Cass. III, n. 975/1978), della costituzione di usufrutto (Cass. III, n. 11828/1990), nonché, più in generale, qualsiasi altra ipotesi di acquisto a titolo derivativo o derivativo-costitutivo (Cass. III, n. 2356/1985). La cessione del contratto di locazione, in mancanza di una volontà contraria dei contraenti, determina, ai sensi degli artt. 1599 e 1602 c.c., la surrogazione del terzo che subentra ex lege nei diritti e nelle obbligazioni del locatore-venditore senza necessità del consenso del conduttore. Chiara è, in tal senso, la posizione della giurisprudenza di legittimità, consolidata, da un lato, nell'escludere che l'acquirente di un immobile locato possa far valere – in difetto di una cessione del credito – pretese relative a situazioni ormai esaurite al momento della vendita (Cass. III, n. 11895/2008; Cass. III, n. 8329/2001), e, dall'altro, nell'affermare che l'acquirente conserva pur tuttavia azione da tale momento nei confronti del conduttore per gli adempimenti cui lo stesso è attualmente tenuto (potendo, ad esempio, reclamare i danni conseguenti al deterioramento della cosa locata esistente al momento della compravendita del bene e non ancora risarciti al precedente proprietario, atteso che tale deterioramento costituisce uno stato permanente della cosa locata: così Cass. III, n. 4912/2003; Cass. III, n. 19442/2008). Del pari è stato chiarito che, in applicazione dell'art. 1602 c.c., che fissa nel momento dell'acquisto del bene locato il subingresso dell'acquirente nei diritti e negli obblighi derivanti dal contratto di locazione, va implicitamente escluso che il fenomeno successorio, ex art. 1599 c.c., del trasferimento a titolo particolare della cosa locata possa avere effetto retroattivo (Cass. III, n. 24222/2019), con la conseguenza che il rapporto di locazione si scinde in due periodi distinti, rispetto a ciascuno dei quali l'unico contratto spiega i suoi effetti nei confronti di colui che in quel periodo ha la qualità di locatore (Cass. III, n. 19747/2012; Cass. III, n. 22669/2004; Cass. III, n. 8328/2001): sicché la successione dell'acquirente, salvi diversi accordi di cessione, consentiti nel nostro ordinamento come espressione del principio dell'autonomia contrattuale delle parti, non comporta il trasferimento al nuovo proprietario della situazione debitoria e creditoria, maturatasi in capo al precedente proprietario, nel periodo antecedente all'acquisto del bene locato (Cass. III, n. 2751/2015). Il conduttore, pertanto, è tenuto, di regola, a pagare i canoni all'acquirente, nuovo locatore, dalla data in cui riceve la comunicazione della vendita dell'immobile in una qualsiasi forma idonea, in applicazione analogica dell'art. 1264 c.c. in tema di cessione dei crediti (Trib. Teramo, 17 giugno 2014). La dottrina ritiene che quella in esame configuri un'ipotesi di successione nella posizione contrattuale o di cessione del contratto ex lege, cui applicare – quantomeno analogicamente – le norme generali in materia di cessione del contratto (Carrara, Ventura, 454; in senso contrario all'applicazione analogica delle norme dettate sulla cessione del contratto in generale, però, Guarino, 47; Provera, 414); ma si è altresì sostenuto (Trifone, 526) che la qualificazione del fenomeno (in termini di successione nel contratto o cessione di esso) non abbia una importanza pratica, rilevando, a contrario, gli effetti di esso, consistenti in una surrogazione del terzo acquirente nei diritti e nelle obbligazioni derivanti dal contratto di locazione e avendo l'art. 1602 c.c. il precipuo intento di regolare i rapporti tra alienante ed acquirente della cosa locata. È, invece, pacifico che il subentro del terzo si verifica integralmente ed in via automatica e istantanea dal giorno del suo acquisto (Tabet 1972, 654). Tanto doverosamente premesso, l'art. 1603 c.c. riconosce all'acquirente la facoltà di recedere dal contratto, subordinatamente ad un onere di preavviso, il cui termine, mediante la relatio all'art. 1596 c.c., è quello previsto per la disdetta delle locazioni senza determinazione di tempo. Natura della clausolaLa norma rappresenta un'applicazione, in materia locatizia, del diritto di recesso previsto, in via generale, dall'art. 1373 c.c.: l'esercizio del recesso nei termini fissati dall'art. 1603 c.c. (ovvero in quelli convenzionalmente stabiliti dalle parti, v. infra), non ingenera, poi, alcun diritto alla percezione di risarcimento o indennizzo da parte del conduttore. Proprio perché tale è la natura del diritto in esame, si è ritenuto, in dottrina (Provera, 455), che la clausola possa però anche prevedere l'attribuzione, al conduttore, di un congruo indennizzo, in applicazione di quanto previsto dall'art. 1373, comma 3, c.c. (Provera, 452). La previsione di un termine di preavviso, inoltre, ingenera dubbi circa il regime giuridico della clausola in che determini ipso iure lo scioglimento del vincolo a seguito di alienazione. La dottrina è sul punto divisa tra chi (Tabet 1972, 690), qualificando la norma come cogente, ritiene che non sia ammessa una clausola che disponga l'automatico scioglimento del rapporto a seguito dell'alienazione e che questa, ove apposta, sia nulla, e chi (Provera, 453), al contrario, ammette tale possibilità, riconducendola allo schema della condizione risolutiva potestativa e precisando che non si tratterebbe altro che l'applicazione, alla locazione, di un istituto di portata generale. La giurisprudenza opta per tale seconda soluzione, avendo Cass. III, n. 3140/1981 ritenuto pienamente valida la clausola contenuta in un contratto di locazione con la quale si considera la vendita dell'immobile locato quale causa di risoluzione della locazione, trattandosi di condizione semplice risolutiva; analogamente Cass. S.U., n. 459/1994 per la quale la locazione di immobile acquisito alla massa fallimentare, stipulata dal curatore del fallimento ai sensi dell'art. 560, comma 2 c.p.c. (applicabile in forza del richiamo di cui all'art. 105 della l. fall.) è un contratto la cui durata risulta naturaliter contenuta nei limiti della procedura concorsuale, in quanto attuativa di una mera amministrazione processuale del bene, con la conseguenza che – non essendo assimilabile al contratto locativo di data certa anteriore alla sentenza dichiarativa di fallimento disciplinato dall'art. 2923 c.c. – non sopravvive alla vendita fallimentare e non è opponibile all'acquirente in executivis. Pertanto, la clausola con la quale il curatore ed il conduttore espressamente pattuiscano la risoluzione della locazione per effetto della vendita forzata del bene è pienamente valida, in quanto esplicita un limite di durata connaturato al contratto ed alle sue peculiari finalità, che lo sottraggono all'ambito di applicabilità del combinato disposto degli artt. 7 e 41 della l n. 392/1978, che colpiscono di nullità la clausola di risoluzione del contratto di locazione in caso di alienazione del bene locato. L'ammissibilità di una clausola quale quella appena descritta implica, evidentemente, anche conseguenze ulteriori, nel senso che le parti potrebbero, ad esempio, convenzionalmente ridurre ovvero escludere il termine di preavviso. Da osservare, infine, come la previsione contenuta nell'art. 1603 c.c. trova riscontro, in tema di vendita forzata ed assegnazione, nel disposto di cui all'art. 2923, comma 5, c.c., per cui se nel contratto di locazione è convenuto che esso possa risolversi in caso di alienazione, l'acquirente può intimare licenza al conduttore secondo le disposizioni dell'art. 1603 c.c. Ratifica della disdetta comunicata dal falsus procuratorQuestione peculiare è quella relativa alla ratificabilità, ad opera dell'acquirente, della disdetta intimata dal falsus procurator del precedente proprietario. La giurisprudenza di legittimità, nell'unica occasione in cui si è occupata espressamente della questione, ha escluso tale possibilità, sulla base di una corretta interpretazione dell'art. 1399, ult. comma, c.c. norma che dispone che "la facoltà di ratifica si trasmette agli eredi". Osserva in proposito Cass. III, n. 2510/2005 che, presupposto della successione disciplinata dall'art. 1602 c.c. è che i diritti e le obbligazioni derivino dal contratto: pertanto, (a) la disdetta intimata legittimamente dal locatore fa sorgere l'obbligo del conduttore al rilascio e il corrispondente diritto del locatore ad ottenere la disponibilità dell'immobile alla scadenza e (b) allorquando, dopo la disdetta, il locatore trasferisce a un terzo l'immobile locato, gli trasferisce anche il suo diritto, derivante dal contratto, alla restituzione dell'immobile per effetto della cessazione del contratto conseguente alla disdetta ritualmente intimata e quindi idonea a produrre gli effetti suoi propri. Tuttavia, chiarisce la Corte, “se la disdetta è stata intimata da un soggetto che non aveva il potere, nessun obbligo di restituzione sorge a carico del conduttore fino a quando non intervenga la ratifica del locatore in nome del quale ha agito falsus procurator. Questa facoltà di ratifica…non deriva dal contratto ma inerisce ad una condizione soggettiva personale di colui che è stato falsamente rappresentato, che con la ratifica manifesta la volontà di conferire a chi ha falsamente agito in suo nome il potere che in origine questi non aveva, e perciò può essere esercitata solo da lui ovvero, dopo la sua morte, dai suoi eredi (secondo quanto prescrive l'art. 1399 c.c.), e non è idonea a essere trasferita altrimenti”. La disciplina specialeL'art. 1603 c.c. patisce, rispetto al proprio ambito di operatività, delle evidenti restrizioni per effetto delle disposizioni contenute agli artt. 7, 38 e 41 della l. n. 392/1978, relativamente alla locazione di immobili urbani ad uso abitativo e non. In particolare, l'art. 7 cit. dispone – per le locazioni ad uso abitativo, con previsione tuttora applicabile, siccome non oggetto di abrogazione ad opera della l. n. 431/1998 – che è nulla la clausola che prevede la risoluzione del contratto in caso di alienazione della cosa locata; il successivo art. 38, invece, chiarisce – in ordine alle locazioni ad uso diverso – che, nel caso in cui il locatore intenda trasferire a titolo oneroso l'immobile locato, deve darne comunicazione al conduttore, indicando il corrispettivo, da quantificare in ogni caso in denaro, le altre condizioni alle quali la compravendita dovrebbe essere conclusa e l'invito ad esercitare o meno il diritto di prelazione, mentre il successivo art. 41 richiama espressamente l'art. 7 tra le norme applicabili alle locazioni ad uso diverso. Sempre in tema di locazioni ad uso abitativo, infine, l'art. 3, lett. g), della l. n. 431/1998, alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 1 dell'art. 2 e alla prima scadenza dei contratti stipulati ai sensi del comma 3 del medesimo articolo, il locatore può avvalersi della facoltà di diniego del rinnovo del contratto, dandone comunicazione al conduttore con preavviso di almeno sei mesi, quando intenda vendere l'immobile a terzi e non abbia la proprietà di altri immobili ad uso abitativo oltre a quello eventualmente adibito a propria abitazione (in tal caso, peraltro, al conduttore è riconosciuto il diritto di prelazione, da esercitare con le modalità di cui agli artt. 38 e 39 della legge sull'equo canone). 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